Una donna si sveglia dall'incubo di un rapporto in crisi, cominciando a fare i conti con sé stessa. È la protagonista di un romanzo di formazione, sul senso dell'amore e sulla ricerca di una identità femminile, libera e indipendente. «Il cambiamento è un viaggio e richiede tempo e rinuncia ai compromessi», racconta Emma Saponaro, autrice di "Se devo essere una mela”

Rebecca invade la scena, ti chiama, ti viene incontro, ride con ironia, si piega al travaglio di una vita infelice e tormentata. E comincia a correre. Verso una vita nuova, inaspettata, desiderata e insieme cercata. È la protagonista del romanzo Se devo essere una mela pubblicato da Les Flâneurs Edizioni, seconda prova di autrice di Emma Saponaro.
Nel libro, in esergo, la dedica è «A chi ha sacrificato anni di vita per una cosa che credeva amore». Un argomento difficile ma reso con estrema leggerezza e ironia dall’autrice, senza sottovalutare mai gli aspetti più complessi e duri.
Possiamo definirlo – a tutti gli effetti – un viaggio di formazione. Quello di una giovane donna che si sveglia dall’incubo di un rapporto in crisi, di un amore forse ma esistito, che le impedisce di realizzarsi.

«Rebecca si accorge – racconta a Left l’autrice – che la relazione con il marito Leopoldo, un professore di Filosofia, è un ostacolo opprimente alla sua crescita personale. Un uomo che non la rispetta e le impedisce una vita piena e realizzata. Si sente profondamente ignorante di fronte alla sua autorevolezza. Si accorge che si è innamorata non dell’uomo ma delle sue idee filosofiche e questo la mette in crisi e contemporaneamente la spinge a cercare, a fare i conti con sé stessa».
Rebecca non è un’eroina a tutti costi, il suo è un percorso anche travagliato, ma ha fame di consapevolezza. Chiude la porta di casa alle sue spalle e inizia un divertente vagabondaggio in compagnia, via via, di personaggi curiosi, bizzarri come alcuni filosofi “reincarnati” in un idraulico, un fruttivendolo, un informatico…

«La filosofia – continua Saponaro – è una palestra di vita per Rebecca perché le permette di mettersi alla prova e di scoprire le sue idee, una sua “filosofia”. Perché non si può dipendere dalle idee degli altri e non si può accettare che ad averle siano solo gli uomini. Anche il titolo fa riferimento alla metafora del Simposio di Platone secondo la quale gli esseri umani sarebbero mezze mele che vivono alla ricerca della loro metà che manca. Ma noi siamo tutti bellissime mele intere. Solo che non sappiamo di esserlo».
Allora la citazione di Ipazia D’Alessandria, all’inizio del libro, è quasi d’obbligo: «Difendi il tuo diritto di pensare, perché anche pensare male è meglio che non pensare affatto». Rebecca disquisisce di esistenza, amore, felicità. E ci racconta: «… ho bisogno di riappropriarmi di me stessa e ho bisogno di sapere, conoscere. Sono stata addormentata per troppi anni. È ora che recuperi».

«C’è da sempre la favola del principe che sveglia la principessa. Lei non vuole essere svegliata da un principe. Vuole svegliarsi da sola – insiste la scrittrice -. Cerca la conoscenza ma anche i sensi, la carnalità. Scopre l’eros del marito e storie di vario genere che le erano state tenute nascoste. Si scandalizza, ne rimane offesa, si generano ogni sorta di equivoci. Rebecca comincia una ricerca, senza pregiudizi, che la porta a vivere situazioni a cui non era affatto abituata come fumare una canna o spogliarsi in un campo di nudisti. Cerca una sua autonomia anche economica; diventa in breve tempo una blogger culinaria e un’influencer. Ogni occasione è giusta, poi, per incontrare personaggi particolari, anche divertenti, che la fanno riflettere, crescere». Continua Emma Saponaro: «La donna, quando vuole, è capace di mettersi in discussione, di trovare soluzioni, con impegno e fatica. E questo genera anche invidia da parte di coloro che non ci riescono, preferendo al contrario una vita comoda. In un brano racconto di come alcune donne esprimono livore nei confronti di una donna che ha lasciato il marito, non riconoscendo e sminuendo il coraggio che quella donna ha avuto e probabilmente i problemi che ha dovuto affrontare».

Nel suo viaggio inquieto ma ricco di sorprese, Rebecca realizza tutto di nascosto dal marito. Non lo affronta, evita di manifestarsi direttamente. Come se qualcosa glielo impedisse?
«Le donne hanno paura – risponde lapidaria Saponaro -. Le donne, inconsciamente, preferiscono dipendere dall’uomo. Abbiamo paura dell’indipendenza, della solitudine ma soprattutto dell’abbandono. La paura dell’abbandono è molto più forte in una donna che nell’uomo. Gli uomini soffrono per una perdita, sicuramente, ma il giorno dopo, se si presenta l’occasione, trovano un’altra partner. Le donne, secondo me, hanno più coraggio, sono loro che, nella maggior parte dei casi, prestano più attenzione ai cambiamenti, a ciò che non va. L’uomo, spesso, fa finta di nulla, anche se l’amore è finito. Sono le donne che in genere aprono la crisi o per lo meno si concentrano su di essa. Rebecca – continua Saponaro – si rende conto a un certo punto di essere stata passiva per troppo tempo e di aver contribuito alla sua reclusione. È furiosa quando finalmente lo comprende. Ma è da questa consapevolezza che cominciano a nascere le sue domande e la ricerca di risposte. Spesso ci conformiamo, plasmiamo il nostro comportamento secondo quello che gli altri si aspettano da noi. Ma questa non è libertà. Rebecca comincia a camminare spedita quando inventa il suo blog di ricette e comincia ad avere successo. Sicuramente avere un’indipendenza economica aiuta molto nel percorso di liberazione. Specialmente quando, in un rapporto finito, ci sono dei figli verso i quali ti fai sempre mille domande e mille scrupoli prima di separarti. Resisti meglio se hai una autonomia economica».

Nella bella prefazione, Marina Pierri scrive che «nelle pieghe di un romanzo ricco di ironia… si annidano la fatica e la pena quotidiana di moltissime donne. … costrette in matrimoni fatti di rabbia, nervosismo e prepotenza, molte più sorelle di quante riusciremmo mai ad immaginare chiedono di essere viste».
«Rebecca, in questo sofferto percorso di maturazione personale, dove ha cominciato, prima di tutto, a prendere in considerazione le sue esigenze, ad ascoltarsi, ha capito che tutto questo percorso non è mai facile. In genere si tergiversa, si fa finta di nulla, si rimanda. Rebecca ha fatto anche così. Ha i suoi tempi. Si rende conto che il suo non è mai stato un matrimonio felice, le idee delle quali si era innamorata non erano mai entrate nel rapporto tra lei e il marito. Si rende conto che non ha una vita, non ha finito l’università, si è completamente annullata per un uomo che nemmeno ama», continua Emma Saponaro che aggiunge: «E allora è d’obbligo chiedersi: quando uno ama, come ama? Ama per convenienza, ama per paura della solitudine, dell’abbandono o per interesse? Ci si conforma per farsi accettare ma l’amore è sentire. Una persona ama e vuole essere amata senza etichette, senza essere giudicata o rimproverata. L’amore è camminare con lo stesso passo, stimarsi e comprendersi reciprocamente. Il resto non esiste. E spesso può essere anche tossico».

In questa storia non c’è nessuna “bacchetta magica” capace di trasformarci, scrive sempre Marina Pierri, riprendendo a sua volta Saponaro. «Il cambiamento è appunto un viaggio e come tutti i viaggi richiede tempo, maturazione, attenzione e rinuncia ai compromessi logori che, pure, rappresentavano una sicurezza».
Un viaggio che nel romanzo non ha un finale scontato ma, con una soluzione originale, lascia libero il lettore di scegliere tra due finali. Come se la ricerca possibile del “chi sono” e del “cosa voglio veramente” abbia delle variabili misteriose che conducono a sviluppi imprevedibili.