Dalla riforma Dini alla cancellazione di Quota 100, ecco come i governi di diverso colore hanno progressivamente ridotto il diritto di avere diritti in tema di previdenza, usando il falso argomento del conflitto generazionale

Ormai hanno fatto in tempo ad invecchiare, probabilmente facendo una vita peggiore dei loro genitori ma vedendo peggiorare anche quella. Sto parlando dei giovani degli anni Ottanta, i tempi in cui si cominciò a teorizzare che i “troppi” diritti raggiunti, ribattezzati privilegi, danneggiavano il futuro dei giovani. Colpisce dunque che Draghi torni ad usare l’argomento del contrasto generazionale per muovere l’attacco a quota 100 sull’andata in pensione. Direbbe Popper che si tratta di una tesi falsificata.

Basta guardare al dato impressionante appena uscito che colloca i salari italiani come gli unici al di sotto del livello del 1990 per avere la conferma, drammatica, che, ad esempio, togliere la scala mobile (uno dei “privilegi”) per proteggere i salari stessi dall’inflazione non ha funzionato. Né tantomeno è servito a liberare risorse per creare nuova occupazione, così come nuovo lavoro non è venuto fuori dal flessibilizzare i contratti, cioè togliere diritti. Infatti il tasso occupazionale italiano ristagna ai piani bassi delle medie europee, con un monte orario falcidiato dalle crisi e dalla perdita di lavoro pubblico e di comparti produttivi. E la sua composizione è sempre più squilibrata verso forme precarie meno o non protette.

Altra tesi falsificata è quella che…


L’articolo prosegue su Left del 5-11 novembre 2021

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