I casi di violenza da parte della polizia penitenziaria, il sovraffollamento, la carenza di formazione e di lavoro. L’associazione Antigone fotografa le condizioni dei detenuti e in un documento elabora precise proposte di riforma del regolamento carcerario

I filmati delle telecamere di sorveglianza dell’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere hanno mostrato uno spaccato violento del nostro sistema penitenziario. Eppure non è l’unico caso di violenza finito davanti alla magistratura. Infatti a inizio 2021 sono stati condannati per il reato di tortura 11 agenti di polizia penitenziaria per fatti avvenuti nell’istituto penitenziario di Ferrara nel 2017 e nell’istituto di San Gimignano nel 2018. Si tratta delle prime condanne di poliziotti penitenziari per il reato di tortura introdotto nel nostro ordinamento nel 2017. Antigone è attualmente coinvolta in 18 procedimenti penali che hanno per oggetto violenze, torture, abusi, maltrattamenti o decessi avvenuti negli ultimi anni in varie carceri italiane. Alcuni di essi si riferiscono alle presunte reazioni violente alle rivolte scoppiate in alcune carceri tra il marzo e l’aprile 2020 per la paura generata dalla pandemia e per la chiusura dei colloqui con i parenti.
I più recenti sviluppi riguardano i casi degli istituti penitenziari di Torino e Santa Maria Capua Vetere.

Nel primo caso nel luglio 2021 è stato richiesto il rinvio a giudizio per 25 tra agenti e operatori (tra cui il direttore del carcere) per violenze avvenute nell’istituto tra il 2017 e il 2018. Tra i reati contestati c’è anche quello di tortura. Il 25 novembre 2019 Antigone aveva presentato un esposto.
Il caso di Santa Maria Capua Vetere, ora più noto grazie alle immagini dei video di sorveglianza, ha avuto origine dalle proteste dei primi mesi del 2020 legati all’emergenza coronavirus. Il 20 aprile 2020, dopo aver raccolto numerose testimonianze e aver informato il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria su quanto avvenuto nell’istituto il 6 aprile, Antigone aveva depositato un esposto contro la polizia penitenziaria, per ipotesi di tortura e percosse, e contro i medici, per ipotesi di omissione di referto, falso e favoreggiamento. A fine giugno 2021 il giudice per le indagini preliminari, su richiesta della Procura, ha emesso un’ordinanza con la quale ha disposto misure cautelari nei confronti di 52 persone. Il fatto che i casi di violenza emersi siano molteplici è indice della necessità di profonde riforme all’interno del sistema penitenziario italiano. Va rivisto drasticamente il modello di organizzazione pensando a una formazione diversa e multidisciplinare degli agenti penitenziari. Bisogna prevenire i fatti di tortura attraverso la previsione di video sorveglianza in tutti gli istituti, sottoscrizione di un codice deontologico, predisposizione di linee guida nazionali sull’uso della forza, introduzione dei codici identificativi, assunzione di personale civile, fino ad una maggiore generalizzata apertura ai fini di una umanizzazione della pena.

Il Rapporto sulle condizioni di detenzione
Tuttavia, come sottolineato dal più recente Rapporto di metà anno sulle condizioni di detenzione, presentato da Antigone il 29 luglio, le problematiche del nostro sistema penitenziario non si limitano alla violenza. Rimane preoccupante il tasso di affollamento, al 105,6% quello ufficiale, ma al 113,1% quello reale, considerando soltanto i posti effettivamente disponibili. Tuttavia i 53.637 detenuti presenti al 30 giugno 2021 non…


L’articolo prosegue su Left del 27 agosto – 2 settembre 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO