Sono insegnanti, avvocate, sportive, giornaliste. Donne che con i talebani al potere rischiano ogni giorno la vita. «Nemmeno per un secondo abbiamo creduto che non ci saranno rappresaglie. Ci cercano casa per casa, ma non ci arrenderemo», racconta Maryam da Kabul

“Che ne sarà di noi?”. È il grido che in queste ore arriva dalle donne afgane che in meno di una settimana si sono ritrovate catapultate venti anni indietro, a prima della caduta del regime dei talebani. Ora che sono tornati, l’Afghanistan si è ritrovato nel terrore. «Non ci abbiamo creduto nemmeno per un attimo quando, in tv, hanno detto che non ci sarebbero state rappresaglie – racconta Farzan – perché li conosciamo e sappiamo benissimo di cosa sono capaci, soprattutto con noi donne». Farzan è una docente all’università di Kabul e ha lavorato tanto per conquistarsi una posizione, per essere emancipata, libera. Ora teme che possa perdere il suo lavoro o che il suo ruolo possa essere ridimensionato. Sta già accadendo all’università di Herat, dove il mullah Farid, capo dell’istruzione superiore dell’Emirato islamico afgano, in una fatwa ha disposto che ragazzi e ragazze devono frequentare le lezioni in classi separate, perché, secondo i taliban, questo sistema è “la radice di tutti i mali nella società”. E dunque le donne potranno insegnare solo alle studentesse. «Stiamo tornando indietro ma non ci arrenderemo», dice Farzan.

In questi giorni l’Afghanistan è stato travolto da un’ondata di terrore e migliaia di persone si sono riversate all’aeroporto d Kabul per tentare di scappare. Ma le esfiltrazioni dei contingenti internazionali procedono in modo confuso, caotico e lento. I soldati della coalizione Nato che sono in Afghanistan dal 2001 stavano già lasciando il Paese ma si sono trovati spiazzati dalla velocità dell’avanzata talebana e la fuga è stata, così, rocambolesca e poco dignitosa. «Anche noi abbiamo cercato di andare all’aeroporto» – racconta Maryam e manda le foto di quello che le è capitato. I talebani hanno iniziato via via a chiudere tutte le arterie d’accesso alla zona aeroportuale e hanno piazzato dei checkpoint. Col fucile puntato alla gola delle donne, chiedevano documenti, dove andassero, perché. «E c’era una folla incredibile, abbiamo avuto paura di essere uccise» spiega Maryam che ha dei segni rossi sul collo e i piedi completamente massacrati per le tante pestate ricevute nella ressa. «Siamo tornati indietro, in questo momento è pericoloso anche solo uscire di casa». Casa, forse in questi giorni l’unico luogo sicuro. Probabilmente, ma non è certo.

I talebani continuano ad andare di casa in casa per requisire le armi e minacciare tutti coloro che…

 


L’articolo prosegue su Left del 27 agosto – 2 settembre 2021

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