«L’umanità deve fare delle scelte essenziali, deve contrastare con forza il cambiamento climatico. Sono decenni che la scienza ci ha avvertito che i comportamenti umani stavano mettendo le basi per un aumento vertiginoso della temperatura del nostro pianeta. Sfortunatamente le azioni intraprese dai governi non sono state all’altezza di questa sfida e i risultati finora sono stati estremamente modesti». È questo un brano significativo dell’intervento del premio Nobel per la fisica e vice presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi, avvenuto l’8 ottobre 2021 alla Camera dei deputati durante la riunione di preparazione in vista della Cop26. A tal proposito abbiamo rivolto a Parisi alcune domande.
Professore, alla Camera lei ha detto che l’aumento del Pil è in contrasto con lotta al riscaldamento globale, è per questo che l’azione dei governi per combattere i cambiamenti climatici “non è stata finora all’altezza della sfida”? E quale può essere secondo lei un punto di svolta?
«Alcuni giornali hanno riportato la mia affermazione in questo modo, forse per esigenze di sintesi. In realtà io ho detto che mettere l’incremento del Pil come prima priorità dell’azione di governo è in contrasto con il mettere come prima priorità la lotta al cambiamento climatico. Occorrono quindi dei correttivi perché bisogna tener conto che ci sono tante cose importanti, diversi parametri che non sono dentro il Pil e hanno a che fare con la qualità della vita delle persone e la tutela dell’ambiente. Tantissimi premi Nobel, tra cui Joseph Stiglitz – prosegue Parisi -, sostengono che il Pil non è una buona misura dell’economia poiché cattura la quantità ma non la qualità della crescita. Non a caso negli anni sono stati proposti diversi indici alternativi, tra cui l’indice di sviluppo umano e l’indice di benessere economico sostenibile. Ma al centro dell’attenzione della politica è rimasto il prodotto nazionale. Se continuerà così, il nostro futuro sarà triste: aumentare il Pil il più possibile è in profondo contrasto con l’arresto del global warming». Secondo il Nobel per la fisica, l’attenzione eccessiva dedicata dai media e dai politici alle performance del prodotto nazionale lordo fa perdere ai governi la percezione di cosa sia il bene comune.
«È chiaro che per migliorare la qualità della vita delle persone senza impattare sull’ambiente si possono compiere delle scelte politiche che non necessariamente aumentano il Pil. Supponiamo di realizzare un enorme ed efficace sistema di trasporto pubblico a Roma. Cosa può comportare questo? Può accadere che nel tempo i romani comprino sempre meno auto private oppure che le usino meno frequentemente. Quindi diminuirebbe il consumo di benzina, gli incidenti, il costo delle assicurazioni etc». Tutti parametri che sono nel Pil… «Esatto, lo sviluppo di mezzi pubblici di trasporto di massa alla lunga non favorisce l’incremento del prodotto nazionale lordo ma può consentire di ottenere un risultato che ora viene indicato tra le priorità».
Ci sono esempi, nel passato, che vanno in questa direzione e che andrebbero seguiti. Uno di questi è Robert Kennedy e Parisi ci tiene a ricordare alcune delle parole che il senatore Usa pronunciò il 18 marzo del 1968 all’università del Kansas (tre mesi prima di essere ucciso): «Il prodotto nazionale lordo comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per ripulire le nostre autostrade dalla carneficina. Comprende le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per le persone che le rompono. Comprende la distruzione delle sequoie e la perdita della nostra meraviglia naturale come effetto di un caotico sviluppo… Insomma misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta». Insomma, conclude il Nobel per la fisica, «non si tratta di buttare il Pil nel secchio della spazzatura ma di integrarlo con alcuni parametri coerenti con la necessità di arrestare il cambiamento climatico».
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