Prosegue il dibattito lanciato da Left sulle prove scritte all’esame di Stato. Piuttosto che cancellare l’elaborato di italiano, come si ipotizza, a scuola occorre insegnare molte forme di scrittura. Soprattutto quelle che esprimano la realtà personale degli studenti

In un’epoca in cui la scrittura è diventata un’attività di massa, e perciò di grande rilevanza sociale, sembra abbastanza paradossale il dibattito, nato negli ultimi mesi, sulla eventuale eliminazione delle prove scritte all’esame di Stato del 2022 (al centro del numero di Left del 5 novembre ndr).
È un fatto che un’ordinanza del ministro dell’Istruzione preveda che il 22 giugno 2022 gli studenti italiani in procinto di diplomarsi affrontino la prima prova scritta di italiano, a condizione, naturalmente, che lo stato di emergenza causato dalla pandemia lo consenta. Proprio l’incertezza della situazione e l’abolizione delle prove scritte nelle sessioni di esame 2020 e 2021 ha però aperto la discussione sull’opportunità di cancellare definitivamente la scrittura dalle prove finali del nostro ciclo di istruzione, limitandola alla presentazione di una “tesina” elaborata dagli studenti (con quanta autonomia è difficile valutare) e affidando un essenziale rito di passaggio del nostro sistema sociale quasi esclusivamente a un colloquio interdisciplinare.

Certo è che la prova di scrittura per eccellenza della nostra scuola – lo scritto di italiano alla maturità – produce da tempo «varie e contraddittorie speculazioni» ed è percepita come una «prova controversa», anche perché apre orizzonti conflittuali sulla stessa didattica della scrittura, come scrivono Luca Serianni e Giuseppe Benedetti in Scritti sui banchi. L’italiano a scuola tra alunni e insegnanti, (Carocci). Con il nuovo esame di Stato, introdotto nel 1999, la prova di italiano è stata ampiamente rinnovata. Sono state introdotte, accanto a quella classica, nuove tipologie testuali più calibrate su forme di scrittura funzionale come l’articolo di giornale o il saggio breve. La prova è stata ulteriormente modificata dal decreto legislativo 62/2017, in base alle indicazioni della commissione di esperti presieduta da Luca Serianni, che ha puntato sulle capacità di argomentare un discorso critico da parte degli studenti a partire da un testo di riferimento. Un’impostazione molto discussa perché aveva eliminato il tema di argomento storico, includendolo nella tipologia del testo argomentativo (nel 2019, ultimo scritto di italiano prima della pandemia, fu proposto un testo di Corrado Stajano sull’eredità storica del Novecento). Ma, al di là delle critiche ricevute per la svalutazione della storia, non c’è dubbio che anche quest’ultima versione dell’esame valorizza l’insegnamento della scrittura a scuola. La capacità di…


L’articolo prosegue su Left del 17-23 dicembre 2021

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