«Dobbiamo avere il coraggio di dire dove abbiamo sbagliato e ricominciare a fare politiche di sinistra sul lavoro», dice a Left il segretario Pd. E sull'avversaria Meloni aggiunge: «Se comanda dentro il suo partito è perché non mette in discussione le regole del patriarcato»

«Il Jobs act è figlio di un’altra epoca, anche del Pd». Il segretario dem Enrico Letta non usa mezzi termini nell’esibire l’intenzione di “rottamare” l’era renziana delle riforme neoliberali del lavoro. Così come è netto nel giudicare l’alternanza scuola-lavoro, da «riformare radicalmente», e la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, «una sciagura». A pochi giorni dal voto che rischia di creare le condizioni per la nascita di un governo trainato dall’ultradestra, gli abbiamo chiesto di prendere posizione su alcuni dei temi che la nostra rivista ha maggiormente a cuore.

Pochi giorni fa, a Noventa di Piave, Giuliano De Seta è morto schiacciato da una lastra di metallo di un paio di tonnellate. Aveva 18 anni e stava partecipando ad un progetto di alternanza scuola-lavoro. Per Zingaretti questi progetti vanno «sospesi e rifondati», ma a metterli a regime è stato proprio il Pd di Renzi e nel vostro programma elettorale non vengono nominati. Cosa intendete fare su questo fronte?
Morire sul lavoro è sempre inaccettabile, ma quando succede a un ragazzo di 18 anni nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro lascia senza fiato. Da padre so che qualunque parola è inutile, è solo retorica. Non lo è un’azione decisa. L’alternanza scuola-lavoro, come gli stage, si è trasformata spesso in sfruttamento. I giovani dovevano entrare nelle aziende per imparare a lavorare, non per lavorare gratis, senza tutor e senza tutele. Noi vogliamo radicalmente riformare l’alternanza e abbiamo detto basta agli stage extracurriculari non retribuiti.

Come intendete migliorare, più in generale, i controlli sulla sicurezza sul lavoro?
Il pallino del ministro Orlando in questi anni è stata la sicurezza sul lavoro, che sappiamo essere una vera emergenza. Abbiamo aumentato l’organico dell’Ispettorato nazionale del lavoro: tra amministrativi e nuovi ispettori abbiamo assunto o previsto di assumere nel prossimo anno 2.100 persone. Abbiamo raddoppiato, in alcuni settori triplicato, i controlli. Ma soprattutto con il Rapporto 2021 dell’Ispettorato nazionale del lavoro abbiamo squarciato il velo. Basta alibi: non sono incidenti. Il lavoro più è precario, intermittente e instabile e più è insicuro, perché anche la sicurezza dipende dall’esperienza, oltre che dai protocolli. Anche per questo vogliamo superare il Jobs act e incentivare il lavoro a tempo indeterminato.

Rispetto al Jobs act, sulle nostre pagine Susanna Camusso ne ha invocato l’abolizione, mentre Cesare Damiano ha ricordato che il Pd deve riconquistare la fiducia dei lavoratori. Lei al Manifesto ha detto di voler di superare il Jobs act «sul modello di quanto fatto in Spagna contro il precariato». In che modo intendete procedere concretamente?
Innanzitutto, il Jobs act è stato già oggetto di revisione da parte della Corte costituzionale con sentenze in favore dei lavoratori, contro i licenziamenti. Ora si tratta di applicare le indicazioni della Corte stessa sull’Articolo 18 e andare avanti in una logica di forte sostegno al lavoro stabile, come hanno fatto in Spagna. Non c’è un motivo al mondo per non cambiare se non l’ossessione di Renzi e Maria Elena Boschi per i feticci della loro nouvelle vague a Palazzo Chigi. Bisogna voltare pagina, avere il coraggio di dire dove abbiamo sbagliato e ricominciare a fare politiche di sinistra sul lavoro, senza paura di entrare nei luoghi del conflitto. Noi vogliamo incentivare il contratto a tempo indeterminato attraverso un massiccio taglio ai contributi a carico del datore del lavoro. E comunque il lavoro stabile deve diventare più conveniente e quindi di nuovo centrale nel mondo del lavoro. Come si può anche solo progettare il proprio futuro se le prospettive di stabilità sono a tre o sei mesi? Come si può pensare di metter su casa o famiglia senza un minimo di protezione e sicurezza?

Invocare un voto per sbarrare la strada alle destre senza prima aver fatto di tutto per costruire una alleanza col M5s, che gli ultimi sondaggi pubblicabili davano in crescita, pare ai più una pretesa difficile da comprendere, date le poche chance di vincere divisi. Perché non vi siete battuti sino in fondo per un patto con Conte?
Guardi, cito solo tre misure e mi dica lei se sono di destra o di sinistra: salario minimo, ius scholae, stipendi più pesanti. Se Conte non avesse innescato la miccia che ha permesso alla destra di far cadere il governo Draghi, a quest’ora avremmo già quelle leggi, e non solo quelle, ma anche la riforma del catasto e del fisco, quella sul consenso per cui se una donna dice “no” è “no”, la legge sulle molestie nei luoghi di lavoro. E le lavoratrici e i lavoratori avrebbero stipendi e salari più pesanti con cui fronteggiare l’inflazione, subito. Conte ha fatto tutto da solo e lo ha fatto per interessi personali, per racimolare consenso, come si vede anche dalla campagna elettorale tutta contro di noi. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, il Pd ha cercato di allargare il campo del centrosinistra, fino all’ultimo, non ho rimpianti.

Il tema principale dell’agenda politica dei prossimi mesi sarà l’inflazione. In attesa di un tetto europeo ai prezzi dell’energia, in Spagna e in Portogallo hanno già pensato ad un tetto nazionale. Perché in Italia non è stato fatto?
Noi lo abbiamo proposto. Così come abbiamo proposto prezzi calmierati per dodici mesi, la bolletta luce sociale per le piccole e medie imprese e per le famiglie a basso reddito, il raddoppio del credito di imposta per non far chiudere le aziende. Per affrontare l’inflazione ci vogliono redditi più alti, noi vogliamo un taglio del cuneo fiscale radicale con una mensilità in più all’anno, anche per i pensionati.

Per quanto riguarda l’immigrazione, nel vostro programma dite di voler “abolire la Bossi-Fini”. E per quanto riguarda i migranti intrappolati in Libia, esseri umani innocenti trattenuti in condizioni disumane nei vari lager del Paese?
La legge Bossi-Fini è una sciagura all’origine di molti dei problemi legati all’immigrazione. Vogliamo abrogarla e vogliamo una legge sull’immigrazione che preveda corridoi umanitari e flussi per l’ingresso delle persone migranti con un regolare permesso di lavoro. Ricordo a tutti che è stato il Pd a condurre un’aspra battaglia perché i decreti Sicurezza voluti da Salvini, approvati dal governo gialloverde, venissero finalmente abrogati. Ci siamo riusciti definitivamente il 18 dicembre 2020, con l’approvazione della legge che, tra l’altro, ha reintrodotto il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Sappiamo bene cosa accade nei lager libici, per noi ogni collaborazione con la Libia passa per il rispetto dei diritti umani. Lo abbiamo provato chiedendo al governo Draghi con un emendamento di rivedere i rapporti dell’Italia con la Guardia costiera libica. Ciò non è avvenuto, non abbiamo votato il rifinanziamento. Della Libia ci dobbiamo occupare tutti, l’Onu in primis.

Nel suo discorso da primo ministro al Parlamento nel 2013 aveva subito parlato della necessità di una “convenzione” per la riforma della Costituzione. Oggi invece dice che se il centrosinistra andrà al governo non stravolgerà la Carta e che occorre fare di tutto per fermare ogni possibile sua manomissione da parte di Meloni. Perché gli elettori dovrebbero fidarsi della vostra promessa?
Perché abbiamo di fronte la peggiore destra retrograda e oscurantista di sempre e noi siamo gli unici che possiamo fermarla e facciamo sul serio. Altro che riforme condivise, Meloni, Salvini e Berlusconi vogliono stravolgere la Costituzione a colpi di maggioranza. Fratelli d’Italia vuole il presidenzialismo perché vuole la donna forte al comando, che non è diversa dall’uomo solo al comando. È un pericolo che l’Italia non può correre.

Le parole d’ordine delle destre sulla libertà e i diritti delle donne fanno paura. Crede che con Meloni al governo il diritto all’aborto sia a rischio?
È già così. Nelle regioni governate da Fratelli d’Italia, come le Marche, è diventato già più difficile ricorrere a un’interruzione volontaria di gravidanza, mentre la pillola abortiva autorizzata dal ministero della Salute è di fatto vietata. Il diritto a non abortire di cui parla Meloni è già garantito dalla legge 194 che garantisce una gravidanza consapevole e sicura. L’aborto è sempre una scelta difficile, colpevolizzare le donne è disumano. La verità è che Giorgia Meloni comanda dentro il suo partito perché non mette in discussione le regole del patriarcato. Si comporterebbe allo stesso modo anche da premier. Dio, patria e famiglia significa donne a casa a fare figli, con meno diritti. Credo che sia abbastanza. Votare Pd serve a non riportare indietro l’Italia al dopoguerra.