Parte della responsabilità di ciò che sta accadendo in Ucraina ricade su chi a sinistra si ostina a sostenere le ragioni di Putin in chiave anti imperialista Usa, denuncia da Kiev l’autore di questa analisi, un attivista socialista e storico ucraino

Sto scrivendo queste righe a Kiev mentre la mia città è sotto l’attacco dell’artiglieria. Fino all’ultimo minuto avevo sperato che le truppe russe non avrebbero lanciato un’invasione su vasta scala. Ora posso solo ringraziare coloro che hanno fatto trapelare le informazioni ai servizi di intelligence statunitensi. Ieri ho passato metà della giornata a valutare se dovevo entrare a far parte di un’unità di difesa territoriale. Durante la notte le truppe russe si sono preparate ad accerchiare Kiev e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un ordine di mobilitazione generale, prendendo la decisione per me. Ma prima di assumere il mio incarico, vorrei comunicare alla sinistra occidentale cosa penso della sua reazione all’aggressione russa contro l’Ucraina.

Prima di tutto, sono grato alle persone di sinistra che ora stanno manifestando davanti alle ambasciate russe, anche a quelli che si sono presi il loro tempo per rendersi conto che è la Russia l’aggressore in questo conflitto. Sono grato ai politici che sostengono la necessità di fare pressione sulla Russia per fermare l’invasione e ritirare le sue truppe. E sono grato alla delegazione di parlamentari, sindacalisti e attivisti britannici e gallesi che è venuta per sostenerci e ascoltarci nei giorni precedenti l’invasione russa. Sono anche grato alla Campagna di solidarietà ucraina nel Regno Unito per l’aiuto che perdura da molti anni.

Questo articolo riguarda l’altra parte della sinistra occidentale. Per esempio coloro che a fine gennaio hanno parlato di un’aggressione della Nato in Ucraina e che non sono stati capaci di vedere l’aggressione russa. Mi riferisco ai Democratic socialists of America (Dsa) di New Orleans.

Il Comitato internazionale Dsa, da parte sua, ha pubblicato una dichiarazione vergognosa evitando di pronunciare una sola parola contro la Russia (sono molto grato al professore e attivista statunitense Dan la Botz e ad altri per la loro critica a quella nota).

Poi c’è chi ha criticato l’Ucraina per non aver attuato gli accordi di Minsk e ha taciuto sulle violazioni commesse dalla Russia e dalle cosiddette Repubbliche popolari.

Infine ci sono coloro che hanno sopravvalutato il peso dell’influenza dell’estrema destra in Ucraina, ma non si sono accorti dell’estrema destra nelle “Repubbliche popolari” ed hanno evitato di criticare la politica conservatrice, nazionalista e autoritaria di Putin. Parte della responsabilità di ciò che sta accadendo ricade su di voi.

I danni del campismo
Tutto ciò fa parte di un fenomeno più ampio presente nel movimento occidentale “contro la guerra”,  definito «campismo» dai critici di sinistra. L’autrice e attivista britannico-siriana Leila Al-Shami gli ha dato un nome più forte: «L’anti imperialismo degli idioti». Leggete il suo meraviglioso saggio del 2018 se non l’avete ancora fatto. Ripeterò qui solo la tesi principale: rispetto al conflitto in Siria, l’impegno di gran parte della sinistra occidentale “contro la guerra” non ha avuto nulla a che fare col fermare il conflitto. Si è solamente opposta all’interferenza occidentale, ignorando, o addirittura sostenendo, il coinvolgimento di Russia e Iran, per non parlare dell’atteggiamento deferente nei confronti del regime di Assad «legittimamente eletto» in Siria. «Un certo numero di organizzazioni contro la guerra hanno giustificato il proprio silenzio sugli interventi russi e iraniani sostenendo che “il principale nemico è in casa”», ha scritto Al-Shami. «Questa “idea” ha impedito loro di fare una qualsiasi seria analisi e quindi di capire chi ha effettivamente tirato le redini della guerra».

Purtroppo abbiamo visto lo stesso cliché ideologico ripetersi nell’analisi dell’attacco all’Ucraina. Anche dopo che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle “Repubbliche popolari”, all’inizio di questa settimana, sulla rivista di sinistra americana Jacobin Branko Marcetic ha scritto un articolo quasi interamente dedicato alla critica degli Stati Uniti. E quando è arrivato a parlare delle azioni di Putin, si è limitato a rimarcare che il leader russo aveva «mostrato intenzioni tutt’altro che benevoli». Ma stiamo scherzando?

Non sono un fan della Nato
So bene che dopo la fine della Guerra fredda la Nato ha perso la sua funzione difensiva e ha condotto politiche aggressive. So bene che l’espansione verso est della Nato ha indebolito gli sforzi per il disarmo nucleare e la formazione di un sistema di sicurezza “universale”. È la Nato ad aver cercato di ridurre ai minimi termini il ruolo delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (l’Osce) e di screditarle definendole «organizzazioni inefficienti». Ma per cercare una via d’uscita da questa situazione non possiamo girare al contrario le lancette della storia. Dobbiamo fare i conti con le circostanze attuali.

Quante volte la sinistra occidentale ha citato le promesse informali degli Stati Uniti all’ex presidente russo, Mikhail Gorbachev, riguardo la Nato (“non un centimetro più a est“), e quante volte ha invece menzionato il Memorandum di Budapest del 1994 che garantisce la sovranità dell’Ucraina? Quante volte la sinistra occidentale ha riconosciuto le «legittime preoccupazioni per la sicurezza» della Russia, uno Stato che possiede il secondo più grande arsenale nucleare del mondo? E quanto spesso si è ricordata delle preoccupazioni per la sicurezza dell’Ucraina, uno Stato che ha dovuto barattare le sue armi nucleari, sotto la pressione degli Stati Uniti e della Russia, per un pezzo di carta (il Memorandum di Budapest) che Putin ha calpestato definitivamente nel 2014? È mai venuto in mente alle persone di sinistra critiche nei confronti della Nato che l’Ucraina è la vittima principale dei mutamenti provocati dall’espansione della Nato?

Più e più volte, la sinistra occidentale ha risposto alle critiche contro la Russia citando l’aggressione degli Stati Uniti contro l’Afghanistan, l’Iraq e altri Stati. Naturalmente, occorre tenere conto di tutto ciò, ma in che modo, di preciso?

Il ragionamento della sinistra dovrebbe essere che nel 2003 gli altri governi non hanno fatto abbastanza pressione sugli Stati Uniti per fermare la guerra contro l’Iraq. Non che ora sia necessario esercitare meno pressione sulla Russia mentre invade l’Ucraina.

Un errore evidente
Immaginate per un momento se, nel 2003, quando gli Stati Uniti si preparavano all’invasione dell’Iraq, la Russia si fosse comportata come gli Stati Uniti nelle ultime settimane: minacciando una escalation. Ora immaginate cosa avrebbe potuto fare la sinistra russa in quella situazione, secondo il dogma del «il nostro principale nemico è in casa». Avrebbe criticato il governo russo per questa “escalation”, dicendo che non doveva «mettere a rischio le contraddizioni inter imperialiste»? È ovvio per tutti che sarebbe stato un errore. Perché questo non è stato ovvio nel caso dell’aggressione all’Ucraina?

In un altro articolo su Jacobin Usa, Marcetic è arrivato a dire che l’opinionista di Fox news Tucker Carlson aveva «completamente ragione» a proposito della «crisi ucraina». Carlson, di fatto, ha messo in discussione «il valore strategico dell’Ucraina per gli Stati Uniti». Lo stesso ha fatto Tariq Ali su New left review quando ha citato, condividendolo, il calcolo dell’ammiraglio tedesco Kay-Achim Schönbach, il quale ha dichiarato che «rispettare» le mosse di Putin sull’Ucraina sarebbe stata una strategia «a basso costo, persino a costo zero», dato che la Russia potrebbe essere un utile alleato contro la Cina. Dite sul serio? Davvero vogliamo che gli Stati Uniti e la Russia raggiungano un accordo e inneschino una nuova guerra fredda contro la Cina come alleati? Deve essere questo il nostro obiettivo?

Riformare l’Onu
Non sono un fan dell’internazionalismo liberale. I socialisti dovrebbero criticarlo. Ma questo non significa che dobbiamo sostenere la divisione delle “sfere di interesse” tra gli Stati imperialisti. Invece di cercare un nuovo equilibrio tra i due imperialismi, la sinistra dovrebbe lottare per una democratizzazione del sistema della sicurezza internazionale. Abbiamo bisogno di una politica globale e di un sistema globale di sicurezza internazionale. Quest’ultimo lo abbiamo già: sono le Nazioni Unite. Sì, ha molti difetti, ed è spesso oggetto di giuste critiche. Ma si può criticare  o per rifiutare qualcosa o per migliorarla. Nel caso dell’Onu, abbiamo bisogno di migliorarla. Abbiamo bisogno di un approccio di sinistra per riformare e democratizzare l’Onu.

Naturalmente questo non significa che la sinistra debba sostenere tutte le decisioni del Palazzo di vetro. Ma un rafforzamento generale del ruolo dell’Onu nella risoluzione dei conflitti armati permetterebbe alla sinistra di ridurre al minimo l’importanza delle alleanze politico-militari e diminuire il numero delle vittime. (In un articolo precedente, ho scritto come le forze di pace dell’Onu avrebbero potuto aiutare a risolvere il conflitto del Donbass. Sfortunatamente, ormai questo articolo ha poco senso). Inoltre, avremmo bisogno delle Nazioni Unite anche per affrontare la questione del climate change e altri problemi globali. La ritrosia di molte persone di sinistra di tutto il mondo a rivolgersi all’Onu rappresenta un terribile errore. 

Dopo che le truppe russe hanno invaso l’Ucraina, David Broder, editor di Jacobin Europa, ha scritto che la sinistra «non dovrebbe scusarsi per essersi opposta a un intervento militare statunitense» in Ucraina. Questa opzione non era nemmeno nei piani di Biden, come ha ripetuto più volte. Gran parte della sinistra occidentale dovrebbe onestamente ammettere di aver completamente sbagliato nel formulare il proprio giudizio rispetto alla “crisi ucraina”.

La mia prospettiva
Concludo scrivendo brevemente di me stesso e del mio punto di vista. Negli ultimi otto anni, la guerra del Donbass è stata la questione principale che ha diviso la sinistra ucraina. Ognuno di noi ha formato la propria posizione sotto l’influenza dell’esperienza personale e di altri fattori. Per questo motivo, un altro ucraino di sinistra avrebbe potuto scrivere questo articolo in modo diverso.

Sono nato nel Donbass, ma in una famiglia ucraina e nazionalista. Mio padre è stato coinvolto nell’estrema destra negli anni 90, osservando la decadenza economica dell’Ucraina e l’arricchimento dell’ex leadership del Partito comunista, che ha combattuto dalla metà degli anni 80. Naturalmente, ha opinioni molto anti-russe, ma anche anti-americane. Ricordo ancora le sue parole l’11 settembre 2001. Mentre guardava in Tv il crollo delle Torri gemelle disse che i responsabili erano «eroi» (non la pensa più così, adesso crede che gli americani le abbiano fatte saltare in aria di proposito).

Quando nel 2014 è iniziata la guerra nel Donbass, mio padre si è unito al battaglione di estrema destra Aidar come volontario, mia madre è fuggita da Luhansk, e mio nonno e mia nonna sono rimasti nel loro villaggio che è caduto sotto il controllo della Repubblica popolare di Luhansk.

Mio nonno ha condannato la rivoluzione ucraina di Euromaidan. Sostiene Putin, che, dice, ha «ristabilito l’ordine in Russia». Tuttavia, cerchiamo tutti di continuare a parlare tra di noi (anche se non di politica) e di aiutarci a vicenda. Io cerco di essere comprensivo nei loro confronti. Dopo tutto, mio nonno e mia nonna hanno passato tutta la vita a lavorare in una fattoria collettiva. Mio padre era un operaio edile. La vita non è stata gentile con loro.

Interesse comune
Gli eventi del 2014 – prima la rivoluzione e poi la guerra – mi hanno spinto nella direzione opposta alla maggior parte delle persone in Ucraina. La guerra ha ucciso il mio “spirito” nazionalista e mi ha spinto a sinistra. Voglio lottare per un futuro migliore per l’umanità, e non per la nazione. I miei genitori, con il loro trauma post-sovietico, non capiscono le mie opinioni socialiste. Mio padre è indulgente riguardo al mio “pacifismo” e abbiamo avuto una brutta conversazione dopo che mi sono presentato a una protesta antifascista con un cartello che chiedeva lo scioglimento del reggimento di estrema destra Azov.

Quando Volodymyr Zelensky è diventato presidente dell’Ucraina nella primavera del 2019, ho sperato che questo potesse impedire la catastrofe attuale. Dopo tutto, è difficile demonizzare un presidente russofono che ha vinto con un programma di pace per il Donbass e le cui battute erano popolari sia tra gli ucraini che tra i russi. Sfortunatamente, mi sbagliavo. Mentre la vittoria di Zelensky ha cambiato l’atteggiamento di molti russi verso l’Ucraina, questo non ha impedito la guerra.

Negli ultimi anni, ho scritto molti articoli sul processo di pace e sulle vittime civili di entrambe le parti in guerra nel Donbass. Ho cercato di promuovere il dialogo. Ma ora tutto questo è andato in fumo. Non ci sarà alcun compromesso. Putin può pianificare quello che vuole, ma anche se la Russia si impadronisce di Kiev e installa il suo governo di occupazione, noi resisteremo. La lotta durerà fino a quando la Russia non se ne andrà dall’Ucraina e pagherà per tutte le vittime e tutte le distruzioni.

Quindi le mie ultime parole sono rivolte al popolo russo: sbrigatevi a rovesciare il regime di Putin. È nel vostro interesse come nel nostro.

 

* L’autore: Taras Bilous è uno storico ucraino e attivista di Smo (Social movement organization). Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio scorso sul giornale online ucraino Commons: Journal of social critique (commons.com.ua) di cui Bilous è redattore. La traduzione è a cura della redazione di Left


L’articolo è pubblicato su Left del 4-10 marzo 2022 

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