Il ritrovamento di alcuni eccezionali reperti nel sito di Sanxingdui non solo riscrive la storia della civiltà cinese ma anche riflette l’importanza che il governo di Pechino dà all’archeologia, intesa come strumento di narrazione dell’influenza che la Cina avrebbe avuto sulle altre culture

Nei primi mesi del 2021, dal sito archeologico di Sanxingdui, a 40 km da Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan nella Cina centro meridionale, sono emersi dei reperti che stanno riscrivendo la storia della civiltà cinese.
L’arco temporale a cui risalgono questi ritrovamenti va dal periodo neolitico (2800 – 2000 a.C.) a quello pre-imperiale (2000 – 771 a.C.) quando sul territorio cinese si succedevano le dinastia Xia, Shang e Zhou.

Attivo sin dagli anni Venti del secolo scorso, Sanxingdui ha finora dato alla luce più di 50mila reperti, tra giade, ceramiche, bronzi e altri oggetti, conservati all’interno di diverse fosse sacrificali. Tra i “nuovi” reperti spiccano un enorme frammento di una maschera in oro che, dicono gli archeologi, considerando il peso potrebbe essere il più grande oggetto aureo risalente a un periodo contemporaneo a quello della dinastia Shang (1200 a.C.), e un’enorme raffigurazione antropomorfa in bronzo della stessa epoca, che sembrerebbe di matrice probabilmente cultuale.

Nel periodo compreso tra il 2800 e il 771 a.C. il concetto di Cina era ancora ben lontano: dapprima i villaggi neolitici dovettero consolidarsi in comunità sempre più grandi, fino a costituire delle vere e proprie culture a sé stanti con diverse strutture sociali e politiche; da tali culture si formarono poi le dinastie pre imperiali. La prima, quella Xia, ancora avvolta nel mistero, e la successiva dinastia Shang, di cui è stata appurata l’esistenza storica, tutt’ora considerata la culla della civiltà cinese. Per quanto potente ed estesa, però, la sfera d’influenza della dinastia Shang era limitata soltanto a una zona della Cina centro settentrionale, nell’attuale provincia dello Henan, ben distante dall’area in cui è localizzato il sito di Sanxingdui, che sfuggiva quindi al suo dominio.

A rendere emozionanti e rivoluzionarie le scoperte degli ultimi mesi è l’evidente influenza di altre culture limitrofe, stanziate in aree dell’Asia come l’India e il Tibet, sulla cultura di Shu, stanziata nell’area di Sanxingdui, e la conferma offerta da questi reperti che la cultura di Shu non era poi così marginale come si credeva. Al contrario sembrerebbe essere stata una realtà teo-politica evoluta e consolidata, che sta confutando l’ipotesi generalmente accettata che la dinastia Shang, al tempo, fosse l’unica grande dinastia a regnare sul territorio cinese.
Questa importante ritrovamento è solo l’ultimo di una serie di scoperte affascinanti che stanno delineando una vera epoca d’oro per l’archeologia cinese – come il ritrovamento in un cimitero di 80 specchi bronzei di 2000 anni fa o la tomba di due amanti antica di…


L’articolo è tratto da Left del 4-10 giugno 2021

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