La trentennale questione dell’uso bellico dell’uranio impoverito, che per diversi aspetti investe anche l’Unione europea, verrà finalmente portata all’attenzione del Parlamento europeo. Lo ha deciso il Partito della Sinistra europea (The Left) che ha chiuso l’11 dicembre 2022 il suo congresso a Vienna.
«I crimini di guerra non vanno in prescrizione», si legge nelle conclusioni della mozione presentata al congresso dal Partito della rifondazione comunista e approvata dal 90% dei delegati e delle delegate dei partiti rossoverdi europei. «Il Partito della sinistra europea si impegna a portare la questione delle vittime civili e militari dell’uranio impoverito all’attenzione del Parlamento europeo e ad individuare un percorso che possa impegnare il Parlamento sulla strada della verità e della giustizia per tutte le vittime e per la messa al bando di queste armi dentro e fuori il perimetro dell’Unione europea…».
Il consenso quasi unanime ottenuto da questa mozione lascia ben sperare sull’impegno che le delegazioni di europarlamentari metteranno in campo nel prossimo futuro. Un percorso che sarà supportato concretamente anche dall’Italia con la giurisprudenza prodotta in vent’anni di battaglie legali e dalle conclusioni inequivocabili della IV Commissione d’inchiesta parlamentare sull’uranio impoverito il cui presidente, l’ex senatore Gian Piero Scanu, aveva già inviato a suo tempo alla presidenza del Parlamento europeo.
Nel nostro Paese ci sono almeno 8mila veterani gravemente ammalati per l’esposizione a vari metalli pesanti come l’uranio impoverito mentre circa 400 sono morti. Tutti tornati dai teatri di guerra dove i bombardamenti effettuati dalla Nato hanno causato una “pandemia tumorale” che continua a mietere migliaia di vittime sia civili che militari. Oppure rientrati dal servizio presso poligoni dell’Alleanza come Capo Teulada o Quirra in Sardegna.
Su questa perdurante strage, che si configura come un crimine di guerra, la presidente del Consiglio europeo Ursula von der Leyden non chiederà l’istituzione di un Tribunale penale internazionale nonostante la Nato abbia utilizzato oltre 300 tonnellate di munizionamento all’uranio impoverito nelle sue guerre illegali e nei poligoni anche italiani. Le istituzioni italiane, militari e non, hanno sempre negato la correlazione causale tra l’esposizione al metallo pesante e l’insorgenza di gravi patologie tumorali tra i soldati. Questa negazione di verità e giustizia vale anche, implicitamente, per le migliaia di civili che continuano a vivere, ammalarsi e morire nei territori contaminati dai bombardamenti.
Ma i tribunali italiani dicono il contrario così come l’associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito (Anvui) che in una lettera aperta pubblicata recentemente hanno chiesto al ministro della difesa Guido Crosetto quando e come intenda farsi carico della questione. Sono infatti oltre trecento le cause risarcitorie vinte dalle vittime dell’uranio impoverito contro il ministero della Difesa che, oltre a mantenere alto il muro di gomma, continua a spendere ingenti risorse pubbliche per tentare di dimostrare la propria irricevibile “estraneità ai fatti”, cioè aver mandato allo sbaraglio il proprio stesso personale.
Tra i ricorsi persi e gli interessi maturati dalle vittime per i ritardi ingiustificati nel pagamento dei risarcimenti il danno all’erario è enorme.
L’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale rappresentante delle vittime, in vent’anni di battaglie per la verità e la giustizia è riuscito a costruire una giurisprudenza che ha stabilito il nesso causale tra l’esposizione al metallo pesante e l’insorgenza di gravi patologie tumorali mentre il ministero della Difesa è arrivato a perdere persino presso i massimi livelli della giustizia italiana.
Significativa è la sentenza emessa dalla seconda sezione del Consiglio di Stato pubblicata il 9 agosto 2021 dove i giudici della Corte respingono l’appello del ministero verso una precedente sfavorevole sentenza del Tar e lo condannano a riconoscere ad un caporal maggiore dell’esercito i benefici previsti per le vittime del dovere. L’ex militare aveva infatti contratto il linfoma di Hodgkin dopo avere effettuato, in Italia, operazioni di pulizia e manutenzione di mezzi militari rientrati dai teatri operativi nei Balcani. In questa sentenza non solo viene ribadito il nesso causale ma viene pure riconosciuto il fatto che le nano polveri del metallo pesante possono “viaggiare” negli interstizi dei mezzi militari da un Paese all’altro. In Italia la strage da uranio impoverito provocata dalla Nato è già stata definita “di Stato”. Il ministero della Difesa non può negare verità e giustizia per le vittime come è avvenuto per altre “stragi di Stato” in questo Paese. In questo caso mandanti, esecutori ed insabbiatori, hanno agito alla luce del sole ed hanno nomi e cognomi.
Nella foto: Munizioni con depleted uranium (da Wikipedia) e il Parlamento europeo con Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Strasburgo, 9 marzo 2022