La direttiva emanata dal ministro dell'Interno sul divieto d'ingresso nelle acque territoriali a due navi di Ong è stata subito sventolata dalla maggioranza di governo per agitare la favola dei "porti chiusi". Una direttiva che nei fatti è carta straccia

Sulla Ocean Viking di Sos Mediterranée, al largo di Malta, ci sono 234 persone. «Senza un posto sicuro, la salute dei sopravvissuti rischia di deteriorarsi», afferma la responsabile dell’équipe medica. Tra loro oltre 40 minori non accompagnati e diversi riportano segni evidenti di torture e violenze subite in Libia. «Nel primo tentativo di fuga dalla Libia la nostra barca si è rovesciata, 9 persone sono morte. Nostra figlia si sveglia ancora di notte, spaventata. Cerchiamo di aiutarla a dimenticare», raccontano Bassem e Hana, soccorsi con la loro figlia di 4 anni. La Geo Barents di Medici senza frontiere, che si trova a sud-est della Sicilia, ha a bordo 572 persone, compresi 66 minori. Sono 179 invece, dopo l’ultima evacuazione medica, sulla Humanity 1, al largo delle coste catanesi. Tra loro c’è un bimbo di appena 7 mesi. Decine di minori non accompagnati «soffrono particolarmente dello stress psicologico». L’hotspot di Lampedusa, ancora una volta, rischia il collasso: sono 1.221 gli ospiti del centro, che ne potrebbe contenere un massimo di 350.

Il ministro dell’Interno Piantedosi – ex capo di gabinetto di Matteo Salvini – si è affrettato a prospettare il divieto d’ingresso a due navi di organizzazioni non governative, Ocean Viking e Humanity 1, con una direttiva che ovviamente è stata subito sventolata dalla maggioranza di governo per agitare la favola dei “porti chiusi”. Una direttiva che nei fatti è carta straccia. Lo spiega perfettamente la giurista Vitalba Azzolini su Domani: «Per motivare la propria direttiva, Piantedosi ha detto di voler “riaffermare un principio: la responsabilità degli Stati di bandiera di una nave” che – a detta del ministro – sarebbe stato riconosciuto nel “famoso caso Hirsi”. Il richiamo a questo caso lascia perplessi. È vero che nella sentenza Hirsi (febbraio 2012) la Corte europea dei diritti umani aveva rilevato la responsabilità dello Stato di bandiera, l’Italia. Ma ciò in quanto, nel maggio 2009, il governo italiano si era reso autore di un respingimento illegittimo di un considerevole numero di profughi, in violazione del principio di non refolulement (Convenzione di Ginevra), dando l’ordine di trasportarli in Libia, ove la loro incolumità era messa a rischio, anziché in un porto sicuro- Dunque, la Corte non ha affermato il principio per cui lo Stato di bandiera della nave di soccorso è responsabile di fornire accoglienza e altro, come sembra affermare Piantedosi. Né la Corte avrebbe potuto farlo, ai sensi delle citate convenzioni internazionali, che ripartiscono le competenze tra gli stati: quello di bandiera deve esigere che il comandante di una nave “presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita quanto più velocemente possibile” (convenzione Unclos), mentre per il resto interviene lo Stato nella cui zona Sar è avvenuto l’evento critico».

Il gioco è fin troppo facile da indovinare: le Ong come colpevoli di un problema che non sanno (e non vogliono) risolvere. Ad oggi le Ong salvano all’incirca il 14% di tutti i migranti, la grande maggioranza arriva autonomamente e grazie alle operazioni di soccorso delle autorità italiane. Qualche giorno fa abbiamo visto il video girato a Tripoli Janzur, zona Syed. in cui un etiope di 17 anni viene torturato dalle milizie con scosse elettriche mentre altri gli puntano una pistola in testa chiedendo 10.000 dollari di valuta americana. «Ogni giorno, centinaia di persone vengono torturate per ottenere un riscatto perché siamo visti come una facile fonte di reddito», raccontano i migranti. Da due anni abbiamo in Italia sentenze che raccontano di come le prigioni finanziate anche dall’Italia siano luoghi di tortura, quando il gup di Messina ha condannato a 20 anni di carcere ciascuno Mohamed Condè, detto Suarez, 22 anni della Guinea, e con lui gli egiziani Ahmed Hameda, 26 anni, e Mahmoud Ashuia, 24. Come raccontò Nello Scavo: «Mohamed Condè si occupava di imprigionare i migranti, di torturarli e di ottenere i riscatti, richiesti ai familiari a cui venivano mostrate le orribili sessioni di tortura. Hameda svolgeva il ruolo di carceriere, torturatore e all’occorrenza cuoco per i prigionieri; Ashuia se lo ricordano perché quand’era di turno nella camera delle torture picchiava brutalmente anche utilizzando un fucile».

Il memorandum Italia-Libia rimarrà intatto. Mentre il governo libico premia con un encomio Abdurahman al-Milad, detto Bija, accusato dalla Nazioni Unite di traffico di esseri umani, crimini contro i diritti umani, contrabbando di petrolio e armi. Siamo tornati alla solita vigliaccheria (bipartisan) aggiungendoci la prevedibile propaganda. Non si trovano nemmeno più le parole per raccontarla.

Buon mercoledì.

Nella foto: il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a Porta a porta, 27 ottobre 2022
Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.