Temo che vi sia una generale sottovalutazione nei confronti delle decisioni del governo Meloni sulla cosiddetta “autonomia differenziata”. Ci troviamo, infatti, di fronte ad una vera e propria eversione costituzionale. Si rischia l’introduzione di quello che Giovanni Moro ha definito lo “ius domicilii”. Cioè il diritto di chi vive nelle regioni più ricche del Nord di avere per legge maggiori diritti di chi abita nel Centro/Sud. Questa è la filosofia, la subcultura del disegno di legge del ministro Calderoli.
La “secessione dei ricchi“, come l’ha efficacemente definita l’economista Viesti, muterebbe radicalmente il volto del Paese e muterebbero le modalità di attuazione delle fondamentali politiche pubbliche dello Stato sociale universale. Il governo, come ampi settori del Partito democratico (Pd), ritengono che un ipocrita riferimento ai “livelli essenziali di prestazione”(peraltro non “uniformi” in tutto il Paese) possa rendere accettabile l’eversione costituzionale. Ma mentono sapendo di mentire.
Il testo Calderoli propone di approvare i Lep entro un anno. Altrimenti di procedere ugualmente, garantendo alle Regioni la “spesa storica”, cioè l’istituzionalizzazione delle differenze (“chi ha avuto meno servizi fino ad ora meno avrà”). Contravvenendo, quindi, perfino ai principii generali sul finanziamento di Regioni ed Enti locali (legge 42 del 2009), che prescrivono che, in base all’art. 117 della Costituzione, vadano definiti “i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Si tratta di un principio fondamentale della legalità costituzionale: i cittadini devono godere, ovunque essi vivano, di un livello garantito ed uniforme di diritti di cittadinanza. Qui è forte il richiamo ad un “fondo perequativo” per i territori “con minore capacità fiscale per abitante”.
Ma l’imbroglio di Calderoli è grottesco. dove sono gli ottanta miliardi previsti per il fondo perequativo? Non vi sono; e allora l’autonomia differenziata diventa automaticamente una discriminazione tra i cittadini di differenti Regioni. L’Italia sarebbe ridotta ad una sommatoria di venti staterelli tra loro fortemente disomogenei. La Meloni appare in grande difficoltà, di fronte all’aggressione leghista, sia perché teme la rivolta , che è in atto, del suo elettorato meridionale; sia perché è memore della sua proposta di legge di riforma costituzionale (diciassettesima legislatura, n. 1953) nella quale proponeva addirittura l’abolizione dell’art. 116 della Costituzione per sopprimere “ogni forma di specialità regionale” . Prendiamola sul serio! In definitiva la Costituzione è chiara: “diritti diseguali” è un ossimoro insopportabile . L’autonomia differenziata è la istituzionalizzazione delle diseguaglianze e, di conseguenza, contraddice l’intero impianto costituzionale fondato sull’eguaglianza sostanziale. L’art. 3 della Costituzione si muove nello spazio della giustizia sociale. Mentre l’autonomia differenziata esalta l’orizzonte competitivo e l’egoismo territoriale; è incubatrice di razzismo. Tra l’altro, è bene saperlo, autonomia differenziata e presidenzialismo autoritario sono complementari. La Meloni è stata chiara:” autonomia differenziata e presidenzialismo devono camminare e concludersi insieme”.
La volontà di verticalizzazione del potere è ulteriormente dimostrata dalla evanescenza ed inerzia del Parlamento. Nella proposta Calderoli il Parlamento non tocca palla in una decisione che riguarda la forma/ Stato. Ci auguriamo che i gruppi parlamentari di opposizione innalzino le barricate, usando tutti gli stratagemmi dei regolamenti parlamentari, in rappresentanza della campagna di massa e delle tante assemblee ed iniziative che si stanno ovunque svolgendo (e a cui sempre Left è presente, come quella di No Ad del 29 gennaio Anche su Radio Radicale).
Un’ultima, rilevante osservazione: noi siamo pienamente partigiani dell’articolo 5 della Costituzione: l’autonomia è articolazione della Repubblica “una e indivisibile”. Non siamo conservatori, né centralisti. Ma la nostra autonomia è “democrazia di prossimità”, ruolo centrale dei Comuni, autoorganizzazione. All’egoismo territoriale contrapponiamo il rapporto tra i territori italiani e quelli euromediterranei, come poteri democratici ed alternativi. Anche il popolo del Nord, infatti, sarebbe vittima dell’autonomia differenziata , che è un provvedimento classista, fondato sulla privatizzazione totale dei pubblici servizi, subalterno alla ricostruzione mitteleuropea delle catene del valore capitaliste.