Il rapporto dell'Ipcc (Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) è composto da 3mila pagine fitte di analisi su quali azioni intraprendere per scongiurare i pericolosi livelli di inquinamento già discussi a Parigi nel 2015. In questi giorni sui media italiani è stato raccontato come un concentrato di speranza per limitare il riscaldamento globale a 1,5°. Come al solito si è scritto e discusso di stili di vita più ecologici a cui tutti noi dobbiamo aderire quanto prima ma secondo gli esperti dell'Ipcc sono necessari cambiamenti strutturali più radicali: ad esempio il consumo di gas, petrolio e soprattutto carbone deve diminuire drasticamente, anche se di petrolio e di carbone qui da noi si è tornato a parlare in questi giorni sfruttando la guerra in Ucraina. Lo studio mostra che i prezzi delle alternative verdi ai combustibili fossili non solo sono diminuiti, ma sono precipitati. Tra il 2010 e il 2019, i costi dell'energia solare e delle batterie agli ioni di litio sono diminuiti dell'85%, mentre l'energia eolica è diminuita del 55%. I pannelli solari e le turbine eoliche possono ora competere con la produzione di energia da combustibili fossili in molti luoghi e lo sviluppo delle tecnologie verdi è aumentato vertiginosamente. Ma in quel rapporto c'è scritto anche molto chiaramente che il problema più grande rimane sempre lo stesso: la politica. Addirittura il Financial Times (non propriamente un quotidiano comunista) lo scrive chiaramente: «Il problema più grande è la politica, come ha mostrato lo stesso Ipcc. Il suo rapporto è stato ostacolato da dispute tra i 195 Paesi che lo hanno approvato, alcuni dei quali dipendono fortemente dai combustibili fossili o non hanno le risorse per costruire un'economia più verde. Dopo più di un secolo di energia e uso del suolo insostenibili, il mondo ha iniziato a girare. È ora necessario trovare nuovi modi per spostarsi ancora più velocemente». La guerra in Ucraina tra l'altro sembra favorire i conservatorismi che frenano lo sviluppo delle rinnovabili. Si inventeranno che non è il tempo, che siamo in emergenza, che è un problema di costi ma nasconderanno sempre la realtà: manca la volontà politica. Se n'è accorto perfino il Financial Times. Buon giovedì.

Il rapporto dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) è composto da 3mila pagine fitte di analisi su quali azioni intraprendere per scongiurare i pericolosi livelli di inquinamento già discussi a Parigi nel 2015.

In questi giorni sui media italiani è stato raccontato come un concentrato di speranza per limitare il riscaldamento globale a 1,5°. Come al solito si è scritto e discusso di stili di vita più ecologici a cui tutti noi dobbiamo aderire quanto prima ma secondo gli esperti dell’Ipcc sono necessari cambiamenti strutturali più radicali: ad esempio il consumo di gas, petrolio e soprattutto carbone deve diminuire drasticamente, anche se di petrolio e di carbone qui da noi si è tornato a parlare in questi giorni sfruttando la guerra in Ucraina.

Lo studio mostra che i prezzi delle alternative verdi ai combustibili fossili non solo sono diminuiti, ma sono precipitati. Tra il 2010 e il 2019, i costi dell’energia solare e delle batterie agli ioni di litio sono diminuiti dell’85%, mentre l’energia eolica è diminuita del 55%. I pannelli solari e le turbine eoliche possono ora competere con la produzione di energia da combustibili fossili in molti luoghi e lo sviluppo delle tecnologie verdi è aumentato vertiginosamente.

Ma in quel rapporto c’è scritto anche molto chiaramente che il problema più grande rimane sempre lo stesso: la politica. Addirittura il Financial Times (non propriamente un quotidiano comunista) lo scrive chiaramente: «Il problema più grande è la politica, come ha mostrato lo stesso Ipcc. Il suo rapporto è stato ostacolato da dispute tra i 195 Paesi che lo hanno approvato, alcuni dei quali dipendono fortemente dai combustibili fossili o non hanno le risorse per costruire un’economia più verde. Dopo più di un secolo di energia e uso del suolo insostenibili, il mondo ha iniziato a girare. È ora necessario trovare nuovi modi per spostarsi ancora più velocemente».

La guerra in Ucraina tra l’altro sembra favorire i conservatorismi che frenano lo sviluppo delle rinnovabili. Si inventeranno che non è il tempo, che siamo in emergenza, che è un problema di costi ma nasconderanno sempre la realtà: manca la volontà politica. Se n’è accorto perfino il Financial Times.

Buon giovedì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.