Nel Centro per il rimpatrio di Gradisca di Isonzo le persone, “colpevoli” di non avere documenti in regola, vivono in sei in una cella con le finestre sigillate e niente ora d’aria. La denuncia delle parlamentari Paola Nugnes e Doriana Sarli che sono riuscite a visitarlo

«I Cpr sono lager, luoghi disumani in cui esseri umani tengono segregati, in modo indegno, altri propri simili, senza colpa. Spesso sono giovani di vent’anni, in salute, venuti fin qui con la speranza di una vita migliore, di trovare un Paese capace di dar loro un futuro, perché la loro terra è distrutta dallo sfruttamento, dalla guerra, dalla siccità. Qui trovano invece confusione, segregazione, violenza psicologica, se non fisica, e si ammalano, si disperano fino a cercare la morte. E a volte muoiono». Paola Nugnes, senatrice di ManifestA, è entrata per la prima volta in un Centro permamente per i rimpatri, insieme alla collega deputata Doriana Sarli, della stessa componente parlamentare. In luoghi come questo vengono costrette in stato di reclusione persone extracomunitarie considerate da espellere dall’Italia, in quanto trovate prive di regolari documenti di soggiorno. Paola Nugnes non nasconde l’indignazione, anche quasi dopo un mese dall’esperienza vissuta nel Cpr. Il 17 giugno, senza clamore, le due parlamentari hanno raggiunto il Cpr di Gradisca d’Isonzo in provincia di Gorizia, per una lunga, attenta e doverosa ispezione, accompagnate da un legale, Martina Stefanile, e un mediatore culturale, Nagi Cheikh Ahmed.

Anche Doriana Sarli è provata da quanto ha visto: «Un luogo senza tempo – racconta – dove lo Stato di diritto scompare. Alcuni lo definiscono “luogo dal tempo sospeso”, perché privo di…

L’intervista prosegue su Left del 15-21 luglio 2022 

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