Intervista alla cantautrice che stasera alle 21 sale sul palco del teatro fiorentino per l’anteprima nazionale di "She, elle, lei – voci di acqua e di terra, suoni di mare e di sabbia". Con lei Almar’à e l’Orchestra di Piazza Vittorio

Un evento dedicato all’universo femminile multiculturale è il concerto che si tiene in anteprima nazionale al Teatro Puccini di Firenze, oggi, giovedì 29 dicembre, alle ore 21. Saliranno sul palco, insieme alla cantautrice Ginevra Di Marco, Almar’à, – l’orchestra delle donne arabe e del Mediterraneo-, la cantautrice Ginevra Di Marco e l’Orchestra di Piazza Vittorio, per uno spettacolo dal titolo She, elle, lei – voci di acqua e di terra, suoni di mare e di sabbia. Ideatore del progetto è il Centro di produzione musicale Toscana Produzione musica (ente che ospita produzioni in molti luoghi dello spettacolo della Toscana e riconosciuto dal Ministero della Cultura per il 2022-2024).

Sarà una grande festa della musica e delle esperienze condivise, che vedrà protagonisti i musiciste e musicisti provenienti da diversi Paesi: Ginevra Di Marco (Italia), Yasemin
Sannino (Turchia), Nadia Emam (Italia/Egitto), Hana Hachana (Tunisia), Houcine Ataa (Tunisia), Carlos Paz (Ecuador), Ziad Trabelsi (Italia/Tunisia), Derya Davulcu (Turchia), Peppe D’Argenzio (Italia), Sana Ben Hamza (Tunisia), Valentina Bellanova (Italia), Silvia La Rocca (Italia/Eritrea), Raul Scebba (Argentina), Emanuele Bultrini (Italia), Pino Pecorelli (Italia). Per i nostri lettori abbiamo incontrato Ginevra Di Marco poco prima dell’inizio, a Roma, delle due giornate di prove intensive in vista del concerto di anteprima di Firenze. Ginevra Di Marco è reduce da un anno dedicato ai lavori per il centenario della nascita di Margherita Hack e ricorda la lunga collaborazione con la astrofisica, condivisa
con i suoi colleghi musicisti Francesco Magnelli e Andrea Salvadori, per la creazione di uno
spettacolo teatrale dal titolo L’anima della Terra vista dalle stelle. «È stata una storia molto
importante di amicizia e di insegnamento per me» racconta. «Il rapporto con lei ha cambiato molto il nostro modo di stare sul palco, il senso che si dà a quello che si fa. Ce ne siamo resi conto ripercorrendo le tappe di questo rapporto in occasione del centenario».

Ginevra, qual è stata la tua reazione alla proposta di Toscana Produzioni musica?
Il lavoro è cominciato a dicembre, abbiamo un po’ messo insieme e mescolato i nostri repertori scegliendo canzoni che sono di tutti e tre i nuclei:, oltre me, l’Orchestra di Piazza Vittorio e Almar’à. Ho accolto la notizia con grande entusiasmo perché sembra arrivata, in chiusura d’anno, a coronamento di un lungo periodo in cui sono stata interprete di musica
popolare nel mondo, e anche perché mi trovo a lavorare con musiciste e musicisti straordinari. Finalmente condivido il palco anche con una buona sezione femminile formata da brave professioniste, che ingentiliscono e riempiono di grazia e di colori lo spazio intorno, e questo mi si riverbera dentro: l’emozione l’ho sentita sulla pelle.

Parli di un vissuto personale, quello della presenza femminile negli ambienti professionali e artistici, che in qualche maniera si collega coerentemente a quanto sta succedendo a livello internazionale, penso alla protesta delle donne iraniane… che, tra le altre cose, dal 1979 non possono più cantare come soliste in pubblico.
Infatti, credo sia un grande messaggio quello di esserci, noi musiciste. E questo lavoro giunge a dare un forte segnale in questo momento. Ho cantato per anni sempre con l’idea che l’incontro con le altre culture sia solo viatico di grande ricchezza per noi stessi, per la nostra vita, per la nostra cultura. E, infatti, è ed è infatti molto bello misurarsi con delle attitudini che sono diverse dalle nostre, diverse da -quelle occidentali-, anche solo più strettamente sul lavoro musicale: perché la musica araba, per esempio, ha tutt’altre regole, estensioni, scale e, suoni a cui il nostro orecchio non è abituato, e questa diversità è estremamente affascinante. E quando l’asticella si alza, Ginevra è contenta:, mi sento stimolata, mi piace imparare, ricercare, mi piace calarmi in un nuovo che
ho davanti.

Come avete scelto il repertorio?
Abbiamo scelto canzoni che riguardano tutti noi. In particolare avevo espresso il desiderio di privilegiare delle canzoni tra quelle meno conosciute, non i soliti cavalli di battaglia che si eseguono nelle tournée e che hanno molto seguito, ma dei lavori più particolari. È stata scelta, tra le altre, una canzone dal titolo “Fuoco a Mare”, che è inserita nel mio omaggio alla cantora argentina Mercedes Sosa.

Il tuo cd La Rubia canta la Negra del 2017:“Fuoco a Mare” è il primo di tredici brani, dal contenuto profondo ed attuale, purtroppo.
Sì, una canzone dedicata ai grandi barconi del mare, all’arrivo delle migliaia di persone che
approdano, quando ci riescono, sulle coste della terra che dovrebbe garantire loro una vita migliore. Questa canzone nasceva sull’onda degli accadimenti e dei miei pensieri di quel periodo ma sappiamo che è un argomento attualissimo, purtroppo. Ed è stato bello che gli altri musicisti siano rimasti colpiti da questo testo, dal senso di questo brano. Poi mi piace rimettere in circolo i miei lavori cambiando gli arrangiamenti e dando vita a nuovi colori, nuove sensazioni, in virtù di una condivisione tra musicisti che contribuiscono con le loro sensibilità a creare qualcosa di diverso.

È stato un lavoro collettivo, quindi, quello della scelta del programma musicale e della stesura dei nuovi arrangiamenti o il merito è di qualcuno in particolare?
Io lavoro a strettissimo contatto, da sempre, con Francesco Magnelli, tra le altre cose bravissimo arrangiatore, il quale pur non partecipando fisicamente al concerto è stato un deus ex machina dietro le quinte, insieme a due elementi dell’Orchestra di Piazza Vittorio, Pino Pecorelli e Ziad Trabelsi che hanno curato arrangiamenti e coordinamento musicale. In sintesi, un lavoro collettivo con questi tre capisaldi.

La sensibilità dimostrata lungo tutto l’arco della tua carriera artistica verso culture diverse sembra esprimersi soprattutto attraverso quelle ai margini, in un mondo veloce troppo spesso indifferente.
Laddove si trovano dei popoli che hanno attraversato grande sofferenza, fatica, miseria, spesso si trovano grandi canzoni e in particolare la canzone popolare, in qualche modo, riesce ad esprimere più direttamente gli stati d’animo. Ovviamente senza generalizzare, non vale sempre. Bisogna saper cercare, instancabilmente… aprirsi all’ascolto esterno e interiore perché la bellezza risuona dentro. Insomma, cerco di rapportarmi al senso, al significato, alla melodia e all’armonia. Ci sono, per esempio, tante canzoni antiche che meritano ancora di essere cantate proprio perché sono il giusto equilibrio di tutti questi elementi, che la gente è bene che conosca, è bene che non se, che non ne perda la memoria. Sono felice di poter dare il mio piccolo contributo affinché quelle canzoni
esistano e facciano ancora il loro viaggio nel tempo perché il mondo che viviamo, così fagocitante, rischia di far sparire velocemente un patrimonio culturale enorme.

Questo spettacolo è dunque un lavoro corale che vira lontano dalle dinamiche competitive frequenti sul palco?
Oh sì! Siamo sempre insieme sul palco, è uno spettacolo che non ha niente a che fare con la kermesse che vuole il susseguirsi degli artisti uno dopo l’altro. Siamo sempre tutti lì dall’inizio alla fine, appassionatamente.

Dopo Firenze, sono previste altre date?
Mi auguro che lo spettacolo così concepito si possa replicare in altre città italiane e anche in
Europa, ma non sarà facile portarlo in giro perché siamo tanti musicisti e dislocati in sedi diverse. Quando si lavora come in questo caso è difficile pensare di farlo per una data unica e quindi spero davvero che non finisca qui. Si è lavorato bene, tra musicisti molto preparati e in un clima bellissimo, che di sicuro avvertirà anche il pubblico che verrà ad ascoltarci.

Te lo auguriamo. Hai altri proponimenti per il nuovo anno?
Sì, mi piacerebbe molto scrivere brani nuovi e realizzare un nuovo disco di inediti.

In apertura: Ginevra Di Marco, foto di Guido Mencari