Due modi di intendere la pace e la guerra: a proposito dell’appello di Flores D’Arcais ed altri apparso su Micromega relativo alla manifestazione di “Europe for Peace. Tutti a Roma il 5 novembre“.
Cessate il fuoco e immediata conferenza internazionale di pace sono gli obiettivi per i quali Europe for peace ha indetto la manifestazione del 5 novembre. Flores D’Arcais e altri invitano a parteciparvi sulla base di una indicazione, implicitamente denigratoria di quegli stessi obiettivi, secondo la quale «pace vuol dire il ritiro dell’aggressore entro i suoi confini, ogni altra soluzione sarebbe un premio a chi la pace l’ha violata», dato che «quando una dittatura imperialista invade con il suo esercito una democrazia, e i cittadini di quest’ultima resistono eroicamente malgrado la schiacciante inferiorità bellica, la risposta, per ogni democratico, è adamantina».
Le differenze tra le due posizioni sono reali e profonde: quella di Flores D’Arcais segnata da manicheismo impolitico, bene contro male, di cui è facile mostrare la fragilità; quella di Europe for Peace che mentre condanna senza riserve la Russia guarda anche a cause e conseguenze della guerra, agli obiettivi da raggiungere con una conferenza internazionale di pace. Chi lo ha detto che l’Ucraina, la sua popolazione e i suoi confini si possono difendere solo con la guerra e non all’opposto tramite la mediazione internazionale che come primo obiettivo deve proporsi di garantire la sua integrità territoriale? Aiutando la popolazione sanzionando la Russia, puntando tuttavia ad affrontare contestualmente i problemi da cui la stessa guerra è stata originata: mancato rispetto degli accordi di Minsk, allargamento Nato, diritti minoranze russofone, referendum sotto controllo Onu, mancata ripresa dei trattati di non proliferazione nucleare e di sicurezza per tutti, aumento esponenziale spese militari a scapito di ambiente, fame, uguaglianza.
Come dice Bernie Sanders, con lo stesso realismo di Europe for Peace, «non abbiamo visto sanzioni contro gli americani quando hanno distrutto l’Iraq. Anche se la Russia non fosse stata governata da un oligarca corrotto e da un leader autoritario come Putin, Mosca continuerebbe ad avere interessi nella security policy dei propri vicini» (intervento al Congresso Usa, febbraio 2022). La scelta di inviare armi all’Ucraina è sbagliata – anche senza scomodare la Costituzione – per due semplici ragioni. La prima: bastano e avanzano quelle fornite all’esercito ucraino in enormi quantità da 10 anni a questa parte da Stati Uniti e Nato (senza consultare né Onu né Ue); la seconda: il contributo in armi dell’Europa ci rende patetiche comparse in un dramma governato politicamente e militarmente da altri (Usa e Nato) che impediscono in via di principio un ruolo politico autonomo dell’Europa stessa e dell’Onu nella ricerca di una soluzione pacifica. Impossibile non vedere che sono gli Stati Uniti a decidere se e quando fermare la guerra: non solo per tutelare il giusto diritto di quel Paese alla propria sovranità ma agli ulteriori scopi di riscrivere la geopolitica globale, favorire un riarmo generalizzato e rendere sempre meno evitabile la prossima guerra contro la Cina. Questo non giustifica in alcun modo la Russia ma spiega di che cosa stiamo parlando. Impossibile non vedere ma i firmatari dell’appello ci riescono. Come scrisse Musil parlando della crisi europea agli inizi del 900 “abbiamo visto molto ma di nulla ci siamo accorti”.
E a proposito di bene e male ricordo a Flores alcune vicende che illustrano l’indifendibilità delle posture manichee che mai aiutano ad essere obiettivi. Gli esempi sono tanti: ecco il primo. Il 26 febbraio 1991 in Kuwait l’aviazione Usa compì una strage di civili, nel tristemente celebre attacco all’Autostrada 80, passata alla storia come “Autostrada della morte”. Nello stesso giorno in cui questo accadeva Flores D’Arcais presentò alla direzione del Pds un ordine del giorno di sostegno incondizionato a quella guerra e mai disse, che io sappia, una sola parola contro la strage e i suoi responsabili. Né nessuno fu mai chiamato a risponderne.
Ma c’è anche una seconda motivazione. La manifesta illegittimità della guerra alla Serbia da parte di Nato e Stati Uniti – secondo la Carta delle Nazioni unite – è nota al mondo e non c’è bisogno sul punto di aggiunger parola. Anche in quel caso c’era un aggressore e un aggredito ma Flores D’Arcais sostenne l’aggressore argomentando che i crimini di Milosevic lo esigevano (si veda il suo articolo su Micromega, n.2/1999) incurante del fatto che si distruggeva così l’autorità dell’Onu e la legalità internazionale.
Infine una terza argomentazione: era il 17 gennaio 1991, e nei 43 giorni successivi durante la guerra del Golfo l’aviazione Usa e alleata (tra cui gli italiani) sganciò in Iraq 250 mila bombe comprese quelle a grappolo che causarono 100 mila morti militari e altrettanti civili, e moltissimi altri civili e bambini morirono poi causa un regime sanzionatorio applicato anche all’importazione di beni primari e farmaci. E si potrebbe continuare sui crimini nella Palestina occupata illegalmente, su quelli degli Stati Uniti svelati da Julian Assange, fondatore di Wikileaks, perseguitato dai responsabili di quei medesimi crimini e dal democratico imperialismo che ne è all’origine.
La morale che si può trarre da tutto questo si trova in Danilo Zolo e nel suo Chi dice umanità (Einaudi, 2000) dove si mostra come i problemi della convivenza nel mondo determinati dai conflitti per l’uso delle risorse vengono in genere resi irrisolvibili dagli eserciti dei “paladini del bene”. Così di guerra in guerra in una escalation senza fine, svuotando granai e riempiendo arsenali le ricchezze del mondo si sono concentrate nelle mani di pochissimi, 250 milioni di bambini vivono in zone letali di guerra, pandemie mancanza di cibo e di vaccini, distruzioni ambientali fanno il resto. Questo giustifica i crimini di Putin? No e ancora no. Ma nemmeno giustifica le amnesie, la cecità e un manicheismo che alimenta tutti gli imperialismi, non solo quello russo. E che rende impossibile giungere ad un cessate il fuoco, al superamento della nuova guerra fredda in cui gli imperialismi ci hanno cacciato, alla costruzione di una mediazione. I peggiori nemici dell’Ucraina e della pace sapete quindi dove trovarli.
La manifestazione del 5 novembre e la conferenza internazionale che viene chiesta rappresentano una svolta nella coscienza europea che nessun manicheismo riuscirà a fermare. Si vuole infatti non solo salvare vite, ripristinare la sovranità dell’Ucraina ma avviare anche la costruzione di nuove regole per la convivenza nel mondo basate su giustizia e uguaglianza , che tutti nessuno escluso siano tenuti a rispettare.
L’autore: Mauro Sentimenti, avvocato, è rappresentante del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
Nella foto: manifestazione per la pace, Roma, 5 marzo 2022