I “potenti” della Terra, chi governa le principali nazioni, sono responsabili della conservazione dei capitali naturali e ambientali che permettono la vita sul pianeta. Sono le stesse persone che si incontrano, annualmente, nelle Cop (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). A novembre 2021 in Scozia (Cop26), tra pochi mesi in Egitto (Cop27). Le Cop fissano obiettivi climatici, puntualmente poi disattesi nella pratica. Con le drammatiche conseguenze che sono ormai sotto gli occhi di tutti. Ci si aspetterebbe quindi che questi “potenti” stiano lavorando alacremente e indefessamente per proteggere, conservare e implementare i nostri capitali, naturali e ambientali, e assicurare il mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi. Ma non è così.
L’azione dei “potenti” della Terra sta andando nella direzione opposta: consumare il capitale naturale e il capitale ambientale per trasformarlo in capitale finanziario nelle mani di pochi super ricchi. Nel 2022 l’Earth overshoot day cade il 28 luglio 2022. È il giorno in cui l’umanità avrà consumato tutte le risorse ecologiche che la terra è in grado di rigenerare nell’anno. Dal 28 luglio 2022 fino al 31 dicembre 2022 (circa il 43% del tempo) l’umanità consumerà il capitale naturale e ambientale delle future generazioni e quello delle altre forme di vita presenti sulla Terra. Altrimenti per 156 giorni dovremmo smettere di fare qualsiasi cosa, anche smettere di respirare, bere e mangiare.
Capitale naturale e capitale ambientale
Le “risorse ambientali”, così come le “risorse naturali”, rappresentano i nostri “capitali”. Il capitale naturale è lo stock mondiale di risorse naturali, che comprende geologia, suolo, aria, acqua, vegetazione e tutti gli organismi viventi. Il capitale naturale fornisce alle persone beni e servizi essenziali per la vita stessa (servizi ecosistemici). Senza il capitale naturale la specie umana non potrebbe nemmeno esistere.
Il capitale ambientale è un sistema complesso di fattori fisici, chimici e biologici, di elementi viventi e non viventi e di relazioni in cui sono immersi tutti gli organismi che abitano il pianeta; quindi, oltre al capitale naturale, comprende anche tutto ciò che permette di preservare e conservare la natura e le “relazioni ambientali”, quel complesso sistema di “cause-effetti” che determina l’equilibrio degli ecosistemi. Il capitale ambientale, come il capitale naturale, quindi è un bene comune a tutte le forme di vita, animali e vegetali, presenti sul nostro pianeta che vivono in ecosistemi il cui equilibrio non dovrebbe essere stravolto dall’azione dell’uomo (antropica).
Stiamo migliorando o peggiorando la nostra situazione?
Prendiamo due date paradigmatiche: la prima è quella del protocollo di Kyoto, 1997. È un accordo internazionale per contrastare il riscaldamento climatico. Il primo di una certa rilevanza. All’epoca l’Earth overshoot day cadeva l’1 ottobre. Nel 2022 cade, come abbiamo detto, il 28 luglio. Il peggior dato di sempre. Abbiamo perso 65 giorni, più di 2 mesi! Siamo passati da un deficit di 3 mesi a uno di oltre 5 mesi.
La seconda data è quella della conferenza di Parigi, 2015, che ha fissato l’obiettivo di contenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5 gradi di aumento rispetto all’era pre-industriale. Nel 2015 l’Earth overshoot day cadeva il 5 agosto. In 7 anni abbiamo perso altri 8 giorni, nonostante la pandemia Covid-19 abbia portato a una riduzione temporanea delle emissioni climalteranti (nel 2020, per effetto dei lockdown, la data era arrivata al 20 agosto).
Perché parliamo di Earth overshoot day in relazione al riscaldamento climatico?
Perché la correlazione è evidente. Il riscaldamento climatico deriva essenzialmente dai gas serra immessi in atmosfera. Se noi riuscissimo a riassorbire, tramite vegetazione, i nostri gas serra avremmo fatto un bel passo verso la rigenerazione. Se calcolate il vostro Overshoot day o “impronta ecologica” (qui il calcolatore: https://www.footprintcalculator.org/home/it) vedrete che quello che peggiora di più il risultato è l’uso di auto a benzina e aerei, l’uso di energia non rinnovabile e la dieta a base di carne. Cioè i tre aspetti che ormai sappiamo essere i quelli che più contribuiscono all’emissione di gas climalteranti.
Ma in realtà la cosa è ancora più grave. Gli Stati Uniti e il Canada già il 13 marzo hanno terminato le loro risorse rigenerabili. Cioè solo nel 2022 camperanno sulle spalle delle altre forme di vita e sulle spalle delle future generazioni per 293 giorni su 365 (oltre l’80% del tempo, americani e canadesi dovrebbero bere e mangiare solo un giorno ogni 5). Solo il Lussemburgo (14.2.22) e il Qatar (10.2.22) fanno peggio. Vi aspettereste che gli Stati Uniti siano i leader mondiali per gli interventi per tutelare l’ambiente, combattere il riscaldamento climatico e salvare le risorse naturali. Invece no, sono quelli che usano la fratturazione idraulica per estrarre gas e petrolio, la pratica più devastante per l’ambiente. Vabbè direte, sicuramente gli Stati Uniti staranno facendo di tutto per eliminare dalla loro economia il gas e il petrolio, principali responsabili delle emissioni di gas climalteranti e del riscaldamento climatico. Invece no, le timide azioni dell’agenzia Usa per la protezione ambientale sul taglio delle emissioni climalteranti sono state annullate dalla sentenza dei giudici della Corte suprema del 30 giugno 2022! Sei persone che decidono sulla sorte di miliardi di esseri umani e migliaia di miliardi di altre forme di vita, animali e vegetali. E il gas statunitense estratto con la fratturazione idraulica lo trasportano per tutti gli oceani mantenendolo a -161 gradi per settimane per poi rigassificarlo. Con quali costi ambientali lo potete immaginare.
Cosa può fare l’Italia?
In seguito della recente tragedia della Marmolada, qualcosa di più di un campanello di allarme, i media ci stanno dicendo che dobbiamo risparmiare acqua, ridurre i consumi energetici, magari usare meno l’automobile… tutte cose sacrosante. Ma nessuno sta facendo la battaglia più importante: quella di pretendere dai nostri governanti azioni veramente utili a contrastare il riscaldamento climatico con azioni di vera mitigazione e ad aiutare la popolazione. Utilizzando bene le risorse che ci sono invece di usarle, seguendo il demone del profitto, per aumentare i profitti di qualcuno a danno della maggioranza. Qualche esempio?
Da poco, dal decreto “bollette”, è stata eliminata la tassa del 25% che si poteva mettere sugli extra-profitti, 1 miliardo al mese, di Eni dovuti ai prezzi impazziti del gas e del petrolio. La politica avrebbe dovuto destinare questi extra-profitti a investimenti in energie rinnovabili e/o a contenere il disagio sociale. Oppure si potevano investire per riparare gli acquedotti che perdono il 40% di acqua. E qui si dovrebbe aprire un tema sulle risorse comuni: possibile che i privati che gestiscono l’acqua (nonostante i referendum del 2011) distribuiscano profitti ai loro azionisti e non li investano per riparare le perdite degli acquedotti che gestiscono? Usano un bene comune per fare profitti privati.
Ogni anno oltre 35 miliardi pubblici, stima Legambiente, vengono usati per finanziare fonti fossili in modo diretto o indiretto. Sono soldi che devono essere immediatamente tolti alle fonti fossili e investiti in energia rinnovabile. L’avessimo fatto 10 anni fa ora staremmo parlando di un mondo diverso. Più pulito, più verde, meno caldo e più bello.
Oltre 33 miliardi sono stati investiti per il bonus 110%. Sono serviti essenzialmente per lavori destinati a villette… se si fossero investiti per risanare e ottimizzare i consumi energetici degli edifici pubblici (partendo dalle case popolari ma volendo anche scuole ed uffici) si sarebbe ottenuto maggior vantaggio ambientale, maggiore giustizia sociale (aiuto alle famiglie più povere) e aumento del valore dei beni pubblici (e non dei beni privati). Magari si sarebbero anche realizzate Comunità energetiche rinnovabili e solidali che contribuiscono a contenere la povertà energetica e non emettono gas climalteranti per produrre energia. I 30 centesimi al litro di benzina di “sconto” sulle accise costano circa 800 milioni di euro al mese. Dieci miliardi in un anno. Trasferiti dalle risorse pubbliche. Non era meglio investire in politiche di risparmio energetico? Ad esempio per incentivare l’uso del trasporto pubblico? La riduzione dell’Iva sulle bollette gas e luce? Certo, è giusto calmierare i costi delle bollette… ma forse invece di trasferire anche in questo caso risorse pubbliche (l’Iva) si sarebbe potuto intervenire sulla definizione del Pun (Prezzo unico nazionale) dell’energia elettrica ora basato su un meccanismo che premia in modo assurdo le imprese che producono energia. Intanto, ciliegina sulla torta, aumentiamo le spese militari portandole al 2% del Pil. Scordando che le spese militari e le guerre hanno drammatiche e inaccettabili conseguenze sociali e ambientali.
Rammentiamo tutti questi problemi al ministro Cingolani, che ricordiamo viene da Leonardo-Finmeccanica la principale industria militare italiana. Ha fatto esattamente l’opposto di quello che era giusto fare. Ne tragga le conseguenze.
Conclusioni
Potremmo proseguire. Ma crediamo che gli esempi sono più che sufficienti per esprimere quello che volevamo dire. E ribadire che i media, la televisione in particolare, deve iniziare a dare un’informazione completa ed esaustiva, esplicitando le responsabilità di chi ci governa e le azioni che sarebbe giusto mettesse in campo il governo, e non solo lanciare appelli ai comportamenti individuali.
Le conclusioni che traiamo sono semplici. È ora di definire una politica ambientale e sociale che sposti completamente il focus dalle fonti fossili a quelle rinnovabili e dal demone del profitto alla riduzione delle diseguaglianze e alla giustizia sociale.
I nostri giovani di Fridays for future e di altri movimenti ambientali ci dicono che “non c’è giustizia sociale senza giustizia ambientale”. Ebbene non è solo uno slogan. È un obiettivo concreto che va perseguito.