A quasi un anno dall'uccisione della ragazza curda iraniana da parte della polizia morale, la mostra a Roma di Amir Amin Sharifi denuncia la violenta repressione subita da giovani e donne in lotta per i diritti. E nell'anniversario dell'assassinio di Stato, il 16 settembre, ci sarà una mobilitazione collettiva a cui partecipa anche Left

Il 16 settembre si avvicina. Manca meno di una manciata di settimane all’anniversario della morte di Mahsa Amini la giovane curda iraniana uccisa a bastonate della polizia morale a Tehran perché un ciuffo di capelli era fuoriuscito dal suo hijab. Anche di questo ci parla una mostra che si tiene a Roma. Il mondo dell’arte sta facendo la sua parte per sostenere la battaglia di giustizia dei giovani iraniani. É aperta fino al 20 agosto nella Galleria dei Miracoli un’interessante mostra di opere dell’artista Amir Amin Sharifi. Con il titolo “La nostra luna” riprende il nome di Mahsa che in persiano significa Luna.

Sharifi è un noto artista iraniano con due importanti gallerie a Tehran e Esfhan che entrambe sono state confiscate dopo l’inizio delle proteste dello scorso anno. Così come la sua casa e altri beni personali.
Sharifi ha lasciato l’Iran da qualche mese e sta cercando di raccontare attraverso le sue opere il dolore e le sofferenze del suo popolo. La maggior parte dei lavori esposti a Roma mostrano donne con i capelli al vento, molte di loro sono senza gli occhi perché le autorità iraniane hanno colpito proprio agli occhi delle donne durante le proteste e per questo molte di loro hanno perso la vista. Alcuni ritratti invece mostrano i volti di ragazzi e ragazze uccise dal regime, altre riportano lo slogan delle proteste Donna Vita Libertà. Il ricavato delle vendite delle opere artistiche sarà devoluto ai manifestanti che protestano contro il regime iraniano e alle loro famiglie.

“La mia arte – dice Sharifi – è ciò che la mia mente comprende di ciò che mi circonda e del mio mondo. Per questo cerco di disegnare nella mia mente. La mia missione e il mio obiettivo sono aiutare a far conoscere le capacità e il talento degli artisti iraniani che si affidano a me”.
Sharifi è inoltre direttore della rivista Parsforte International Magazine la prima e unica rivista non iraniana che introduce e mostra le opere di artisti persiani sotto forma di libri stampati, oltre a presentare artisti in siti Web, musei, gallerie e spazi internazionali.
“Ci stiamo avvicinando all’anniversario della rivolta del popolo iraniano contro la repressione – prosegue Sharifi – Una pianta è stata annaffiata con molto sangue. Uomini, donne e bambini hanno sacrificato le loro vite per la libertà del Paese. Penso a coloro che sono morti per la libertà. Vinceremo. Mahsa è la nostra luna e la nostra parola in codice. La mia arte è la mia arma”.Sono trascorsi quasi 12 mesi dall’orrendo assassinio della giovane curda iraniana Masha Amini. In questo anno abbiamo assistito alle proteste dei giovani iraniani che non solo richiedevano la liberazione dall’hijab ma per mesi hanno chiesto a gran voce di essere un popolo libero. Richieste pacifiche che sono state represse con la più brutale delle violenze da parte delle forze di sicurezza. Abbiamo assistito all’arresto di migliaia di manifestanti, molti di loro uccisi durante le proteste, altri impiccati perché ritenuti colpevoli di aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato. Abbiamo saputo di donne e uomini torturati nelle carceri, stuprati e vittime delle peggiori nefandezze. Conosciamo le famiglie degli scomparsi, molte di loro sono perseguitate dalle autorità solo per aver raccontato come sono stati ammazzati i loro figli. Attendiamo le sorti delle giornaliste arrestate che solo per aver rivelato al mondo quello che accade in quel Paese rischiano anni e anni di carcere. Alcuni manifestanti, una volta rilasciati dalla prigione si sono addirittura suicidati, poiché non hanno retto al dolore e alle sevizie subite, altri si dice che prima di uscire siano stati spinti al suicidio anche con la somministrazione di sostanze che incidono sulla salute mentale e alimentano tendenze suicidarie.
Un anno di proteste anche nel resto del mondo, un mondo che forse per la prima volta ha scoperto quel che drammaticamente accade nella Repubblica Islamica dell’Iran e il molto che non va.

In realtà non va dal 1979 anno della rivoluzione islamica in cui dopo l’esilio di Mohammad Reza Pahlavi l’ultimo shah di Persia, questo meraviglioso Paese ricco di fascino storia e cultura, è caduto nelle mani di impietosi religiosi che hanno strumentalizzato l’Islam a proprio piacimento imponendo leggi ferree, millantando principi coranici inesistenti.
Un grande bluff con la complicità occidentale, per tenere 80 milioni di persone sotto controllo, un intero popolo in ostaggio. Mahsa Amini seppur nella sua grande tragedia ha avuto la capacità di risvegliare gli animi assopiti del popolo iraniano. E non solo.
Oggi, finalmente, dopo decenni dalla rivoluzione islamica khomeinista il mondo ha potuto vedere in che stato vive la gente dell’Iran. Dove ogni contestazione e rivendicazione dei propri diritti basilari viene repressa nel sangue e nella violenza.

Le donne sono state le grandi protagoniste di questa ‘rivolta’. Ancora oggi nonostante tantissime giovani coraggiose abbiano rimosso l’hijab senza paura di essere arrestate e girano per le grandi città iraniane senza coprire il capo, il governo iraniano continua ad intimidirle imponendo una serie di forti restrizioni. Sono aumentate le pattuglie della ‘polizia morale’ che hanno il compito di ‘scovare’ le donne senza velo e ultimamente si è anche arrivati all’utilizzo di telecamere per individuare chi non rispetta le regole. Una delle ultime notizie riguarda la volontà di voler imporre “cure psicologiche” a quelle donne che si rifiutano di osservare la legge sul velo obbligatorio. Decisione che ha visto nello stesso Iran numerose associazioni psichiatriche rivendicare la propria professionalità tentando di far comprendere al capo della magistratura Gholam-Hossein Mohseni Ejei, che “La diagnosi dei disturbi mentali è responsabilità di uno psichiatra, non di un giudice”.

Ed è così che nell’anniversario della morte di Mahsa Amini in tutto il mondo sarà un giorno di commemorazione, di riflessione ma sarà anche un ulteriore grido di aiuto da parte di quel popolo che ci chiede di non spegnere i riflettori su una ‘rivoluzione’ silente che nonostante sia stata oscurata dai media è più viva che mai.
Nella giornata di sabato 16 settembre 2023 sono previste manifestazioni in tutto il mondo a Roma una manifestazione è stata organizzata dall’Associazione DVL Italia con un corteo che partirà da Piazza dell’Esquilino fino a Piazza Madonna di Loreto. (Nella sede di Left si terrà un seminario dalle 16 alle 20, a cui partecipano molti attivisti ndr). Personaggi del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo uniti a tante associazioni hanno già aderito e confermato la loro presenza per sfilare gli uni accanto agli altri nel nome di Mahsa e della libertà per il popolo iraniano.

L’autrice: Tiziana Ciavardini è antropologa culturale, scrittrice, giornalista, attivista per i diritti umani

Nel testo immagini della mostra di Amir Amin Sharifi. In apertura foto di Riccardo Giorgi

Per approfondimenti, Left, luglio 2023 NON CHIUDEREMO I NOSTRI OCCHI

Il 16 settembre a Roma