«l’export di armi italiane all’Egitto non solo non si è ridotto, come qualcuno sostiene, ma dal 2018 osserviamo un trend di crescita costante», dice Alice Franchini, responsabile campagne di EgyptWide

L’Egitto non può impedire che l’Italia processi gli imputati per il sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni, e il giudizio nei loro confronti potrà celebrarsi anche in loro assenza. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che ha annunciato oggi la sua decisione.

La Consulta ha raccolto la richiesta avanzata dalla Procura di Roma per sbloccare il processo contro quattro appartenenti alle forze di sicurezza della Repubblica araba d’Egitto: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Mohamed Athar Kamel e Helmy Uhsam, il maggiore Magdi Ibrahim Sharif. Sono accusati di aver rapito al Cairo, la sera del 25 gennaio 2016, il ricercatore italiano Giulio Regeni, ritrovato cadavere lungo la strada per Alessandria il 3 febbraio successivo. Il maggiore Sharif è accusato anche delle percorse e dell’omicidio di Giulio.

Il processo si è incagliato per la reticenza dell’Egtto e del suo presidente al Sisi. Verrebbe da pensare che un atteggiamento del genere da parte delle autorità egiziane abbia fatto perdere la pazienza anche alla politica, soprattutto con un governo che si professa sovranista, in difesa “della Patria” e occupato a fare ottenere giustizia “prima agli italiani”.

Niente di tutto questo. Alice Franchini, responsabile campagne di EgyptWide, ieri ci ha fatto sapere che «l’export di armi italiane all’Egitto non solo non si è ridotto, come qualcuno sostiene, ma dal 2018 osserviamo un trend di crescita costante»: il volume è passato dai 35 milioni di euro del 2021 ai 72 milioni del 2022. Praticamente il doppio.

Buon giovedì. 

foto del Comune di Torino – Comune di Torino, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48032436