Giorgia Meloni è la prima presidente donna del Consiglio in Italia. Fatto storico, va indubbiamente riconosciuto. Ma basta?
Anche Margaret Thatcher era una donna e sappiamo quali e quanti danni abbia prodotto imponendo una visione neoliberista, distruttiva sul piano sociale e quanto mai fallimentare, come dimostra ancora oggi il caso di Liz Truss: la premier inglese che si è dovuta dimettere a tempo record dopo aver emulato quella stessa lezione ultra liberista che ha mandato il Paese in default.
Una lezione che la neo presidente del Consiglio Giorgia Meloni dovrebbe leggere attentamente, mentre vara un governo ultra conservatore, sovranista, ultra cattolico, autocratico, come ben si evince anche dalla denominazione dei ministeri. Le parole hanno un peso. E non sono un caso i nomi scelti, oltre alle personalità a cui sono affidati.
Qualche esempio? Imprese e made in Italy, al fedelissimo Adolfo Urso che viene dal Copasir; agricoltura e sovranità alimentare affidato al cognato di Meloni, Francesco Lollobrigida ; istruzione e merito affidato a Giuseppe Valditara, già relatore della famigerata e contestata riforma Gelmini, nonché autore di libri emblematici come Sovranismo, una speranza per la democrazia e Impero romano distrutto dagli immigrati .
E che dire poi del ministero della sicurezza energetica, che cancella ogni della transizione ecologica (che del resto già il primo ministro Draghi aveva affossato con il ministro Cingolani); delle politiche del mare e del sud, dello sport e dei giovani ( che ricordano nomi antichi di tempi di regime).
Che dire di Meloni che nomina come vice presidenti Salvini e Tajani assegnando loro anche ministeri di importanza primaria come le infrastrutture e gli esteri, che blinda l’economia affidata a leghista Giorgetti e, soprattutto affida un ministero strategico come la Difesa al suo fedelissimo Crosetto, co fondatore di Fratelli d’Italia, benché fino a ieri lobbista della vendita di armi. Che dire della prima premier donna in Italia che spiana i diritti delle donne nominando l’ex portavoce del family day Eugenia Maria Roccella a ministra alla famiglia della natalità e delle pari opportunità (che non esiste più come ministero autonomo). Ex radicale, ex femminsta, da anni Roccella porta avanti la sua battaglia contro l’interruzione di gravidanza per via farmacologica, che lei stigmatizza come “aborto chimico”, come se non fosse meglio per le donne non dover interrompere una gravidanza per via chirurgica. E al fondo sostenendo, d’accordo con il papa, che l’aborto sia un omicidio, contro ogni evidenza scientifica e di legge.
Oggi mi hanno chiesto se come donna di sinistra apprezzassi l’elezione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio. Augurandole buon lavoro, a lei e ancor più all’opposizione (che purtroppo non vedo così coesa e decisa) ho risposto schiettamente che non ci serve una donna sola al comando, non ci basta che rompa “il tetto di cristallo” se quella stessa leader poi affossa i diritti delle donne e i diritti democratici. Una donna a capo del governo? Importante certamente ma dipende dal pensiero politico che esprime. Se è contro i diritti, se è contro la costituzione antifascista, se con Eugenia Roccella punta a limitare l’accesso alla pillola Ru486 e a colpevolizzare in maniera inaccettabile e antiscientifica le donne che decidono di abortire, è un decisamente controproducente. E’ un falso movimento se nomina come suo sottosegretario Alfredo Mantovano sostenitore del più retrivo modello maschile e patriarcale che impone Dio, patria e famiglia e contro le battaglie per un fine vita dignitoso. Così Giorgia Meloni e il suo governo provocano una regressione culturale e politica che porta l’Italia indietro di 50 anni.