L'attacco all’Ucraina sferrato da Putin è un atto criminale che in una settimana di guerra è già costato la vita a molti civili ucraini  e militari da entrambe le parti. Sono stati bombardati edifici civili, scuole e anche reparti di maternità. Nessuna guerra è chirurgica; è pura propaganda chiamarla così come ben sappiamo dai tempi della guerra in Iraq.

L’aggressione all’Ucraina ha già prodotto molte centinaia di migliaia di profughi, fra loro soprattutto donne e bambini traumatizzati di bombardamenti e dell’escalation di questo conflitto che li ha costretti a lasciare la scuola, gli affetti, la tranquillità della vita quotidiana in cui hanno tutto il diritto di poter crescere. Accolti in Polonia, Romania e tanti altri Paesi - come affermano gli attivisti di Save the Children - hanno bisogno di sostegno psicologico tanto quanto di beni essenziali. L’Onu stima che 18 milioni di persone avranno bisogno di aiuti umanitari nei prossimi mesi. Secondo l’Unhcr gli sfollati interni saranno tra 6 e i  7,5 milioni e i rifugiati tra i 3 e i 4 milioni. Parliamo di una emergenza umanitaria gigantesca nel cuore dell’Europa dove già da mesi drammaticamente si consuma, nell’indifferenza generale, quella di profughi, siriani, iracheni, afgani bloccati al confine fra Polonia e Bielorussia e stritolati dal braccio di ferro fra i due Paesi, che li lasciano a morire di fame di freddo. Scene analoghe si consumano sulla rotta balcanica dove la polizia croata aggredisce e respinge i profughi con ogni mezzo.

L’Europa non può continuare a voltarsi dall’altra parte, lasciando che si costruiscano nuovi muri e che prevalga la logica della sopraffazione e della violenza. Fermare Putin, sostenere la resistenza ucraina e i profughi- da qualunque area del mondo arrivino!-, ristabilire pace e accoglienza è prioritario e urgente. Ma non è un obiettivo raggiungibile con le armi. «La guerra è disumana, cinica, stupida» diceva il medico di guerra Gino Strada, fondatore di Emergency. Con la guerra non si risolvono mai i problemi. Anzi si aggravano di più. La guerra porta sempre morte e regressione.

È  bastata una settimana per vederne tutti gli effetti devastanti. Compresa la pericolosa corsa al riarmo a cui stiamo assistendo. Per la prima volta l’Unione europea fornisce armi e mezzi militari a un Paese vicino. Perfino la Svezia, la Germania, la Finlandia e la Svizzera hanno compiuto questo passo, con una decisione senza precedenti nella loro storia. E c’è chi esulta...

La Costituzione afferma che l’Italia ripudia la guerra ma il governo Draghi invia armi, dicendo che non è più tempo di dialogo.

«È sempre il tempo del dialogo e della diplomazia perché purtroppo la storia insegna che se alle bombe si risponde con le bombe va a finire male. Evviva la pace prima di tutto e sopra tutto», gli ha risposto perfino Salvini, sia pur per coprire il suo passato recente di ammiratore e sodale di Putin. Ma tant’è. Rinfocolare il vortice militare innescato da Putin invece di continuare a percorrere vie diplomatiche significa assecondare il suo “gioco” che punta ad alzare l’asticella del conflitto ogni giorno di più.

E mentre anche la Bielorussia, alleata di Putin, ha modificato la propria Costituzione per eliminare lo status di Paese “denuclearizzato” invece di ascoltare l’Unione degli scienziati per il disarmo nucleare e le reti per il disarmo che da anni lavorano per la messa al bando delle armi nucleari e non solo, il governo Draghi, sotto il comando Nato, rafforza l’unità militare italiana già schierata in Lettonia, invia forze navali e raddoppia le forze aeree in Romania. «Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità», ha detto Draghi in Aula ringraziando Guerini che come scriviamo da mesi è il ministro che aumentato vertiginosamente le spese militari italiane. I produttori di armi ringraziano. Per loro la guerra è business.

Nel frattempo invece di far intervenire l’Onu e altri mediatori di pace si pensa a come far entrare Ucraina e altri Paesi nella Nato. Invece di implementare l’attività diplomatica e le sanzioni che colpiscono direttamente Putin e gli oligarchi, si inviano armi della popolazione ucraina perché si arrangi come può, perché si combattano fra loro, russi e ucraini. Ma tutto questo in Italia non si può dire perché si viene subito tacciati di essere filo-russi o filo-cinesi. La condanna dell’atto di guerra compiuto da Putin non può che essere netta e totale. Su questo numero di Left civili ucraini e russi dissidenti (fra loro tanti intellettuali, artisti, scienziati, ma anche tanti giovani) denunciano con coraggio l’autocrate che sta facendo precipitare in un baratro due Paesi. Questa guerra è il colpo di coda dello zar che sogna la Grande Russia riducendo l’Ucraina, e chissà, anche i Paesi baltici e altri, a meri satelliti. La Bielorussia lo è già. È un progetto autoritario, antistorico e lucidamente pazzo che Putin coltiva da molti anni.

Ma questa guerra sarà un disastro anche per la Russia stessa. È già una guerra impopolare, come scrive la Novaja Gazeta, il quotidiano di opposizione per il quale scriveva Anna Politkovskaja, voce critica verso il Cremlino, uccisa nel 2006 per le sue coraggiose denunce degli orrori della guerra in Cecenia. Nonostante la repressione delle manifestazioni, nonostante la censura, nonostante la propaganda di regime, nonostante l’obbligo per tutti i media di non chiamarla guerra ma operazione militare le voci di dissenso interno continuano a crescere nelle grandi città russe e potrebbero diventare una valanga accanto al popolo ucraino.

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L'editoriale è tratto da Left del 4-10 marzo 2022 
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L’attacco all’Ucraina sferrato da Putin è un atto criminale che in una settimana di guerra è già costato la vita a molti civili ucraini  e militari da entrambe le parti. Sono stati bombardati edifici civili, scuole e anche reparti di maternità. Nessuna guerra è chirurgica; è pura propaganda chiamarla così come ben sappiamo dai tempi della guerra in Iraq.

L’aggressione all’Ucraina ha già prodotto molte centinaia di migliaia di profughi, fra loro soprattutto donne e bambini traumatizzati di bombardamenti e dell’escalation di questo conflitto che li ha costretti a lasciare la scuola, gli affetti, la tranquillità della vita quotidiana in cui hanno tutto il diritto di poter crescere. Accolti in Polonia, Romania e tanti altri Paesi – come affermano gli attivisti di Save the Children – hanno bisogno di sostegno psicologico tanto quanto di beni essenziali. L’Onu stima che 18 milioni di persone avranno bisogno di aiuti umanitari nei prossimi mesi. Secondo l’Unhcr gli sfollati interni saranno tra 6 e i  7,5 milioni e i rifugiati tra i 3 e i 4 milioni. Parliamo di una emergenza umanitaria gigantesca nel cuore dell’Europa dove già da mesi drammaticamente si consuma, nell’indifferenza generale, quella di profughi, siriani, iracheni, afgani bloccati al confine fra Polonia e Bielorussia e stritolati dal braccio di ferro fra i due Paesi, che li lasciano a morire di fame di freddo. Scene analoghe si consumano sulla rotta balcanica dove la polizia croata aggredisce e respinge i profughi con ogni mezzo.

L’Europa non può continuare a voltarsi dall’altra parte, lasciando che si costruiscano nuovi muri e che prevalga la logica della sopraffazione e della violenza. Fermare Putin, sostenere la resistenza ucraina e i profughi- da qualunque area del mondo arrivino!-, ristabilire pace e accoglienza è prioritario e urgente. Ma non è un obiettivo raggiungibile con le armi. «La guerra è disumana, cinica, stupida» diceva il medico di guerra Gino Strada, fondatore di Emergency. Con la guerra non si risolvono mai i problemi. Anzi si aggravano di più. La guerra porta sempre morte e regressione.

È  bastata una settimana per vederne tutti gli effetti devastanti. Compresa la pericolosa corsa al riarmo a cui stiamo assistendo. Per la prima volta l’Unione europea fornisce armi e mezzi militari a un Paese vicino. Perfino la Svezia, la Germania, la Finlandia e la Svizzera hanno compiuto questo passo, con una decisione senza precedenti nella loro storia. E c’è chi esulta…

La Costituzione afferma che l’Italia ripudia la guerra ma il governo Draghi invia armi, dicendo che non è più tempo di dialogo.

«È sempre il tempo del dialogo e della diplomazia perché purtroppo la storia insegna che se alle bombe si risponde con le bombe va a finire male. Evviva la pace prima di tutto e sopra tutto», gli ha risposto perfino Salvini, sia pur per coprire il suo passato recente di ammiratore e sodale di Putin. Ma tant’è. Rinfocolare il vortice militare innescato da Putin invece di continuare a percorrere vie diplomatiche significa assecondare il suo “gioco” che punta ad alzare l’asticella del conflitto ogni giorno di più.

E mentre anche la Bielorussia, alleata di Putin, ha modificato la propria Costituzione per eliminare lo status di Paese “denuclearizzato” invece di ascoltare l’Unione degli scienziati per il disarmo nucleare e le reti per il disarmo che da anni lavorano per la messa al bando delle armi nucleari e non solo, il governo Draghi, sotto il comando Nato, rafforza l’unità militare italiana già schierata in Lettonia, invia forze navali e raddoppia le forze aeree in Romania. «Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità», ha detto Draghi in Aula ringraziando Guerini che come scriviamo da mesi è il ministro che aumentato vertiginosamente le spese militari italiane. I produttori di armi ringraziano. Per loro la guerra è business.

Nel frattempo invece di far intervenire l’Onu e altri mediatori di pace si pensa a come far entrare Ucraina e altri Paesi nella Nato. Invece di implementare l’attività diplomatica e le sanzioni che colpiscono direttamente Putin e gli oligarchi, si inviano armi della popolazione ucraina perché si arrangi come può, perché si combattano fra loro, russi e ucraini. Ma tutto questo in Italia non si può dire perché si viene subito tacciati di essere filo-russi o filo-cinesi. La condanna dell’atto di guerra compiuto da Putin non può che essere netta e totale. Su questo numero di Left civili ucraini e russi dissidenti (fra loro tanti intellettuali, artisti, scienziati, ma anche tanti giovani) denunciano con coraggio l’autocrate che sta facendo precipitare in un baratro due Paesi. Questa guerra è il colpo di coda dello zar che sogna la Grande Russia riducendo l’Ucraina, e chissà, anche i Paesi baltici e altri, a meri satelliti. La Bielorussia lo è già. È un progetto autoritario, antistorico e lucidamente pazzo che Putin coltiva da molti anni.

Ma questa guerra sarà un disastro anche per la Russia stessa. È già una guerra impopolare, come scrive la Novaja Gazeta, il quotidiano di opposizione per il quale scriveva Anna Politkovskaja, voce critica verso il Cremlino, uccisa nel 2006 per le sue coraggiose denunce degli orrori della guerra in Cecenia. Nonostante la repressione delle manifestazioni, nonostante la censura, nonostante la propaganda di regime, nonostante l’obbligo per tutti i media di non chiamarla guerra ma operazione militare le voci di dissenso interno continuano a crescere nelle grandi città russe e potrebbero diventare una valanga accanto al popolo ucraino.


L’editoriale è tratto da Left del 4-10 marzo 2022 

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SOMMARIO

Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.