Nel Brasile di oggi accade che nella residenza di Roberto Jefferson, ex deputato ed ex presidente del Ptb (laburisti), agli arresti domiciliari con l’accusa di appartenere ad una guerriglia digitale ideata per attaccare membri delle istituzioni pubbliche, diffondere fake news, screditare il processo elettorale e promuovere atti violenti contro magistrati, oppositori politici e omosessuali, gli agenti federali abbiano trovato un grande arsenale di armi e munizioni di svariati calibri, durante la perquisizione eseguita il 24 ottobre scorso.
«Dio, patria, famiglia, vita e libertà, libertà, libertà» sbraitava Jefferson, mentre, tra uno sparo ed altro, postava sui suoi canali social video in diretta dell’attacco agli agenti.
Resistendo all’arresto ben otto ore, il più fedele alleato di Bolsonaro ne ha approfittato per lanciare tre granate e sparando sessanta colpi di fucile contro i quattro agenti federali, arrivati presso la sua abitazione per ricondurlo in prigione, su mandato del giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes. Il moto intonato da Jefferson è lo stesso inserito da Bolsonaro nel programma del suo partito, il Partido liberal, fondato dall’estremista di Destra Enéas Carneiro (1938-2007), inizialmente sotto l’acronimo Prona (Partito per il ristabilimento dell’ordine nazionale). Oltre alla costruzione di una bomba atomica tutta brasiliana «non per scagliarsi contro qualcuno, ma per essere rispettati», così da poter «dialogare alla pari con le potenze militari mondiali», Carneiro predicava una «crociata morale contro l’aborto e l’omosessualità».
L’ex deputato Roberto Jefferson ha accettato di consegnarsi alla polizia soltanto dopo la visita del prete ortodosso Kelmon Luís da Silva Souza, candidato schierato dal Ptb per concorrere alla presidenza della Repubblica. Nato nello Stato di Bahia, il prete è entrato a far parte del corpo ecclesiastico della Chiesa ortodossa del Perù, che risponde al patriarca siro-ortodosso di Antiochia, Mar Ignazio Aphrem II, un anno prima di candidarsi come Presidente della Repubblica. Secondo il comunicato pubblicato dall’istituzione religiosa peruviana, Kelmon verrà consacrato vescovo a novembre e avrà come “missione” la diffusione della tradizione canonica siro-ortodossa in Brasile.
Questo incarico si andrà a sommare alla presidenza dei movimenti di Estrema destra da lui fondati: il Movimento Cristão Conservador e il Movimento Cristão Conservador Latino-Americano (Meccla). Già noto all’interno dei gruppi conservatori per gli attacchi violenti rivolti alla Sinistra, subito dopo la sconfitta elettorale del 2 ottobre, in cui ha ottenuto meno dell’1% dei voti validi, il sacerdote dichiarò il suo appoggio a Bolsonaro, iniziando ad accompagnarlo nei suoi comizi. Kelmon Luís da Silva Souza, tuttavia, è l’ultimo arrivato della lunga coda di sacerdoti che esortano ad armarsi e associarsi a Bolsonaro nella lotta contro il comunismo e la Sinistra.
Oltre all’intero Ordine cattolico apostolico romano Araldi del Vangelo, in prima fila, in qualità di influencer digitali di Estrema destra, vi sono il padre salesiano e professore Paulo Ricardo de Azevedo Júnior, uscito dai banchi dell’Università Gregoriana per predicare contro il pacifismo, attaccare le università e le scuole pubbliche brasiliane, accusandole di diffondere il gramscismo e il marxismo e difendere la politica di liberalizzazione delle armi di Bolsonaro; a seguire, padre José Eduardo de Oliveira e Silva, parroco di Osasco e dottore in Teologia Morale, presso l’Università della Santa Croce di Roma, figura nota per la sua misoginia, omofobia e dichiarazioni polemiche contro l’“ideologia gender”.
L’odio disseminato via social contro la filosofa statunitense Judith Butler, da parte del suddetto sacerdote e delle associazioni che a lui fanno fede, provocarono il cancellamento delle conferenze della studiosa in Brasile, nel novembre 2017. Non contento, Padre Oliveira e Silva festeggiò, via Twitter, le aggressioni e offese subite dalla filosofa, all’interno dell’aeroporto di Congonhas, poco prima del suo rientro in patria, azione orchestrata e registrata da attivisti antiabortisti, per denigrare il lavoro di Butler; una figura non meno importante per incitazione alla violenza e attivismo via social a favore di Bolsonaro, è padre Marcelo Tenório de Almeida, parroco, cappellano e direttore di un santuario nella città di Campo Grande, Mato Grosso do Sul.
Abituato ad augurare la morte a chi non è d’accordo con i suoi post violenti sui social, difendendo Bolsonaro e la libera circolazione delle armi, padre Tenório de Almeida non è altri che il vice-postulatore della causa di beatificazione dell’adolescente torinese Carlo Acutis, morto a Monza nel 2016, all’età di quindici anni, a seguito di una leucemia fulminante e ricordato dall’attuale presidente della Camera dei Deputati italiana, Lorenzo Fontana, nel suo discorso di insediamento.
La beatificazione è avvenuta nel 2020, dopo una serie di presunti miracoli osservati per la maggior parte in Brasile. A dare la spinta al processo di canonizzazione del ragazzo, dipinto dalla stampa vaticana come “influencer di Dio”, “patrono di Internet”, “modello giovanile di fede cristiana”, “santo della playstation”, “cyber-apostolo dell’eucaristica” e “primo millennial sulla via della santificazione” fu un presunto miracolo avvenuto nell’ottobre 2013, proprio nella parrocchia del prete di estrema destra ed “auguratore di morte”, Tenório de Almeida.
Dopo aver toccato una reliquia di Acutis, portata in Brasile dal prete, un bambino che soffriva di una grave anomalia al pancreas sarebbe risultato completamente guarito dalla sua malattia. Il giudice e presidente del Tribunale locale ecclesiastico, che valutò il presunto miracolo, fu il frate Moacyr Malaquias Júnior, estremista di Destra, che utilizza i canali sociali per diffondere video di sacerdoti pro Bolsonaro appartenenti a svariate Ordini, attacchi al movimento femminista e Lgbt+, oltre a filmati in cui bambini declamano versi diffamatori contro l’ex presidente Lula e invitano a votare Bolsonaro al ballottaggio del 30 ottobre.
Nell’immagine, padre Tenório de Almeida in un frame di un video pubblicato su Facebook. «Dovete morire» è scritto sul biglietto