Prologo. Succede che Federica Tourn, una bravissima giornalista (non a caso collaboratrice anche di Left), pubblica sul quotidiano Domani un’inchiesta su alcuni sconcertanti casi di pedofilia all’interno del Movimento dei focolarini. Casi documentati che restituiscono un’immagine molto diversa da quella luccicante proposta dalla Rai all’inizio dello scorso anno nella fiction in prima serata sulla figura di Chiara Lubich, la fondatrice di questa controversa comunità ecclesiale di laici cattolici.
Trama. «Nessuna ombra, neanche una nota dissonante» nella fiction della Rai, scrive Tourn. Eppure in quegli stessi giorni di gennaio 2021 la Gcps Consulting, incaricata dai vertici del movimento, cominciava a investigare sulle denunce di violenza sessuale «a carico di Jean-Michel Merlin, un membro con ruoli apicali in Francia e che, con 37 vittime accertate, verrà definito un “abusatore seriale di minori” che ha goduto della copertura del movimento». Merlin non è l’unico, prosegue l’articolo: «Pur avendo il mandato di occuparsi solo del caso specifico, la Gcps Consulting ha ricevuto in meno di un anno molte segnalazioni, tanto da evidenziare, si legge nel report, “situazioni di abuso sistematiche note ai responsabili fin dai primi tempi del movimento, ma che non sono state affrontate e che è probabile continuino tuttora”».
Ed è molto probabile anche che riguardino pure l’Italia. «Un ex focolarino – riporta Tourn – ha denunciato nel 2020 al cardinale Kevin Farrell, prefetto responsabile per le comunità ecclesiali, la presenza di un “predatore” pedofilo in un centro del movimento, che però non è stato rimosso o denunciato ma soltanto spostato, sempre a contatto con i minori». Come i lettori di Left sanno bene, la prassi di affrontare il crimine pedofilo in questo modo è una sorta di marchio di fabbrica all’interno della Chiesa cattolica. Pur di evitare lo scandalo pubblico si evita di denunciare il presunto violentatore di bambini alla magistratura e non si esita nemmeno un istante di fronte al rischio che il pedofilo faccia nuove vittime altrove, spostandolo da un luogo all’altro quando le “voci” sul suo conto non possono più essere controllate. Rischio probabilissimo poiché si tratta di un crimine seriale. Tuttavia l’apposita commissione interna dei focolarini minimizza. «Dal 2014 abbiamo ricevuto circa 40 segnalazioni in tutto il mondo, di cui 12 in Italia. La commissione ha accertato la verosimiglianza dei fatti segnalati in 6 casi».
Insomma stando alle testimonianze riportate da Tourn, il Movimento dei focolari (così come la Conferenza episcopale italiana, v. Left del 10 giugno 2022) preferisce lavare i panni sporchi in famiglia. Cosa che agli occhi di chi scrive, e non solo di chi scrive, equivale a non affrontare il “problema”, diversamente da quello che è accaduto nei Paesi in cui la Chiesa ha deciso di dare a una vera commissione indipendente l’incarico di indagare su «situazioni di abuso sistematiche note ai vertici» identiche a quelle che hanno riguardato il Movimento in Francia. E cosa comporta non affrontare alla radice un “problema” di questo tipo? Cosa comporta negare, minimizzare, tentare di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica? Le vittime lo sanno molto bene, e queste domande non sono rivolte a loro.
Le girerei infatti al professor Luigino Bruni, economista della Lumsa ed editorialista dell’Avvenire (nonché, mi dicono, adepto dei focolarini, ma se così non fosse rettificherei immediatamente), che ha avuto il “buon senso” (si fa per dire) di attaccare pubblicamente Federica Tourn, mettendone in dubbio la professionalità, rea – secondo Bruni (e il manipolo di persone che gli sono andate appresso nei commenti al suo post su Facebook) di aver ricostruito alcune vicende di pedofilia e pedopornografia “interne” al Movimento e di aver dato voce a una ex focolarina, Renata Patti, che di storie come queste ne ha denunciate diverse, inascoltata.
Ma il “peccato” più grave di Tourn, secondo Bruni – che accusa la giornalista di aver «calunniato il Movimento» – consiste nell’aver raccontato anche un’altra verità: «Continuano ad uscire articoli su giornali che dovrebbero essere seri che, nella sostanza, calunniano il movimento dei focolari con frasi del genere: “Immaginate di vivere in piccole comuni dove non ci sono giornali e tv, dove la visione dei film è purgata da ogni riferimento al sesso, dove ogni azione quotidiana viene monitorata ed è vietato leggere libri che non siano quelli della fondatrice, seguaci bambini che hanno annullato la propria personalità per riconoscersi totalmente in lei”». Il riferimento indiretto di Federica Tourn è soprattutto agli “schemetti” inventati da Chiara Lubich per controllare che la vita degli adepti corrispondesse a dettami prestabiliti.
Ricordate? Di questi schemetti (dategli un’occhiata qui) e di certe dinamiche interne al Movimento dei focolari ne abbiamo parlato su Left lo scorso 15 luglio con il magistrato Francesco dall’Olio e con lo psichiatra e psicoterapeuta Andrea Masini nel commentare una testimonianza di un uomo irlandese rimasto «prigioniero» per 20 anni di questo Movimento.
Ecco cosa ci avevano detto Dall’Olio e Masini: «Quello che penso avendo letto queste testimonianze e altre fonti aperte molto ben documentate, come il libro di Ferruccio Pinotti “La setta divina” – osserva Dall’Olio – è che in certi casi si potrebbero configurare due tipi di reato: la truffa o la circonvenzione di incapace. Il confine è molto labile. Nella circonvenzione di incapace va dimostrata la fragilità del soggetto che viene danneggiato ad esempio “convincendolo” a lavorare per anni devolvendo lo stipendio al movimento. La truffa si configura per es. laddove mi hai fatto credere di essere mandato da Dio approfittando della mia fede più o meno cieca e questo lo hai fatto per poterti impossessare dei miei beni etc. In entrambi i casi – prosegue Dall’Olio – siamo in presenza di un abuso psicologico». (Si legga a tal proposito la circostanziata testimonianza di Renata Patti nell’articolo di Federica Tourn, ndr)
Vale a dire? «Attraverso l’abuso psicologico si induce una persona a fare una cosa che è contro i suoi interessi e a favore dei propri. Si approfitta di una situazione di inferiorità psicologica di un’altra persona per ottenere un vantaggio personale. Per es. nel caso della truffa in gergo si dice che prima di farla ci vuole il soggetto. Prima di escogitare il meccanismo si va a cercare la persona che può “credere” a quello che gli viene raccontato. E questo è ciò che sembra essere il concetto fondante del Movimento dei Focolari». C’è chi la definisce una setta. «Nella differenza tra movimento e setta c’è ovviamente il discrimine tra lecito e illecito» dice Dall’Olio. «Un “movimento” è un gruppo che si rivolge all’esterno, pensiamo alle Sardine o agli stessi 5Stelle. In una setta, questo scambio non c’è e non c’è dialogo interno, non c’è dibattito, c’è un annientamento dell’individuo all’interno del gruppo e c’è un’organizzazione estremamente verticistica che detta le regole agli altri che stanno “sotto” e le eseguono. Il Movimento dei focolarini sembra tendere più verso questa direzione, anche perché ho il sospetto che oltre all’aspetto economico, che pure non deve essere del tutto indifferente, c’è quello della prassi di soggiogare, di mettere in soggezione chi vi aderisce».
E qui entriamo ancor più nello specifico delle dinamiche di carattere psicologico descritte nelle testimonianze. «Ricordo – dice lo psichiatra Masini – che il presidente Napolitano quando nel 2008 morì Chiara Lubich inviò un messaggio di cordoglio a tutto il Movimento dei focolarini, a testimonianza del livello di rispettabilità che questo pubblicamente si è ritagliato. Ma tutto ciò nasconde una realtà che è molto diversa. E questo “gioco” di sembrare un movimento e invece essere una setta fa molto pensare». Una setta. Come altro definire un “movimento” che ai suoi aderenti fa compilare dei questionari – da consegnare ai loro referenti – nei quali devono essere elencate pedissequamente tutte le attività, non solo spirituali, quotidiane? “Con chi sei uscito, come ti sei vestita, qual è il tuo stato di salute etc” sono alcune delle domande imposte agli adepti; si tratta di palesi violazioni della privacy perpetrate impunemente per anni e decenni. Stiamo parlando dei famigerati “schemetti” ideati da Chiara Lubich, che nel 2020 persino il Vaticano ha dichiarato “illegali” (ma solo perché si sovrappongono al sacramento della confessione, il che peraltro rende ancor più l’idea del livello di violazione dell’intimità altrui).
«Quello che colpisce delle testimonianze degli adepti, compresa quella di William – prosegue Masini – è il racconto preciso di un periodo di smarrimento personale, che è stato colto, intercettato, da quella comunità religiosa. Il movimento li ha “accolti” facendoli sentire parte di un gruppo, dando loro un’identità, un ruolo. C’è però da dire che si tratta di una finta identità. Un’identità falsa che non corrispondeva e non corrisponde nemmeno alla realtà di quello che professa la comunità. Io penso – aggiunge lo psichiatra – che in questo abbia sempre avuto buon gioco e che si tratti di una violenza psicologica potentissima».
Come ci si può “difendere”? «La psicoterapia è la strada maestra. Però va considerato anche che intorno alla vittima c’è il vuoto. Non ha più amici, né soldi. Di suo non c’è più nulla, si è spogliato di tutto. È tutto dentro il mondo da cui si vuole separare». Anche la casa in cui vive è dentro la comunità ed è della comunità. «Esattamente. Qui emerge il “progetto” feroce della religione, e di questo tipo di religione in particolare, tutto basato sul sottrarre alla persona, all’individuo, le sue capacità di vivere e di leggere il mondo. Quindi per “liberarsi” si tratta di riconquistare questa sicurezza. Dentro ciascun essere umano – conclude Masini – c’è tutto quello che serve per vivere bene nel mondo e non c’è bisogno di qualcosa che dall’alto ti sostenga o ti valorizzi o ti dia un’identità. Questo vale per tutte le religioni ma in casi come quelli riportati dalle testimonianze di ex focolarini assume dei connotati particolarmente violenti, ci tengo a ribadirlo. C’è il palese tentativo di dimostrare e far credere all’essere umano che senza una forza superiore, una guida dall’alto, non ce la può fare».
Epilogo. Esimio prof. Bruni, disse una volta uno che di inchieste giornalistiche se ne intendeva: «Il problema non è lo specchio ma chi ci sta davanti». Le risparmio il disturbo di cercare su google: la frase è di Enzo Biagi, “vittima” di un epuratore.