Una riscrittura inedita e appassionata della vita di Anita Garibaldi. L'opera del regista Luca Criscenti riporta in primo piano la verità storica di questa donna rivoluzionaria, affrancandola dal solo ruolo di moglie fedele e devota dell’eroe dei due mondi

«Tutti dicevano che la politica non era un argomento per le donne, ma zio Antonio mi parlava di rivoluzione con le parole giuste». È la voce di Anita (Flaminia Cuzzoli), giovane donna ostinata, coraggiosa e ribelle: «naturalmente libera», come sottolinea lo scrittore Maurizio Maggiani ne La versione di Anita, produzione italo-brasiliana dal primo giugno nelle sale con Exit Media. La docu-fiction, presentata in première mondiale al Festival Internazionale di Cine di Punta del Este, in Uruguay, dove ha ricevuto una menzione speciale, nasce dalla lettura del libro Einaudi Anita. Storia e mito di Silvia Cavicchioli, co-sceneggiatrice insieme al regista Luca Criscenti e a Daniela Ceselli (mentre la documentarista Emanuela Tomassetti è qui in veste di produttore creativo).

Una riscrittura inedita, appassionata che, perseguendo linee narrative diverse, si nutre della stessa tenacia della protagonista per ricercare la verità storica di una donna rivoluzionaria, affrancandola dal solo ruolo di moglie fedele e devota dell’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, e madre dei loro quattro figli: Ciro Menotti, Rosita, Teresa e Ricciotti. Mediante una minuziosa rivisitazione delle fonti, emerge l’immagine di una combattente, donna autonoma e indipendente capace, allo stesso tempo, di vivere appieno, senza riserve, una storia d’amore anticonformista con Garibaldi (Lorenzo Lavia): «credevamo nelle stesse cose, ma io non ero come mi hanno raccontata».
È appena diciottenne, Anita, quando avviene l’incontro tra i due, in Brasile, durante la rivoluzione Farroupilha. Un incontro folgorante: con l’uomo e con la rivoluzione. Incontro salvifico per la giovane che, due anni dopo la morte del padre (evento che segna nella sua vita una vera e propria cesura), è costretta dalla madre ad un matrimonio triste – come lo definisce Anita – con il calzolaio quarantenne Manuel Duarte (arruolatosi poi con le truppe imperiali), affinché avesse al suo fianco qualcuno al quale obbedire. Era il 30 agosto 1835, giorno del suo quattordicesimo compleanno.
Girato tra l’Italia e il Sudamerica, insieme alla voce della protagonista, che si racconta in prima persona, a parlare sono anche “i luoghi di Anita” – come sottolinea Luca Criscenti – oltre ai materiali d’archivio: pitture, fotografie e alcune pellicole cinematografiche, tra le quali Anita Garibaldi (1910) di Mario Caserini e Camicie rosse (1952) di Goffredo Alessandrini con Anna Magnani e Raf Vallone.
A 200 anni dalla sua nascita, in un’intervista radiofonica a Marino Sinibaldi (interprete di sé stesso), Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva (Anita) espone, con la fierezza nello sguardo, la sua verità storica. Parole che prendono per mano lo spettatore e lo conducono non solo lungo le traiettorie geografiche che hanno segnato i percorsi rivoluzionari, ma anche attraverso i luoghi intimi, ai quali si ha il privilegio di accedere per ri-leggere, con una prospettiva nuova, le vicende storiche e private di cui è stata protagonista Anita capace, con straordinaria forza, di porsi in netta rottura con i paradigmi della società del XIX secolo e di combattere per gli ideali di libertà e di giustizia sociale fino alla sua morte, avvenuta a Mandriole, nella campagna ravennate, poco prima del suo ventottesimo compleanno.


Per tutto il tempo riecheggia l’immagine di una giovanissima Anita, terza figlia di una famiglia numerosa e di umili origini, i suoi lunghi viaggi col padre, piccolo allevatore, sugli altopiani, viaggi che spesso duravano settimane, mesi. L’immagine di un tempo di conquiste e di libertà, dove lo sguardo sapeva dirigersi, intensamente, sempre oltre.
E restano le parole di Adilcio Cadorin, ex sindaco della città brasiliana di Laguna, dove Anita nasce il 30 agosto 1821, che ne rievoca il piglio ribelle, il rifiuto delle regole sociali. E, insieme alle parole, potenti restano le immagini evocate: il bagno nelle acque del mare considerate malsane e dove era proibito fare il bagno, ma nelle quali Anita si immergeva, nuda, spesso portando con sé anche le amiche d’infanzia. Un’infanzia che possiamo immaginare «naturalmente libera».

 

Appuntamenti al cinema:

Il film La versione di Anita di Luca Criscenti è in programmazione fino al 7 giugno al cinema Farnese a Roma. Nel frattempo, il 6 giugno al cinema teatro Amiata di Abbadia San Salvatore, il 7 giugno a Torino al cinema centrale con il regista e Silvia Cavicchioli, autrice di Anita, una storia, un libro (Einaudi) e direttrice scientifica del museo del Risorgimento italiano. E ancora il 7 a Reggio Emilia il 9 a Genova, il 14 giugno a Milano, il 21 giugno a Firenze con lo storico dell’arte Tomaso Montanari e il 22 giugno a Rieti