Cinque esponenti politiche progressiste spagnole hanno intrapreso un dialogo per costruire una piattaforma che metta al centro i giovani, le donne, la politica della cura e l’ambiente. Con lo stesso entusiasmo degli Indignados o delle prime assemblee di Podemos

Il Teatro Olympia di Valencia è stata la cornice per un evento dallo slogan temerario “Altre politiche” che ha visto coinvolte la sindaca di Barcellona, Ada Colau, la deputata di Más Madrid, Mónica García, la vicepresidente della Generalitat Valenciana, Mónica Oltra, leader di Compromís, la ministra del Lavoro e dell’economia sociale, Yolanda Díaz di Izquierda Unida e la deputata di Ceuta, Fátima Hamed, portavoce del Movimento per la dignità e la cittadinanza, diventata molto popolare a causa dei suoi scontri con il leader locale di Vox intollerante all’hijab indossato da Fatima. La scusa dell’incontro era una chiacchierata, come loro stesse l’hanno definita, rilassata. Il teatro completamente pieno e le tante persone rimaste fuori in attesa sono stati il segnale che le aspettative di consenso e partecipazione erano state largamente superate.

Le cinque donne progressiste, le più rilevanti della attuale scena politica spagnola, si sono messe a discutere fra loro, comodamente sedute sul palco, e già solo così hanno messo in risalto la necessità che la politica si basi sul dialogo, su «ascoltare e lasciarsi convincere, essere sensibili ed empatiche a ciò che la gente dice». Una leadership tutta al femminile – o per meglio dire tutta femminista – con la voglia di cambiare il Paese e con una idea per farlo: unire la sinistra in una piattaforma che scavalca i partiti e mette al centro i giovani, le donne, la politica della cura e l’ambientalismo. Ognuna di loro ha sottolineato di «voler fare politica nella vita quotidiana, per riportare la politica rumorosa e chiassosa a una politica comune, delle persone, dei problemi materiali, facendosi carico del dolore, degli aneliti e delle aspettative» della cittadinanza tutta.

Questo incontro è la prima vera novità dopo quasi due anni di pandemia, caratterizzati da un confronto politico aspro, dai toni sempre troppo alti rispetto a un Paese in difficoltà per un’emergenza sanitaria, che ha svelato l’imprescindibilità di parlare di cure primarie, e per una crisi sociale, con la metà dei salariati del Paese che soffre una qualche forma di precarietà «sintomo di una società malata, in cui alle persone viene di fatto impedito di condurre una vita dignitosa».
Spesso si dice che un progetto politico per conquistare consenso, per essere credibile, debba entusiasmare e motivare molte persone. Queste cinque donne hanno fatto rivivere per un giorno la…


L’articolo prosegue su Left del 26 novembre 2021

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