Audito in Parlamento il cosiddetto ministro della Transizione ecologica Cingolani ancora una volta ha ipotizzato un intervento contro il caro bollette che passa da una riduzione del sostegno alle fonti rinnovabili e da una maggiore estrazione di gas dai giacimenti italiani. Forse il ministro non ha capito ancora bene quale avrebbe dovuto essere il suo ruolo.
I principali interventi ipotizzati da Cingolani per recuperare risorse per calmierare le bollette in modo strutturale – dopo gli stanziamenti di 8,5 mld di euro arrivati nel complesso nel corso del 2021 – ammontano a circa 10 miliardi di euro: circa 1,5 mld di euro potrebbero arrivare dai proventi delle aste della CO2 nell’ambito del mercato Eu-Ets; altri 3 mld dalle cartolarizzazione (con conseguente dilazione del pagamento) per gli oneri di sistema rientrati all’interno della componente Asos delle bollette; 1,5 mld da una limatura agli incentivi per il fotovoltaico; 1-2 mld dall’estrazione di rendita dai grandi impianti idroelettrici non incentivati che operano sul mercato spot; 1,5 mld dal rafforzamento della negoziazione a lungo termine per l’acquisto di energia rinnovabile (Ppa); infine, resta in ipotesi il raddoppio della produzione nazionale di gas naturale.
Livio de Santoli, presidente del coordinamento Free che è la più grande associazione nel campo delle rinnovabili non le manda a dire: «Le dichiarazioni del ministro sono in contrasto con il principio, giusto, di voler accelerare lo sviluppo delle rinnovabili – afferma – La revisione dei contratti di incentivazione delle rinnovabili perché, afferma il ministro, “sono soldi che alle fonti pulite non servono più”, potrebbe peggiorare una situazione già critica per gli operatori, che vede attualmente assegnata solo una piccola parte della disponibilità dei bandi per i noti motivi legati al permitting, e quindi provocare l’effetto contrario rispetto a quanto dichiarato».
Effettivamente stupisce che il fossile, principale colpevole della crisi di questo periodo, venga incentivato dal governo senza nemmeno un cenno al biometano (se ne potrebbe avere fino a 9 miliardi di metri cubi all’anno in più) e senza un cenno all’efficenza energetica.
«Segnaliamo infatti – conclude de Santis – la mancata attuazione dei provvedimenti di supporto previsti dal DM 21 maggio 2021 sul meccanismo dei certificati bianchi, che aiuterebbero le imprese, messe a dura prova dalla crisi, a investire in efficienza energetica e a ridurre la loro esposizione sia al caro bollette, sia all’emission trading. Tutto ciò scoraggia gli investimenti sulle rinnovabili ed efficienza energetica, mentre nulla viene detto su un aspetto che risulterebbe decisivo per il contrasto al caro bollette: quello dell’eliminazione dei Sad (Sussidi ambientalmente dannosi) che valgono circa 20 miliardi di euro. Ribadiamo la disponibilità degli stakeholder per la creazione di un tavolo condiviso per varare misure contro il caro bollette che permettano il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030».
Ma il dubbio più appuntito è che ci sia un ministro che prenda precise posizioni sulla politica ambientale che non sono mai state discusse e accettate dal Parlamento e dall’opinione pubblica, come se godesse di un’autonomia e impunità data per il proprio ruolo. Ma erano questi gli obiettivi di Cingolani quando è stato formato questo governo? Abbiamo frainteso noi tutti? Per capire, tutti i partiti sono d’accordo con questa linea?
Buon giovedì.