La riconversione della vecchia centrale a carbone di Civitavecchia in una a turbogas non rappresenta un modello alternativo per la transizione energetica. I cui pilastri invece sono l’eolico offshore galleggiante e il solare. Soluzioni già adottate, e bene, in altri Paesi europei

Quel fazzoletto di terra e di mare che unisce Civitavecchia con Montalto di Castro è stato il crocevia di importanti lotte ambientaliste. Due in particolare vanno ricordate per trarne suggerimenti per agire oggi: quella vinta contro l’energia nucleare e l’altra invece persa per impedire la centrale a carbone a Civitavecchia. In entrambe si lottò contro un “potere forte”, quello dell’Enel. che da quel territorio prima tentò di far partire un ambizioso programma nucleare, bloccato da due referendum, poi riuscì a rilanciare il carbone che, per confondere le acque magicamente chiamarono “pulito”.

Nessuna di quelle lotte ha avuto la forza di far decollare un modello energetico alternativo, riconvertendo a questo fine le numerose professionalità di Enel ed Eni. Oggi che l’Enel propone di riconvertire la centrale di Civitavecchia a carbone, in una a turbogas, le cose appaiono apparentemente più circoscritte. La maggioranza della popolazione, sostenuta da gran parte dei sindacati e dallo stesso sindaco della città, eletto dalla Lega, si oppone a questo nuovo scempio, sebbene si tenti di convincerla col solito ricatto dei posti di lavoro.
Viene spontaneo domandarsi perché l’Enel insista tanto. In realtà fare o no quella riconversione nasconde un disegno più ampio, di respiro nazionale: decide se l’Italia rimanderà per altri venti anni la transizione energetica, piuttosto che diventare un Paese virtuoso che, non solo sceglie di concentrare la ricerca e gli investimenti sulle tecnologie che riducono il bisogno di produrre energia, ma genera quella veramente necessaria, usando sole, vento e l’acqua, facendo dell’Italia un Paese all’avanguardia nella lotta globale al cambiamento climatico.

La centrale turbogas è solo il cavallo di Troia con cui si tenta di convincere il governo a spendere in una transizione a gas le risorse europee. Basta una lettura superficiale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per capire che questa nefasta ed antistorica campagna di Eni ed Enel sta ottenendo risultati.
Se questa è la dimensione della posta in gioco a Civitavecchia, va detto che non è possibile vincere la sfida che è stata lanciata puntando solo sull’opposizione della popolazione, sebbene sostenuta da una parte consistente del movimento sindacale, dalle associazioni ambientaliste, dal sindaco della città e dall’assessora Lombardi alla transizione ecologica della Regione Lazio. Per quanto forte questa mobilitazione per non essere sconfitta deve assumere una dimensione nazionale. Ciò significa che alla transizione ecologica che puzza di gas, proposta da Enel ed Eni, anche quando si parla di idrogeno, va contrapposta una…


L’articolo prosegue su Left del 21-27 maggio 2021

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