Sopravvivere al deserto dell’Africa, ai ricatti dei trafficanti, alle estorsioni alla famiglia a cui spesso vengono chiesti altri soldi per proseguire il viaggio, agli stupri e alle violenze nei lager libici, alla roulette russa della traversata del Mediterraneo per arrivare in Italia e trovarsi in un centro sommerso dall’immondizia e dagli escrementi, dove ci si arrangia a dormire per terra, reclusi in quasi duemila in una struttura che potrebbe ospitare poco più di trecento persone. È stato questo il destino dei migranti sbarcati nelle scorse settimane a Lampedusa e “accolti” così nell’hotspot dell’isola. Una situazione inaccettabile, dovuta però non ad una particolare esplosione delle cifre dell’immigrazione, bensì all’assenza di una piano efficace per collocare chi arriva nel nostro Paese sommata alla recente dismissione delle navi quarantena. Da inizio anno, infatti, sono sbarcati in Italia circa 31mila migranti, 7mila in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Meno della metà della capienza dell’Olimpico di Roma.
Siamo lontani dalle cifre (più consistenti, certo, ma ugualmente gestibili se ci fosse stata la volontà politica) pre “Codice Minniti”, con cui l’allora ministro dell’Interno dem vietava alle navi Ong di entrare nelle acque territoriali libiche mentre stringeva accordi con gli interlocutori di Tripoli per bloccare il flusso di migranti in partenza. Ciò nonostante, come prevedibile, il duo Salvini-Meloni non ha perso l’occasione di speculare sulle immagini desolanti di Lampedusa, tornando ad agitare lo spauracchio dell’invasione incontrollata. «Dire no all’immigrazione illegale di massa significa anche dire no a tutto ciò», è il commento che la leader di Fratelli d’Italia…
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