Una mostra a Milano organizzata dalla Casa della memoria in occasione del centodecimo anniversario della criminale campagna di Libia. Una storia di violenze, razzismo, deportazioni e campi di concentramento. Realizzati ancor prima dell’avvento del nazifascismo

Centomila donne, uomini e bambini deportati in campi di concentramento, di cui più della metà morti di fame e malattia. Gas irrorati dal cielo su inermi villaggi della Cirenaica. E ancora esecuzioni sommarie, impiccagioni, rappresaglie contro la popolazione. Accadde in Libia, fra il 1911 e il 1943. Per mano italiana.
In occasione del 110° anniversario della guerra di Libia, la Casa della memoria di Milano propone un percorso storico-didattico sull’occupazione italiana di una regione del mondo che oggi è al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione in quanto crocevia dei flussi migratori dal continente africano. La mostra, dal titolo L’occupazione italiana della Libia. Violenza e colonialismo 1911-1943, aperta al pubblico fino al 24 novembre prossimo, è dedicata alla memoria del maggior studioso del colonialismo italiano e dei suoi crimini, il recentemente scomparso Angelo Del Boca.

«Per rendere comprensibile all’opinione pubblica ciò che oggi sta accadendo in Libia, è indispensabile sapere ciò che è accaduto nella storia del suo recente passato ancora poco conosciuto e studiato», dichiarano Costantino Di Sante e Salaheddin Sury. I due curatori proseguono così l’opera del celebre storico piemontese, il primo a scoprire l’uso dei gas letali nelle guerre italiane d’Africa, ponendo all’attenzione del grande pubblico la misconosciuta portata di violenza e razzismo che caratterizzò sin dall’inizio, ben prima dell’avvento del fascismo, l’aggressione italiana all’allora protettorato ottomano.

L’iniziativa, promossa da Casa della memoria del Comune di Milano con la collaborazione di Aned, Anpi, Istituto nazionale Ferruccio Parri e la partecipazione dell’associazione MedA (Mediterraneo antico) e del Centro per l’archivio nazionale di Tripoli, si avvale di un eccezionale repertorio fotografico illustrato da oltre settanta pannelli con testo bilingue italiano/arabo. La ricerca è stata effettuata nell’archivio di Tripoli e negli archivi italiani dello Stato maggiore dell’Esercito, del ministero degli Esteri e presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma, con la consulenza scientifica di studiosi italiani e libici.

All’inizio del Secolo breve, in cerca di legittimazione al tavolo delle potenze europee, l’Italia di Giovanni Giolitti cavalcava l’onda della febbre coloniale, titillando l’opinione pubblica al suono di “Tripoli bel suol d’amore” con fantasiosi articoli e diari di viaggio (oggi li chiameremmo fake news) che promettevano migliaia di ettari di terra fertile a disposizione dei figli della “grande proletaria” di Giovanni Pascoli. A guidare la campagna erano in realtà gli…


L’articolo prosegue su Left del 19-25 novembre 2021

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