France insoumise, il polo ecologista, i comunisti e il partito socialista corrono insieme alle elezioni legislative di giugno. È l’impresa in cui è riuscito Mélenchon che per un soffio non è arrivato a sfidare Macron al ballottaggio. E ora si candida a Primo ministro

Le presidenziali francesi sono state detronizzate dal rango di elezione regina. Rieletto presidente lo scorso 24 aprile, Emmanuel Macron non è certo di ottenere una maggioranza in Assemblea nazionale alle elezioni legislative che si terranno in due turni il 12 e il 19 giugno. Cinque anni fa, la sua vittoria parlamentare era stata un gioco facile, come è accaduto a tutti i presidenti eletti dal 1981: La République en marche (Lrem), il suo “partito”, aveva ottenuto una confortevole maggioranza assoluta. Ma oggi l’impopolarità di Macron è al suo apice. È il risultato di cinque anni di macronismo, un mix di politiche neoliberiste, di disintermediazione (nessun dialogo con i sindacati), di autoritarismo e di politiche aggressive nei confronti dei ceti popolari. Nei fatti, Macron è stato rieletto alle recenti presidenziali solo perché si è trovato a fronteggiare al secondo turno Marine Le Pen, leader del Rassemblement national, un “potente repellente” per l’elettorato di sinistra che ha votato Macron pur di sbarrare la strada verso la presidenza all’esponente dell’estrema destra francese.

Le elezioni legislative del 2022, come dicevamo, non assomiglieranno a quelle del 2017. Il 19 aprile, fra il primo e il secondo turno delle presidenziali, Jean-Luc Mélenchon ha chiesto ai cittadini francesi di essere eletto Primo ministro. Il leader del partito populista di sinistra, la France insoumise, sconfitto al primo turno con il 22% dei voti, ha detto di voler trasformare le politiche in una sorta di “terzo turno” delle elezioni presidenziali. Dal primo turno delle presidenziali è emersa…

L’articolo prosegue su Left del 13 maggio 2022 

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