l’anno scorso Gad Lerner ha scovato tre temi del liceale Antonio Gramsci, fino ad allora inediti. Questi tre fogli a protocollo, piegati e ingialliti, portano la firma dell’alunno del liceo Dettori di Cagliari, Antonio Gramsci, e il giudizio del professor Vittorio Amedeo Arullani. I tre temi si trovavano a Milano, nell’armadio di Francesco Scotti, partigiano, primo segretario della federazione comunista milanese e deputato all’Assemblea costituente, che probabilmente li aveva ottenuti grazie all’amicizia con Carlo, il fratello più piccolo di Antonio. L’anno scorso la famiglia Scotti li ha donati alla Fondazione Gramsci, che ne ha riconosciuto l’autenticità, e ora sono in attesa di entrare a far parte dell’edizione nazionale degli scritti di Gramsci. I testi sono stati pubblicati su Il Fatto Quotidiano, giornale su cui scrivono Gad Lerner e Silvia Truzzi che quest’anno hanno deciso di portare in scena uno spettacolo teatrale basato su di essi, diviso in tre parti come i temi ritrovati. Lo spettacolo – dopo la tappa al Torrione di s. Brigida a Empoli, il 29 luglio è approdato alla Fortezza Nuova di Livorno – alterna testimonianze, con scritti di Gramsci e registrazioni orali di chi l’ha conosciuto di persona, ad analisi dei suoi pensieri e scritti al fine di far riflettere il pubblico. Con la regia di Simone Rota, lo spettacolo, che ha debuttato il 28 giugno a Ivrea è prodotto da Loft in collaborazione con la Fondazione Gramsci. Abbiamo rivolto qualche domanda a Silvia Truzzi per approfondire il progetto.
Ottant’anni fa, il 25 luglio 1943, veniva arrestato Benito Mussolini. Quanto è importante ricordare la figura e il pensiero di Antonio Gramsci?
A Michele Isgrò, pubblico ministero del processone contro Gramsci e gli altri 21 dirigenti comunisti, è attribuita questa terribile frase, riferita a Gramsci: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Ma non ci riuscirono perché Gramsci in carcere scrisse moltissimo, anche se alla fine morì come un perseguitato politico e questa è una circostanza che non dobbiamo assolutamente dimenticare. Credo che conoscere la storia sia decisivo per fare in modo che non si ripeta. La storia del fascismo e della Resistenza ci ricorda dove affondano le radici della nostra Repubblica e della nostra Costituzione: sul palco Gad racconta come Gramsci, in carcere, parlando con i suoi compagni avesse teorizzato la necessità di unire tutte le forze antifasciste per ricostruire il Paese dopo la caduta del regime, e questo un decennio anni prima della nascita della Costituente. Fu una delle tante idee lungimiranti e anticipatorie rispetto ai tempi che ebbe Gramsci nel corso della sua vita.
Gramsci era un grande amante della cultura, infatti andava spesso a teatro, e in uno dei suoi temi liceali, riflettendo sul torto dell’età moderna, parla dell’”americanarsi” della società dove si arriva a disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato, quindi il profitto economico. Quanto è attuale il suo pensiero se guardiamo l’Italia, dove la cultura o viene poco considerata o viene disprezzata perché non considerata come fonte sicura di guadagno?
Molto. Purtroppo gli investimenti in cultura rappresentano un fanalino di coda: soprattutto nei momenti di crisi economica si ritiene la cultura non necessaria e sacrificabile. Gramsci – che come Leopardi soffriva del morbo di Pott (una forma di tubercolosi ossea) ed era quindi molto debole – ha fatto sacrifici immani per istruirsi. Veniva da una famiglia povera ed era stato costretto ad andare a lavorare da bambino: riuscirà a proseguire gli studi solo grazie a una borsa di studio. Era malato e perennemente affamato, e nonostante questo non esitava a levarsi il pane di bocca per andare a teatro, per comprarsi le riviste e i libri. Gramsci aveva capito che l’emancipazione delle classi subalterne passava attraverso la cultura, ed io penso che sia una cosa estremamente vera. Alla politica fa comodo un popolo di sudditi, non di cittadini: anche per questo la cultura e la scuola sono sottofinanziate.
Come ricordate nel vostro spettacolo, Gramsci scrisse: “La scuola se è fatta seriamente non lascia tempo per l’officina”. L’Italia oggi, nell’Unione Europea, è il Paese che investe meno nella scuola, meno della Grecia. Nelle nostre scuole si dà più importanza all’alternanza scuola lavoro, anche con esiti tragici, rispetto che tenere a scuola e far studiare o portare nei luoghi di cultura gli studenti. Quanto sarebbe importante che la politica, riprendendo il pensiero di Gramsci, mettesse al centro l’importanza della scuola?
E’ una citazione che ho scelto dai sui articoli, raccolti da Einaudi col titolo Sotto la Mole la rubrica che Gramsci teneva sull’Avanti! Era il 1916 e a causa della Grande guerra serviva manodopera nelle officine e c’era l’idea di prenderla anche dalle scuole: come si vede l’alternanza scuola-lavoro è una vecchia tentazione! Non mi capacito di come chi governa e ha governato non si occupi e non si preoccupi delle scarse competenze logiche e linguistiche degli studenti italiani che emergono per esempio dalle periodiche indagini Ocse. Invece di migliorare l’offerta formativa, usano gli studenti per supplire la mancanza di manodopera in aziende private. E’ la negazione della missione della scuola, che non è solo istruire bensì educare e formare adulti consapevoli. Non si può arrivare all’università senza sapere che l’Italia ha perso la Seconda guerra mondiale, perché conoscere la propria storia significa saper interpretare il presente. La scuola dovrebbe essere la prima preoccupazione di tutte le forze politiche, purtroppo non è stato così e le riforme che si sono susseguite, nel corso degli anni, sono state una più disastrosa dell’altra.
Come definirebbe la figura di Antonio Gramsci, e, ripartendo dal titolo, qual era il suo sogno?
Il sogno di Gramsci era quello di un mondo più giusto, in cui gli sfruttati non lo erano più, dove c’era più libertà e le donne avevano un ruolo diverso nella società. Anche se nel sogno di Antonio c’erano tanti sogni: Gramsci è uno dei pensatori italiani più studiati nel mondo, tuttavia se dovessi azzardare una definizione, che ovviamente è parziale, sarebbe quella di un intellettuale precursore dei tempi.
L’autore:A ndrea Vitello è specializzato in didattica della Shoah e graduato a Yad Vashem. Ha scritto il libro, con la prefazione di Moni Ovadia, intitolato Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca, (Le Lettere 2022). Scrive su Pressenza e su Left