Esce in questi giorni l’album per la Esordisco, prodotto da Pierre Ruiz e Paola Cimino, Un mondo perfetto che segna il ritorno di Davide Combusti, al secolo The Niro, poliedrico artista italiano. Dieci canzoni che raccontano gli “ups” and “downs” affrontati in questi ultimi turbolenti anni e nei quali molti di noi si riconosceranno. The Niro scende in profondità, liberando i suoi più intimi pensieri, lasciando al rapporto fra uomo e donna il compito di espletarsi tra le righe e gli spazi. Al centro di tutto, non ci sono solo la conferma della sua splendida voce e lo stile della composizione, ma anche una parola che si rincorre tra le note di questi brevi ma significativi brani: felicità.
La ricerca della felicità: rincorrerla, mancarla e poi ritrovarla. Un vero e proprio viaggio del cuore che pulsa all’interno della narrazione. L’artista fa brillare i rapporti come stelle nel proprio universo ma senza tralasciare la realtà degli stessi rapporti, talvolta idealizzati, o che credevamo ci avrebbero reso felici, come accade nella title-track. Fin dalle prime note, il mood soffuso ci conduce in un ambito musicale prettamente “italiano” e al contempo in una atmosfera ispirata al trend inglese attuale.
Una urgenza creativa, quella di The Niro, che si è sviluppata negli anni e che ci fa pensare alla ricerca costante di un equilibrio. Quell’«affrettarsi con lentezza» che il musicista, forse inconsapevole, raggiunge con questo nuovo progetto che arriva a distanza di nove anni dall’ultimo lavoro di inediti, rappresentando finora la sua opera più matura. A The Niro va riconosciuto il dono della sintesi e della capacità di osservazione della musica che lo circonda, così come il giocare con le parole: mistici, erotici, ipnotici… Attento ai suoi contemporanei, che fa “propri”, l’artista rielabora passaggi che, impressi sulla pelle, diventano la sua storia, guidata da una voce eterea, quasi onirica.
Accade in “Dormi”. In questo mosaico si incastrano le tessere che rappresentano le influenze musicali più eterogenee. Scopriamo riferimenti a Bersani, Battiato, Sarcina delle Vibrazioni ma anche alle ritmiche della “Modern Love” di Bowie che vengono ricordate in “Non mi basta”, dove ritroviamo al piano elettrico Francesco Arpino, già collaboratore nel progetto Gary Lucas /The Niro. O come nel primo brano in cui il caratteristico falsetto, non può non ricordare il grande Ivan Graziani velatamente presente nella successiva “Cara”, brano dove intervengono Puccio Panettieri alla batteria e Maurizio Mariani al basso, e nel quale alcune modulazioni vocali di The Niro si intrecciano a ritmiche ispirate al leggendario Jeff Buckley, presente nei registri di questo talentuoso autore italiano.
Una chitarra elettrica si affaccia nel brano “Never fall in love”, che assieme ad alcuni vezzi vocali ci ricorda “Treasure”, album della band britannica Cocteau Twins. L’impossibile a volte ma necessaria ricerca della felicità viene invocata in “Replay”, mentre la spensieratezza di “Stiamo bene” è evidenziata dalla figurazione in 5/4 e che ci introduce alla divertente “I just wanna dance”, dove nell’arrangiamento trova spazio la kora, l’arpa africana suonata magistralmente da Kaw Dialy Madi Sissoko, che ci porta verso orizzonti, etnie ed altri luoghi. Luoghi evocati che non stridono con il bellissimo malinconico sound delle tastiere e degli archi, condotti elegantemente da Roberto Procaccini sull’intero lavoro. Un altro brano, potenziale altro singolo, è senza dubbio “Per poi rinascere”, che per molti versi ricorda i Blackfield di Steven Wilson e Aviv Geffen. Un pezzo davvero accattivante nel reiterato ritornello. Il lavoro si chiude con “Certi amori”, inno ad una perdita dolorosa ma che la fantasia-ricordo in forma canzone diventa essa stessa ribellione alla morte, nella quale voci sognanti riprendono il racconto iniziato circa trenta minuti prima.
Un album intelligentemente breve, bello, meritevole di attenzione internazionale. Canzoni vere, sentite, che mirano al cuore: “The Niro, al cuore! Mira al cuore”, parafrasando una celebre pellicola con Clint Eastwood. Ma noi non abbiamo e non vogliamo avere difese. Ci lasciamo colpire da questi dieci brani che non sbagliano il centro, pensando che dovremmo evitare di trasformarci in «carnefici» di noi stessi e degli altri; per non rimanere solo delle «parentesi», dei vuoti contenitori che potrebbero continuare ad alimentare apparenti «mondi perfetti». La vita vera per The Niro è ben altra cosa. Anche noi lo sappiamo. Cercate questo disco. Vi terrà compagnia soprattutto al crepuscolo.
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Foto d’apertura di Paolo Soriani