Accade nelle Marche, laboratorio politico della destra dove si aspetta con ansia di vedere Giorgia Meloni alla guida del Paese.
Sabato scorso Fabio (chiamiamolo così) è stato contattato dall’Asl. L’anno prima si era sottoposto a un test per l’Hiv (per sicurezza sua e del suo compagno) presso la struttura ospedaliera di Urbino e aveva compilato un questionario in forma anonima. Una gentile voce femminile al telefono gli propone il vaccino per il vaiolo delle scimmie spiegando che secondo i dati a loro disposizione la trasmissione sarebbe molto più facile tra uomo e uomo (è vero, ad oggi gli studi dicono questo).
Fabio risponde di avere una relazione stabile da una anno e quindi di non correre nessun rischio. La gentile voce femminile serafica risponde: «Eh, ma si sa voi come fate». Quel “voi”, ça va sans dire, sta a indicare gli omosessuali, tutti, indistintamente. Del resto per questa destra peggiore di sempre l’omosessualità rientra nelle “devianze” che vorrebbero estirpare, anche se non hanno il coraggio di confessarlo apertamente.
La Regione Marche lo scorso gennaio, dopo 2 anni di pandemia e in piena quarta ondata, non era ancora dotata di un sito regionale per la prenotazione di tamponi o di vaccini. Quando Fabio all’inizio dell’anno ha contratto il Covid è stato rimbalzato da un numero all’altro perché (dopo 2 anni di pandemia globale) perché nessuno sapeva dare i riferimenti per il tracciamento. Fabio è stato chiamato solo dopo un mese dalla sua guarigione.
La ricerca dell’untore invece è velocissima. Troppo appetitoso scovare i malati tra i froci. Il compagno di Fabio, chiamiamolo Alessio, mi dice: «Mi sembra di tornare agli anni 80 e la campagna per l’Hiv e i gay visti come untori».
Non sarà breve, non sarà agevole ma rischiano di riuscirci.
Buon venerdì.