Dopo decenni di discussioni e un miliardo di euro già speso per studi e progetti, rispunta la mega infrastruttura tra Sicilia e Calabria. Da realizzarsi coi fondi pubblici provenienti dalle opere finanziate dal Recovery plan. E tra i politici si assiste a voltafaccia, pentimenti e ritorni dal passato

Era il 9 ottobre del 2012, Beppe Grillo per ribadire il No al ponte attraversava a nuoto lo stretto di Messina aprendo la campagna elettorale del M5s alle regionali siciliane a sostegno del candidato presidente Giancarlo Cancelleri.
Pochi mesi dopo, il 16 febbraio del 2013, Silvio Berlusconi all’apertura della campagna elettorale per le elezioni politiche al teatro Politeama di Palermo disse: «Sogno, perché l’ho sempre avuto nel cuore di poter passare, prima di morire, sul ponte sullo Stretto, che farà della Sicilia una terra super italiana».

Lo scorso 9 maggio lo stesso Cancelleri, ora diventato sottosegretario alle Infrastrutture, con un voltafaccia acrobatico annuncia che il ponte si potrà fare e che verrà realizzato in dieci anni, ma il 5 febbraio del 2018 lo stesso Cancelleri affermava: «Ho sentito Berlusconi dire che la priorità della Sicilia è il ponte sullo stretto. Sì sì, eravamo convinti di esserci sbarazzati (del ponte e di Berlusconi) e invece puntuale a ogni elezione, eccolo ritornare (il ponte e Berlusconi)».
Cancelleri non è il solo a subire gli effetti da pentimento esercitati dal ponte sullo stretto di Messina.

Anna Finocchiaro diceva: «Il ponte era il caviale mentre il pane sono le strade, ferrovie e i porti per la mobilità interna in Sicilia». Durante le primarie contro Bersani, Renzi disse che il ponte sullo Stretto era una brutta pagina da chiudere. Fassino nel 2006, da segretario dei Ds, sosteneva che l’analisi costi e benefici non reggeva, Orlando da ministro dell’Ambiente che era un capitolo chiuso.
Per mesi il governo Draghi ha rassicurato che il ponte non sarebbe mai stato finanziato con i fondi del Pnrr, ma in realtà è stato fatto entrare dalla finestra ciò che apparentemente era stato fatto uscire dalla porta.

Il ministro Giovannini nei primi giorni di maggio ha inviato al Parlamento la relazione tecnica del ministero delle Infrastrutture, in realtà molto politica, che dice sì al ponte – fatto imbarazzante, dedica su 158 pagine totali una pagina e mezza al rischio sismico – e che svela il meccanismo attraverso il quale verrà finanziata l’infrastruttura che non è stata inserito nelle opere del Pnrr. Il meccanismo prevede di destinare al ponte i fondi pubblici provenienti dalle opere che sono finanziate dal Pnrr, e che ora possono essere utilizzati per altri scopi. Nella relazione si individuano tra gli 8-11 miliardi di euro anche se il…


L’articolo prosegue su Left del 21-27 maggio 2021

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