Voleva diventare medico, Ana, la figlia del boia di Srebrenica. Si uccise con la pistola di suo padre. «Lo stesso uomo che ha sterminato gran parte della mia famiglia ha ucciso con altro veleno la sua stessa figlia» racconta il regista Ado Hasanovich

In una fiaba dei Balcani si racconta di un pastore che mentre faceva pascolare le sue pecore vide un serpente in mezzo alle fiamme. Dopo essere stata salvata dal fuoco, la serpe, per ricompensare il pastore, lo conduce al cospetto di suo padre, lo zar dei serpenti.
«Tu non pretendere nulla», disse la serpe al pastore «chiedigli soltanto la lingua indicibile».«Come posso ricompensarti per aver salvato mio figlio?» chiese lo zar al pastore. «Non voglio nient’altro che la lingua indicibile», rispose il pastore. Allora lo zar si avvicinò alla bocca del pastore e ci sputò dentro: «Ora hai la lingua indicibile. Bada però di non dire niente a nessuno, altrimenti morirai all’istante».
Ado ha otto anni nel luglio del 1995. Suo padre è rimasto a Srebrenica mentre lui, insieme alla madre e i due fratellini, si è rifugiato a Tuzla.
Monica, all’inizio del 1993, ha solo diciannove anni ma è già una delle più grandi campionesse di tennis di tutti i tempi battendo ogni record dentro e fuori la Jugoslavia.
Ana vive in una bella casa di Belgrado. È prossima alla laurea in medicina e sul finire del 1993 riesce perfino a vedere un bel futuro davanti a sé.
Un anno prima, allo scoppio della guerra in Bosnia, due generali, entrambi serbi di nascita, si ritrovano dalle parti opposte della barricata. Ratko, che ha posto l’assedio alla città di Sarajevo, il più lungo dai tempi di Varsavia, domina la città dai monti circostanti; Jovan, invece, è risoluto a restare nella città assediata a difesa delle donne e dei bambini. Senza distinzioni. Non ha paura.
Ratko è stato membro della Lega dei comunisti Jugoslava: è jugoslavo e serbo, si professa ateo ed è un fervente cristiano ortodosso, un nazionalista; è affascinato dalle api e dopo aver occupato un villaggio, uccidendo gli uomini e violentando le donne, si reca personalmente a dare da mangiare alle bestie: «Anche le bestie devono sapere che sono arrivati i generali».
Jovan è semplicemente un uomo.
Monica non ha paura quando scende in campo. Ha sfidato e sconfitto tutte le avversarie: Evert, Navratilova, Sabatini, ma soprattutto ha spodestato dal trono la regina incontrastata del momento, la tedesca Steffi Graff.
Ado a Tuzla vede dalle finestre senza vetri il cielo illuminarsi di scie luminose e pensa che siano fuochi d’artificio quelli che passano sulla sua testa. La mattina, per mano alla madre, bussa alle porte delle case in cerca di un tozzo di pane.
Ana, ad un passo dalla laurea, si è guadagnata un viaggio premio a Mosca. È la prima volta che esce dalla Jugoslavia, fuori dalla Serbia.
Un mese di guerra è un evento terribile, un anno è atroce. Tre diventano la nuova condizione umana.
Fin dal 1991 Ratko è…


L’articolo prosegue su Left dell’18-24 giugno 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO