«…È il mio professore di matematica al liceo. Devo a lui tutto il mio amore per i numeri, le simmetrie, il ragionamento geometrico. Il professor Trivarchi dimostrava i teoremi come si raccontano le favole. Le sue parole non arrivavano alle nostre orecchie, raggiungevano direttamente il nostro cervello e io traevo dalle sue lezioni un autentico godimento». Tra le foto che il commissario, alias Roman Polanski, mostra ad Onoff, alias Gerard Depardieu, in una delle scene del film del 1994 con la regia di Giuseppe Tornatore, Una pura formalità, ce n’è una che lo colpisce. Quella di un suo vecchio insegnante. Al quale ho provato ad ispirarmi. Perché sono convinto che i modelli servano. Ancora.
Al mio primo giorno di scuola, da insegnante, precario, sono arrivato con molto timore. Dei ragazzi, naturalmente. Ma anche dei colleghi. Il ricordo delle mie medie mi metteva in ansia. Certo, è vero, erano trascorsi all’incirca quarant’anni, un tempo lunghissimo. Che mi suggeriva ci fossero stati dei cambiamenti. Ma in fondo non poteva esserci stato uno stravolgimento completo, pensavo. Ci ho messo poco ad accorgermi che sbagliavo. Era cambiato tutto. L’insegnante era sceso dalla pedana sulla quale per decenni era sistemata la cattedra, e ci erano saliti i ragazzi. Generalmente, molto più disinvolti nei comportamenti. Ma spesso, più complessi e meno interessati. Insomma, più distratti.
I colleghi? Nella gran parte dei casi, non avevano l’austerità dei miei professori. Tutti, o quasi, più colorati, fuori. Anche se alcuni un po’ più spenti, dentro.
Di “primi giorni”, ne ho sperimentati molti. La precarietà regala anche questo. Con il passaggio da una classe all’altra, e quindi da un istituto all’altro, ho fatto la conoscenza di schiere di ragazzi e ragazze. Di colleghi e colleghe. Di dirigenti scolastici. Tra una lezione e un consiglio di classe, un colloquio con i genitori ed un collegio docenti, ho avuto la possibilità di osservare. E di maturare dei pensieri. Ai quali mi è sembrato doveroso aggiungere delle letture appropriate. Non di rado, anche dei film. Pennac e Mastrocola. Affinati e Lodoli. E molto altro.
Di questo lungo osservare ho deciso, prima di tenere un diario e, poi, di farne una rubrica. Che Left ha deciso di ospitare. Ecco come è nata “Ricreazione”. Uno spazio temporale nel quale spiegazioni ed interrogazioni si sospendono. Per una pausa. Che ognuno in classe utilizza “a sua immagine e somiglianza”. Con maggiore libertà, di movimenti e, sono certo, di pensieri…
(Estratto dall’introduzione di Mario Lilli al libro di luglio di Left “Ricreazione. Una scuola grande come il mondo)