La pianificazione urbana non è neutrale rispetto al genere ed è arrivato il momento di ribaltare le principali linee guida che hanno dato priorità alle esigenze degli uomini. È questo l’obiettivo di chi in Spagna promuove un’“urbanistica inclusiva”

A chi appartiene lo spazio urbano? Le città che abitiamo sono a misura di uomo o di donna? O, per dirla meglio, le città rispondono ai bisogni e alle esigenze di tutte le persone che le compongono? La pianificazione urbana certo non è mai stata neutra. Quando trent’anni fa nelle grandi città spagnole sono state fissate le linee guida per la mobilità si è pensato di più a soddisfare un cittadino standard che era maschio, bianco e di classe media. Così le strade e lo spazio pubblico sono stati associati alle attività produttive, un tempo svolte soprattutto dagli uomini, e alle automobili che venivano usate per spostarsi verso i luoghi di lavoro.

In questo modo si è avviata una narrazione urbana declinata al maschile che ha portato a un disegno delle città dove le donne venivano pensate nelle case, dedite solo alla vita familiare.

Ancora oggi nonostante la massiccia entrata delle donne nel mondo del lavoro, l’area urbanistica delle principali città spagnole stenta a proporre una soluzione alle difficoltà delle donne nel combinare la loro vita professionale e familiare, quel ruolo di caregiving che spesso sono costrette a svolgere e che non prevede solo una mobilità lineare con un punto di partenza e uno di arrivo, ma molti di più. Sono soprattutto le donne che nel tragitto da casa al luogo di lavoro devono accompagnare figli e figlie a scuola, poi quando escono dal lavoro devono ricordarsi di andare al panificio o dal fruttivendolo per comprare quello che trasformeranno in pranzo o cena, devono ripassare dalla scuola per riprendere figli e figlie, devono trovare anche il modo e il tempo di andare dal medico per accompagnare un genitore anziano o un parente non autosufficiente. Poi, quando possono, raggiungono anche il parco o il giardino più vicino per portare a spasso il cane.

A Madrid come a Barcellona, a Valencia o Siviglia, la forma urbanistica è spesso il risultato e la prova dello stretto legame tra patriarcato e capitale. Nei diversi spazi che abitiamo – le case, le strade o le piazze – il modello urbano risponde principalmente alle esperienze e ai bisogni di un soggetto maschile considerato più redditizio e a un modello economico basato sullo sfruttamento. Così, poco alla volta, seguendo questa logica, l’urbanistica e l’architettura hanno favorito l’esclusione dallo spazio urbano delle donne e di altre soggettività non egemoniche, come le persone razzializzate, gli anziani, i bambini o le persone con diversità funzionale.

Di fronte a questa concezione della città, che costringe le persone che la abitano ad affrontare grandi spostamenti quotidiani, privilegiando l’uso di veicoli privati, e concepisce le strade come luogo di transito e non di incontro, è emersa l’idea dell’…


L’articolo prosegue su Left del 6-26 agosto 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO