Mazze o bastoni da combattimento, ma soprattutto da parata, che erano utilizzati come simboli del potere nelle isole dell’Oceania. Una mostra allestita a Palazzo Franchetti, a Venezia, raccoglie questi oggetti spesso depredati dai colonizzatori per distruggere l’identità dei popoli sottomessi

Qualche secolo fa cominciarono a partire navi dai Paesi europei alla ricerca di nuove terre. Quelle navi non portavano migranti, anche se in realtà milioni di persone si sarebbero spostate molti anni dopo in altri continenti proprio in virtù delle scoperte fatte dai naviganti su quelle prime imbarcazioni. Quelle navi erano abbastanza piccole, portavano alcune decine di persone, che andavano a cercare nuove terre per spirito di avventura ma soprattutto per scoprire nuove ricchezze ed allargare i commerci e i traffici. Nessuno probabilmente immaginava a quell’epoca che intere e potenti nazioni sarebbero sorte sulla scia delle scoperte avventurose di pochi. Passarono i secoli e ad un certo punto divenne chiaro a quelle che allora erano le potenze mondiali e le dominatrici dei commerci per i mari che era venuto il momento di ampliare i propri orizzonti ed andare alla conquista permanente di nuove terre per allargare i commerci e le proprie ambizioni di sovranità.

A nessuno verrebbe in mente, almeno nell’Europa Occidentale, di chiamarli migranti, partivano con la consapevolezza che esistevano terre inesplorate (termine usato da parte degli Europei) e che la gara alla conquista del mondo per colonizzarlo era partita e non si sarebbe più fermata. Volenti o nolenti quelli che quelle terre le abitavano da millenni. Perché bisognava portare la cultura e la libertà, che erano considerati sinonimi dei commerci ed affari. Chi non accettava la visione coloniale degli Europei era non solo un nemico delle potenze navali ma anche un nemico della civiltà che doveva inesorabilmente progredire. Era nata l’epoca dell’imperialismo che portava con sé una giustificazione di fondo nel fatto che gli indigeni ovunque fossero non erano all’altezza delle nuove idee sul mondo, e lo erano in quanto razze inferiori a quella bianca degli Europei, organizzatori delle spedizioni navali alla scoperta delle terre dei nativi inconsapevoli che dovevano inesorabilmente essere scoperti prima o poi.

Un aspetto non secondario era che oltre alle ricchezze naturali delle nuove terre scoperte, anche le ricchezze dei popoli scoperti andavo razziate. Non solo gli oggetti in oro ed in metalli preziosi ma anche gli oggetti interessanti per il loro carattere di oggetti unici e fuori dall’ordinario, di oggetti esotici e misteriosi. Molti di questi oggetti avevano per quei popoli anche una valenza religiosa e mitica. Distruggerli o portarli via distruggeva anche la identità ed i valori dei popoli. Per affermare insomma il potere su quelle popolazioni diverse e distanti. Tra i tanti che si avventurarono in terre lontane, solcando gli oceani, James Cook è…


L’articolo prosegue su Left del 24 dicembre – 6 gennaio 2022

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