C’è chi fa controinformazione. Chi si attiva nelle campagne contro le armi nucleari. Chi promuove la disobbedienza civile. Il mondo del pacifismo non si è certo svegliato oggi, ed è sempre in movimento. Ecco le sue proposte per arrestare i venti di guerra in Europa. Parla il presidente del Movimento nonviolento

Che fine hanno fatto i pacifisti? Perché non si sono mossi prima, in questi anni, per scongiurare questa ennesima guerra? Ma davvero il movimento per la pace pensa di fermare l’invasione russa appendendo le bandiere arcobaleno ai terrazzi? Come si può anche solo immaginare, oggi, un mondo senza armi? Si tratta di domande che tutti abbiamo visto circolare in questi giorni, quesiti con cui si è cercato di delegittimare il pacifismo italiano e internazionale, bollandolo come una ideologia composta solo di illusioni e buoni propositi. La realtà, però, è diversa. E la prima, fondamentale, precisazione che va fatta, riguarda le piazze che in queste settimane si sono riempite per dire un No secco alla guerra di Putin in Ucraina.

«Quei milioni di persone che si sono mobilitati nelle capitali internazionali e in molte città italiane nelle ultime settimane non sono i “pacifisti”, bensì il popolo, la gente, l’opinione pubblica che chiede pace, che ha espresso una volontà di pace», dice a Left Mao Valpiana, militante da anni in prima linea sul fronte della pace, presidente del Movimento nonviolento e direttore della rivista Azione nonviolenta. «Il movimento pacifista vero e proprio, invece, è quella struttura che ha favorito, promosso, sollecitato la possibilità di questa mobilitazione più generale – prosegue Valpiana -. In Italia è coordinata dalla Rete pace e disarmo. I pacifisti, infatti, non si attivano solo quando scoppia una guerra, essi sono impegnati tutto l’anno, tutti i giorni, all’interno di varie organizzazioni e di varie campagne».

Alla luce del fatto che i pacifisti sono al lavoro ogni giorno, le piazze contro il conflitto in Ucraina assumono un significato diverso. «Le recenti mobilitazioni antimilitariste in Europa e non solo indicano una volontà politica che si è espressa attraverso due parole d’ordine chiare: “No alla guerra” e “Sì alla pace”. E si tratta già di un programma abbastanza impegnativo – commenta con un’ironia amara Valpiana -. Intere metropoli si sono mobilitate, penso a Berlino, con 100mila persone, Milano, 50mila, qui nella mia Verona piazza Bra era piena come non mai. Le città si sono mosse per fare diplomazia dal basso. Dove ha fallito la politica dei governi, che non ha trovato un accordo attraverso le trattative, lì si sono attivati i centri abitati coi loro cittadini, Mosca e San Pietroburgo compresi. Esercitando una forte pressione internazionale con cui i governi ora devono fare i conti. Il popolo della pace ha detto che la guerra si ferma con gli strumenti messi a disposizione dalla non violenza. Se i governi sceglieranno una strada diversa, dovranno aprire una discussione con…


L’articolo prosegue su Left del 4-10 marzo 2022 

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