L’introduzione dei brevetti su piante e semi ha stravolto l’agricoltura. Concentrando il potere nelle mani di pochi big dell’agroindustria, che decidono cosa coltivare e chi può farlo. E aggravando climate change e crisi alimentare. Ne parla Fabio Ciconte nel suo nuovo libro

Siamo oramai abituati a vivere in un mondo in cui pressoché ogni cosa può essere sottoposta a proprietà privata per trarne un guadagno. Anche quando quella cosa, se fosse liberamente utilizzabile da tutti, potrebbe salvare numerose vite umane. Ne abbiamo avuto una tragica conferma durante la pandemia, con India, Sudafrica e un centinaio di altri Paesi a chiedere al resto del mondo la sospensione dei brevetti su vaccini e cure anti Covid che ne rallentavano tragicamente la produzione e la distribuzione (richiesta peraltro mai accettata dall’Organizzazione mondiale del commercio). Ma questo non è l’unico episodio concreto e attuale in cui l’uso di brevetti alimenta e aggrava una crisi mondiale. Se guardiamo al climate change e all’insicurezza alimentare – un fenomeno già grave, ora acuito dalla guerra in Ucraina – incontriamo un altro tipo di licenze proprietarie che aggravano questi drammi, di cui poco si parla. È anche a causa di questi brevetti se intere produzioni agricole rischiano di saltare senza essere rimpiazzate a causa del surriscaldamento globale o di nuovi patogeni, oppure se il mondo contadino è sempre più impoverito a tutto vantaggio dei grandi colossi dell’agroindustria, e a tutto svantaggio dei cittadini, specie dei Paesi più poveri. Stiamo parlando dei brevetti sulle piante e sui semi. Uno strumento nato un centinaio di anni fa, che ha del tutto ridisegnato il paradigma produttivo nel mondo agricolo e agroalimentare. E ci ha accompagnato fino all’odierna realtà, in cui “club” gestiti da potenti aziende di breeding – impegnate cioè nella selezione genetica delle piante – decidono chi può coltivare una determinata varietà, di fatto dominando la filiera dell’ortofrutta. Proprio a questo tema è dedicato Chi possiede i frutti della terra (Laterza), nuova opera di Fabio Ciconte, direttore della associazione ambientalista Terra! e autore di diverse inchieste giornalistiche e pubblicazioni su filiere agroalimentari, caporalato e climate change.

Il saggio, nelle sue prime pagine, ci teletrasporta negli Stati Uniti di inizio Novecento, una realtà fatta di imprenditori agricoli e agronomi pionieri, e di vicende che spiazzano chi le legge per la prima volta. Come quella che parte da una scatola con una dozzina di mele, recapitata ad uno dei più grandi vivai degli Usa, la Stark bro’s nurseries. All’azienda ogni anno arrivano mele da tutto il Paese, inviate dai contadini per partecipare al tradizionale concorso dei vivai Stark per la frutta migliore. Quando le assaggia, Paul Stark non ha dubbi. Deve…

L’articolo prosegue su Left del 10 giugno 2022 

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