In vista di un anno pieno di incertezze, le scuole riaprono con enormi difficoltà, incastrate fra le carenze strutturali, il sovraffollamento e la necessità di assicurare un decorso scolastico in presenza, sicurezza e serenità, dopo due anni di privazioni dalle conseguenze difficilmente “ristorabili”.
In questo scenario, con la didattica a distanza che incombe come esito possibile, scongiurato a parole ma non nei fatti (e anzi, per alcuni un’appetitosa occasione di modello educativo e di profitto) succede di assistere a situazioni paradossali che stanno deformando le relazioni di scuola-società-istituzioni.
A Bari la “Del Prete” è la scuola del quartiere Carrassi, quello fra la ferrovia e il West: da quasi un secolo ne rappresenta l’identità e la storia. Più che una scuola, un monumento.
Da un po’ di tempo il suo maestoso edificio liberty, con i corridoi luminosi e le grandi finestre che si affacciano sul cortile e sugli alberi di gelso, oggi plesso di un istituto comprensivo, è oggetto di interesse da parte di enti che vorrebbero occuparlo con i propri uffici, al posto delle classi. Oltre 10 anni fa era la Circoscrizione, oggi è il 2° Municipio a richiederne la disponibilità, rifiutando inspiegabilmente l’edificio in costruzione destinato proprio ai suoi uffici in una piazza centrale del territorio.
La cosa scandalosa è che a disporre in modo solerte la “deportazione” delle classi di scuola primaria, senza il parere degli organi collegiali e contro il volere delle docenti e dei genitori interessati, sia proprio colui che dovrebbe tutelare l’interesse della scuola che dirige.
Già 10 anni fa questa “innaturale” cessione di sovranità fu sventata da una formidabile mobilitazione in difesa della “scuola nel di Carrassi”. Vi parteciparono famiglie, docenti, artisti, bambini/e, ex alunni ottuagenari e tutto il quartiere. Fu una giornata di spettacoli, letture, incontri appassionati, profumo di dolci e musica che riecheggiava per tutta la strada. La città ribadì il valore assoluto di un bene comune.
Credevamo di averla messa al sicuro, le lezioni e le iscrizioni ripresero a funzionare.
Oggi dobbiamo riconoscere l’ingenuità di quella convinzione. Il progetto di sgomberare le scolaresche si è dato vie sotterranee e tempi distesi. Quel tempo è ora: la scuola è stata gradualmente svuotata di personale, di progettualità, di cura, di iscrizioni. Un luogo da abbandonare.
A giugno i giochi sembravano fatti, ma si dà il caso che non tutti volessero subirli. Si è messo in moto spontaneamente un movimento di genitori, maestre, intellettuali e giornalisti, associazioni e reti civiche, cittadini/e che in affollate assemblee per strada hanno dato vita al Coordinamento “Salviamo la Carlo Del Prete”, avviato una petizione che nelle settimane più calde dell’estate ha raccolto 1500 firme e inoltrato un esposto al direttore dell’Usr Puglia, al ministro Bianchi, al sindaco e al Garante dei minori.
Tuttavia all’interesse popolare non corrisponde un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni locali, che innalzano il totem dell’autonomia scolastica per nascondere le proprie mancanze.
Il primo giorno di scuola, davanti al portone chiuso della Del Prete, si sono accatastati gli zainetti dei bambini che volevano tornare nella loro scuola. Il dirigente ha comunque puntigliosamente trasferito le classi nell’altra sede, in aule più piccole in cui non può esservi un adeguato distanziamento, non vi sono spazi disponibili per attività laboratoriali e il tempo pieno è in via di estinzione.
Nella stessa giornata siamo stati ricevuti dal neo-direttore dell’Usr Puglia, che, oltre ad assicurarci il suo personale impegno, ha ribadito l’ampio potere attribuito dalla normativa sull’autonomia ai dirigenti scolastici.
La situazione paradossale è che in città vi sono scuole sovraffollate e prive di spazi adeguati, alcune delle quali in affitto da privati, e altre svuotate e abbandonate per essere destinate a scopi diversi, con uno scaricabarile e una mancanza di visione impressionanti.
L’autonomia scolastica si conferma come il cavallo di Troia con cui si è inteso deformare la Scuola della Repubblica in un sistema aziendalizzato, autoritario e ridotto a micro-burocrazie all’interno di un impianto istituzionale frammentato e autoreferenziale.
La lotta per la “Del Prete” non è solo la difesa dell’istituzione storica di una città: parla della necessità di riscrivere il codice delle relazioni sociali democratiche, a partire dalle comunità locali.
L’autrice: Tonia Guerra fa parte del Coordinamento “Salviamo la Carlo Del Prete” ed è una ex insegnante dell’istituto comprensivo di Bari