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Il 10 dicembre 2021, Giornata internazionale dei diritti umani, l’Alta corte del Regno Unito ha accolto l’appello degli Stati Uniti contro la decisione di non estradare Julian Assange, rimandando dunque l’esame a una corte di grado inferiore.

A ricorrere all’Alta Corte era stato il team legale statunitense, che si opponeva al divieto di estradizione fondato sul possibile pericolo di suicidio di Assange nelle carceri degli Usa. I giudici britannici hanno accolto le rassicurazioni sul trattamento in carcere di Assange, una volta che fosse estradato negli Usa.

Siamo di fronte a una vera e propria parodia della giustizia. L’Alta corte britannica ha scelto di accettare le presunte rassicurazioni degli Usa secondo le quali Assange non sarebbe posto in isolamento all’interno di una prigione di massima sicurezza. Il fatto che gli Usa si siano riservati il diritto di cambiare idea in qualunque momento significa che tali rassicurazioni valgono meno del pezzo di carta su cui sono state scritte.

Se estradato negli Usa, Assange potrebbe affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio – e si tratterebbe del primo soggetto editoriale incriminato in tale modo – e uno ai sensi della legge sulle frodi e gli abusi informatici. A prescindere dalle rassicurazioni di cui sopra, rischierebbe di subire gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura.

La richiesta di estradizione da parte degli Usa si basa, come noto, su accuse riferite direttamente alla pubblicazione di informazioni riservate da parte di Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks: oltre 251mila documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come “confidenziali” o “segreti” e relativi a crimini di diritto internazionale commessi dalle forze Usa in teatri di guerra. Su tali crimini, per inciso, non…

*L’autore: Riccardo Noury è portavoce Amnesty International Italia 

 


L’articolo prosegue su Left del 17-23 dicembre 2021

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