L’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Il freno all’export da Russia e Ucraina che rischia di esporre milioni di persone alla fame. Il segretario della Flai Cgil denuncia gli effetti collaterali del conflitto. E avvisa: «L’Italia dovrà chiedere all’Unione europea un nuovo Pnrr»

«Fermare la guerra è l’unica scelta possibile per evitare ulteriori lutti, devastazioni, e un aggravamento della crisi economico-sociale che già stiamo vivendo». Il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, ne è convinto. Guarda con preoccupazione crescente alla corsa agli armamenti. Non solo da parte dell’Ucraina, rifornita generosamente dall’Occidente, e della Russia, ma anche al riarmo deciso dalle principali nazioni europee.

Segretario, non è certo questa l’Europa in cui credeva Altiero Spinelli.
Questa non è l’Europa libera e unita che volevamo costruire dopo la Seconda guerra mondiale, con ancora negli occhi gli orrori che ogni conflitto armato porta con sé: decine di milioni di morti, immani devastazioni, sofferenze inaudite. Non dobbiamo mai dimenticare ciò che è stato. Quella che si è venuta configurando non è l’Unione europea che avevamo sognato, non è quell’Europa dei popoli capace di far sentire tutto il suo peso politico – stiamo parlando di 500 milioni di persone – e svolgere così un’efficace opera di mediazione fra i russi, gli ucraini, e anche gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. L’Europa ha agito in ordine sparso, non è riuscita a evitare l’escalation bellica che ha provocato la morte di migliaia di civili innocenti. Nulla è stato fatto negli ultimi anni di fronte alla palese violazione degli accordi di Minsk, che avevano bloccato, pur temporaneamente, il primo conflitto russo ucraino. Questo non toglie che la guerra si sia riaccesa con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

La sinistra dispersa nei suoi cento rivoli e soprattutto la maggior parte del popolo italiano, sondaggi alla mano, è apertamente contraria alla guerra. In questa primavera che sta per finire non c’è stato appuntamento di piazza che non sia stato contrassegnato dalle bandiere arcobaleno…
La guerra è il fallimento della politica, non sono il primo e non sarò l’ultimo a dirlo. La guerra è anche la negazione dell’umanità. Eppure, gran parte della politica italiana si è subito arresa di fronte alla supposta inevitabilità di un conflitto armato all’interno dei confini europei. E ora, dopo tre mesi di guerra, documentata dai media con tutte le possibilità tecnologiche offerte oggi, quelle per intendersi che ti fanno entrare la guerra in casa, la politica stenta ancora a sintonizzarsi con il proprio elettorato. La maggior parte dei governi europei, compreso quello italiano, invece di attrezzarsi per tempo a una difesa continentale comune, ha delegato alla Nato a guida statunitense questo compito. Ora poi, sull’onda dell’emergenza, la vecchia richiesta della Nato di portare al 2% del Pil le spese militari dei singoli Paesi Ue è stata di fatto approvata. In Italia succederà fra qualche anno, ma succederà. Un riarmo, plurimiliardario, che…

L’intervista prosegue su Left del 27 maggio 2022 

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