In queste drammatiche settimane di guerra in Ucraina aggredita da Putin cerchiamo di raccontare quel che sta accadendo, in primis, dando voce ai civili ucraini e ai russi che protestano contro la guerra.
Al contempo ci interroghiamo sulla posizione che ha assunto l’Italia e sul tenore del dibattito infervorato da interventisti di ogni tipo. Che non ci rassicurano. Invece di pensare a come dare man forte ai civili ucraini con la diplomazia, inasprendo le sanzioni e con l’intervento dell’Onu abbiamo fin qui perlopiù solo provveduto ad inviare armi agli ucraini, perché se la vedano da soli.
Colpisce anche il fuoco di fila che sui giornali mainstream bersaglia i pacifisti.A questo proposito abbiamo interpellato lo storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari che su Il Fatto quotidiano ha acceso il dibattito con un articolo dal titolo “Militaristi da divano”.
Professor Montanari, secondo editorialisti come Mieli e Polito i pacifisti dovrebbero vergognarsi, che ne pensa?
I nostri governi hanno preso una decisione, sostenuta all’unanimità dai Parlamenti: inviare armi agli ucraini e partecipare, di fatto alla guerra. A fronte di tutto questo ci si accanisce contro un’opinione pubblica pacifista contraria all’invio di armi e che per altro, ha mille sfumature al suo interno. Di certo non sono i pacifisti coloro che stanno impedendo di aiutare la resistenza ucraina. L’Occidente sta facendo tutto quello che vuole e forse anche quello che non vuole visto che ogni giorno siamo sempre più vicini allo spettro di un conflitto nucleare. Anche per questo per me è incomprensibile l’accanimento verso voci pacifiste che – tolta quella di papa Francesco che ha più visibilità – sono minoritarie dal punto di vista mediatico.
Inviamo armi alla resistenza ucraina e intanto finanziamo la guerra di Putin comprando il gas russo. Una contraddizione feroce, che ne pensa?
Sì, siamo disposti a celebrare la guerra ucraina e felicissimi che si ammazzino fra loro con le nostre armi ma non siamo disposti ad abbassare di tre gradi il termosifone. E in questo modo continuiamo a inviare soldi alla Russia finanziando la guerra a Putin. Detto questo mi permetta una precisazione.
o una decisione, sostenuta all’unanimità dai Parlamenti: inviare armi agli ucraini e partecipare, di fatto alla guerra. A fronte di tutto questo ci si accanisce contro un’opinione pubblica pacifista contraria all’invio di armi e che per altro, ha mille sfumature al suo interno. Di certo non sono i pacifisti coloro che stanno impedendo di aiutare la resistenza ucraina.
L’Occidente sta facendo tutto quello che vuole e forse anche quello che non vuole visto che ogni giorno siamo sempre più vicini allo spettro di un conflitto nucleare. Anche per questo per me è incomprensibile l’accanimento verso voci pacifiste che – tolta quella di papa Francesco che ha più visibilità – sono minoritarie dal punto di vista mediatico.
Inviamo armi alla resistenza ucraina e intanto finanziamo la guerra di Putin comprando il gas russo. Una contraddizione feroce, che ne pensa?
Sì, siamo disposti a celebrare la guerra ucraina e felicissimi che si ammazzino fra loro con le nostre armi ma non siamo disposti ad abbassare di tre gradi il termosifone. E in questo modo continuiamo a inviare soldi alla Russia finanziando la guerra a Putin. Detto questo mi permetta una precisazione.
Prego.
Quel che vorrei fosse chiaro che nessuno prende decisioni a cuor leggero; è comunque uno strazio, capiamo bene la reazione del popolo ucraino rispetto a questa aggressione che non ha attenuanti. Il tentativo di spiegarla, tuttavia, non significa in nessun modo cercare di giustificare Putin che ha invaso l’Ucrania e ha provocato una insensata carneficina.
Il Tribunale internazionale dell’Aja ha aperto un’inchiesta su Putin per crimini di guerra, cosa ne pensa?
Putin è un criminale di guerra per come sta portando avanti il conflitto. Su questo non ci sono dubbi. La legittima difesa degli ucraini è più che lecita. Ma il punto è se abbia senso. La quantità di morti che si prospetta a forze così spropositate ha una possibilità morale di essere giusta? Dobbiamo tener conto che con il nucleare siamo davanti alla possibilità stessa di estinzione dell’umanità. La manifestazione del 12 marzo a Firenze ha applaudito il presidente ucraino Zelensky che chiedeva la No fly zone. Comprensibilmente da parte sua. Ma concedere la No fly zone, che sarebbe una scelta coerente per chi ha caldeggiato l’invio di armi, vuol dire arrivare a un passo dal conflitto con la Nato. E sarebbe la Terza guerra mondiale. Che fine ha fatto il dibattito sul disarmo atomico?
La Resistenza ucraina è stata paragonata a quella contro il nazifascismo. Lei ha scritto che i partigiani agirono in un contesto diverso e avevano la possibilità di farcela. Che ne pensa del dibattito che ne è scaturito?
Sono dispiaciuto per le reazioni che ci sono state. Mi sembra paradossale essere accusato di aver sminuito la Resistenza visto l’impegno che ho dedicato in tutti questi anni a difenderne la memoria. Per altro, prima di prendere la parola, ho atteso che lo facesse chi ha più titoli di me come lo studioso e cultore della Resistenza Marco Revelli, figlio di Nuto. Qui non si tratta di sminuire la Resistenza degli ucraini o di celebrare quella italiana. Il punto è che se non fossero arrivati gli alleati, se non fossero sbarcati in Sicilia, se non avessero cominciato la controffensiva proprio dall’Italia, sarebbero stato impossibile per la Resistenza italiana avere successo. Probabilmente sarebbe stata organizzata in altro modo, non avrebbe assunto le forme che ha assunto. La guerra di Liberazione ha avuto un significato morale profondissimo, ci ha meritato un dopoguerra diverso da quello tedesco e ha portato alla nostra Costituzione. Ma dal punto di vista militare, senza l’intervento degli alleati, avrebbe avuto scarse chance di farcela di fronte all’esercito nazista seppur in ritirata. Spingere l’Ucraina alla guerriglia come in Afghanistan significherebbe costringerla ad essere teatro di guerra per anni o per decenni. Mi sembra una prospettiva mostruosa. Ma c’è anche un’altra cosa da dire: la Resistenza al nazifascismo non fu nazionalista. L’invasore di cui parla “Bella ciao” è l’invasore nazista, ma è anche quello fascista. La Resistenza fu anche la guerra contro lo Statuto albertino, per una società più giusta. Quei ragazzi non andavano a morire per tornare al re, alla corona e all’Italia oligarchica, fascista, ma lottavano per un cambiamento radicale. Il risultato fu la Costituzione italiana, che sarebbe rivoluzionaria se attuata, come diceva l’azionista Calamandrei.
Il fatto che la Resistenza ucraina sia nazionalista cosa cambia se pensiamo all’aggressione che stanno subendo?
Non toglie nessuna legittimità all’idea e al fatto che gli ucraini lottino per la loro casa, per la loro terra, per le loro vite. Ma come impedire che muoiano altri civili ucraini? Questa è la domanda che ci dovremmo porre noi. Come si arriva a un cessate il fuoco immediato? Ho la sensazione che tutta questa retorica pro Ucraina abbia anche a che fare con il fatto che l’Occidente sta facendo la guerra a Putin attraverso i corpi degli ucraini. Temo che questa enfasi sulla Resistenza ucraina non riguardi la loro sovranità e indipendenza e democraticità.
Ad essere colpiti da questa guerra sono i nostri valori occidentali come ripetono ogni giorno Repubblica e Corsera?
È un discorso che mi lascia piuttosto perplesso dal momento che i cantori della democrazia in Ucraina non hanno difeso nessuna delle libertà che sono state calpestate anche dall’Occidente negli ultimi decenni. Non sono molto credibili. Quando si dice questa è una guerra contro i nostri valori bisognerebbe aprire tutto un discorso su quali siano i nostri valori: quelli delle Costituzioni? O quelli praticati dai governi? Quelli formali o quelli sostanziali? E poi i valori di chi? Di quale parte sociale dell’Occidente? Dei sommersi o dei salvati? Sarebbe un lungo discorso da fare insieme a tutta la pluralità dell’Occidente. I nostri valori non sono quelli enunciati da un capo. Noto che la gran parte di questi opinionisti che coltivano questa idea di guerra all’Occidente erano tutti estremisti di sinistra da giovani e sono poi passati alla destra più conservatrice da vecchi. Von Clausewitz diceva che la guerra è la politica con altri mezzi. Si è giocato una partita a scacchi in Ucraina. Ora quella partita è degenerata in guerra. Non mi pare dicano combattiamo per loro. Mi pare che sotto sotto dicano combattano per noi. Noi non lo facciamo, non lo possiamo fare ma c’è qualcuno che combatte per procura.
Detto questo non possiamo tacere su ciò che sta facendo Putin: una guerra di aggressione totale, benedetta dal Patriarca Kirill come crociata in nome di Dio, patria e famiglia contro l’Occidente debosciato.
Putin va criticato ferocemente. Andava fatto da tempo. I governi occidentali erano tutti con lui e ci hanno fatto affari e Putin era già quello della guerra e della distruzione in Cecenia e in Siria. Io non l’ho mai difeso. L’Italia ha dato cittadinanza e agevolazioni agli oligarchi russi; siamo diventati un banchetto per loro. Ora gli stessi che ci andavano a braccetto sono diventati anti Putin: Berlusconi, Salvini e molti altri. Ricordo un video del 2014 con il capo della Lega nella Piazza rossa che diceva: qui non ci sono rom, non ci sono mendicanti. Nel libro I demoni di Salvini (Chiarelettere) Claudio Gatti scrive che è paragonabile ad un agente di influenza russo. Il presidente russo dice dobbiamo de-nazificare l’Ucraina ma lui ha sostenuto tutte le destre naziste in Europa con fior di finanziamenti. Putin è sempre stato quella cosa lì. Mi ricorda Stalin nella fase del suo isolamento paranoico.
Ricordiamo che nel 1932 e 1933 la carestia provocata dall’Urss di Stalin colpì il territorio ucraino causando milioni di morti…
Ricordiamo anche i libri Vasilij Semënovič Grossman e di tanti altri dissidenti. Oggi più che mai dobbiamo dare voce ai russi del dissenso. All’Università per stranieri di Siena stiamo traducendo in italiano tutte le voci che ci arrivano e che non hanno altri canali. Pubblichiamo i loro testi anche in russo. Dobbiamo far di tutto per alimentare l’opposizione russa. Un esito auspicabile sarebbe il rovesciamento di Putin da parte del popolo russo stesso; speriamo avvenga presto.
Putin agisce da despota: censura i media, reprime il dissenso, semina il terrore con incarcerazioni arbitrarie. Sta facendo precipitare la Russia in un baratro?
Emergono feroci contraddizioni. Putin sembra uno zar, sembra che la rivoluzione del 1917 non ci sia mai stata, ci sono delle caratteristiche imperiali di lunghissimo periodo. La Russia ha sempre avuto due anime: una europea e una imperiale. Ora ha messo nell’angolo quella europea, esaltando quella imperiale.
L’espansionismo Nato ha contribuito a questa deriva? Dovremmo ripensare la nostra alleanza?
La Repubblica italiana, in base alla Costituzione, può cedere sovranità a organismi sovranazionali che costruiscono giustizia e pace. La domanda è se la Nato abbia costruito giustizia e pace. Il che, beninteso, non significa fare sconti Putin, che è un autocrate, un despota sanguinario. Io non mi aspetto nulla da lui, mi attendo molto di più dalle democrazie occidentali. Da occidentale tendo a criticarle di più, perché lui – non so come dire – è insalvabile. Come diceva Michelangelo, bisogna dire a chi sa e non a chi non sa.
Come rettore lei ha preso pubblicamente le distanze dai rettori russi che sostengono Putin. Dall’altro lato occorre dare forza agli artisti e agli intellettuali russi. Il boicottaggio complessivo della cultura russa oltre ad essere inaccettabile rischia di isolarli ancor più?
Dobbiamo guardare alla complessità. Siamo stati i primi a tradurre il documento dei rettori russi e io li ho attaccati con durezza. Non ho visto nessun altro collega farlo. Ma l’Università non è solo dei rettori. Mi è arrivato un documento firmato da 4mila professori della Lomonosov, la prima grande università di Mosca. Il rettore è schierato con Putin, ma molti docenti non sono d’accordo, noi dobbiamo dare loro voce. Abbiamo invitato Paolo Nori non appena ci è giunta la notizia (poi rientrata, ndr) che alla Bicocca non poteva fare lezione su Dostoevskij. Lo farà da noi il 31 marzo. Stiamo cercando di ospitare colleghi in fuga, ucraini e anche russi. L’Università è il luogo dove ci si dovrebbe incontrare, è il contrario del nazionalismo. È il luogo del dissenso, dell’elaborazione di un altro punto di vista, il che non vuol dire terzismo. Ci sono gli aggressori e ci sono gli aggrediti. Ma se noi pensiamo che l’aggressore sia l’intero popolo russo facciamo un enorme favore a Putin e distorciamo la realtà. Sarebbe come se pensassimo che l’intera Italia fosse fascista nel 1942 o nel 1943. Non era così.
L’Ermitage aveva minacciato di ritirare tutti i prestiti. Ancora una volta le opere d’arte sono usate come ostaggio dei governi?
Le opere d’arte vengono usate troppo da tutti. Lo dico da decenni (Vedi Montanari, Trione, Contro le mostre, Einaudi) le mostre non hanno più nulla di scientifico, sono cose politiche. Se sono cose politiche è evidente che la Russia rivuole i propri quadri nel momento in cui mandiamo armi in Ucraina. Ma è giusto che nei musei le opere d’arte vengano risucchiate nel gioco dei governi? Abbiamo appena detto che le opere d’arte e le Università sono un’altra cosa nonostante si tenda a dimenticarlo, anche in Occidente. I musei assomigliano sempre più agli eserciti e al marketing nazionale. Assomigliamo più al brand dei Paesi che alle Università. Dunque la riflessione profonda è proprio sul ruolo delle mostre e dell’uso che se ne è fatto in questi ultimi anni.
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