Oltre quattro mesi di governo talebano, e la repressione di qualsiasi libertà, hanno portato l’Afghanistan alla fame. E tantissime persone hanno dovuto prendere la peggiore decisione della loro vita: vendere i propri figli. La richiesta d’aiuto di una giornalista rifugiata in Italia

Il 15 agosto, quando i talebani hanno preso il controllo di tutto l’Afghanistan, i Paesi europei hanno evacuato migliaia di persone dall’aeroporto internazionale di Kabul. L’Italia è stato uno dei Paesi che hanno contribuito di più, favorendo la partenza di oltre 5mila afgani che avevano lavorato con il governo italiano e di numerose persone che erano ad alto rischio. Il governo italiano ha compiuto un atto di grande responsabilità nei confronti dei rifugiati afgani e ha prestato loro particolare attenzione. Ad esempio, ha operato procedendo molto rapidamente per l’ottenimento dello status di rifugiato che già è stato riconosciuto a molti, inoltre è stato fornito loro un alloggio e una modesta quantità di denaro come sostegno finanziario. Sebbene i rifugiati afgani siano molto felici della calorosa accoglienza che è stata loro riservata – e tra questi ci sono anch’io – ci sono ancora molti problemi da affrontare. Le case spesso non sono adeguate, soprattutto quando si ricongiungono tutti i nuclei familiari, pesa il problema del dover imparare una lingua e la difficoltà di trovare un lavoro.

Sono ancora poche le opportunità, da questo punto di vista. Iniziare un percorso totalmente nuovo senza conoscere la lingua e lo stile di vita di un altro Paese rende molti rifugiati afgani preoccupati, perché non sanno per quanto tempo l’assistenza sarà disponibile, come troveranno un’occupazione e come faranno a realizzare la loro aspirazione a potersi mantenere da soli.

Perdere 20 anni di sforzi e risultati raggiunti, attraversare un futuro incerto e dover ripartire dall’inizio ha reso depressi la…

 

* L’autrice: Maryam Barak è una giornalista afgana rifugiata in Italia, collabora con la Bbc


L’articolo prosegue su Left del 24 dicembre 2021, che resterà in edicola fino al 6 gennaio 2022

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