Da quando c’è il governo di destra a causa delle sue politiche sparagnine, la sanità improvvisamente è diventata un bene da salvare. Esattamente come il rinoceronte nero dell’Africa occidentale. Infatti a sinistra, come dimostrano manifestazioni e tanti comitati, tutti vogliono giustamente salvare la sanità.
Il problema è che soprattutto il centro sinistra chiede di salvare la sanità così come è, cioè a contraddizioni, a criticità, a disfunzioni, a squilibri, ma soprattutto a controriforme invarianti.
Cioè chiede di salvare il rinoceronte nero ma senza cambiare nulla di ciò che lo sta condannando all’estinzione. Il centro sinistra, alla vigilia della seconda legge di bilancio del governo Meloni, che, per la seconda volta, ci dice che la sanità non è una priorità e chiede di rifinanziare la sanità come in passato come pura spesa storica (La nota di aggiornamento del documento di economia e di finanza Nadef 2024-2026 prevede un taglio di due miliardi alla Sanità ndr).
Ma la sanità ammesso che oggi stia veramente affogando solo per colpa di Meloni, in realtà se affogasse non affogherebbe a causa del suo sotto finanziamento. Sono decenni che la sanità è sottofinanziata e nessuno si è mai posto il problema di salvarla dal centro sinistra e meno che mai nessuno è andato in piazza per motivi molto più seri come la controriforma dell’art 32, del titolo V e della legge 833 che ha istituito il Ssn ndr.
Se la sanità oggi dovesse davvero affogare, essa affogherebbe a causa di una lunga serie di politiche sbagliate e in particolare quelle fatta dal centro sinistra negli anni passati.
Per salvarla, con un governo di destra che di sanità come dimostra il suo ministro, non sa praticamente nulla, oggi quindi non bastano i soldi pur necessari sia chiaro (ammesso di trovarli) che chiedono tutti ma ci vorrebbe una vera riforma in grado di rimettere la sanità in sesto, riforma che però, al di là delle chiacchiere, nessuno vuole fare e nessuno chiede di fare.
Ciò che si chiede è solo il rifinanziamento del sistema dato. E che finanziamento. La Cgil infatti chiede al governo Meloni di garantire alla sanità 50 miliardi divisi in 10 rate di 5 miliardi ciascuna, il Pd più o meno la metà (20 miliardi divisi in 5 rate). Tutti chiedono al governo di allineare la nostra spesa sanitaria semplicemente a quella europea quindi più o meno chiedono, nella crisi che abbiamo, 40 miliardi e quindi di adeguare la spesa sanitaria al 7,5% del Pil
A parte la plausibilità finanziaria di questa rivendicazione, ma chiedere tutti questi soldi senza giustificarli con una riforma soprattutto per il centro sinistra è un autogol che di sicuro ci dice una cosa triste che, al centro sinistra, alla fine del rinoceronte nero non interessa poi così tanto. Ciò che gli interessa è rifinanziare il sistema di interessi che esso ha costruito fino ad ora soprattutto per mezzo delle le sue orrende controriforme.
Oggi la sanità di fatto è soprattutto fortemente squilibrata cioè: ha compromesso i suoi rapporti con l’economia, diventando solo un costo; ha perso per strada la prevenzione cioè il discorso della salute per cui le malattie continuano a crescere; ha aperto le porte alla privatizzazione cedendo alle teorie neoliberiste dell’universalismo selettivo e del secondo pilastro; ha costretto la gente a pagare per curarsi (più di 40 mld di out of pocket) cioè a pagare ciò che dovrebbe avere gratis per legge.
Per non parlare dello stato organizzativo dei suoi servizi, ospedali e non solo, che a causa della penuria di operatori e dell’incapacità delle aziende è a dir poco pietoso. In particolare in certe regioni del nostro Paese.
Oggi le devastanti controriforme neoliberiste fatte al tempo dell’Ulivo negli anni 90 dal centro sinistra di governo, presentano il conto. Sono un boomerang che ci ritorna in testa.
Esse hanno azzoppato il diritto fondamentale alla salute (articolo 32 della Costituzione) riducendolo con le aziende da diritto fondamentale a diritto potestativo, subordinandolo di fatto alla più cinica speculazione finanziaria Quel che è grave è che la speculazione finanziaria è stata addirittura fiscalmente agevolata a spese dello Stato proprio dal centro sinistra al punto come ha detto di recente l’Ocse da rendere tutto il sistema sempre più finanziariamente insostenibile, talmente insostenibile da imporre la questione del rapporto privato/pubblico come “questione strategica”.
Oggi è a causa dell’Emilia Romagna che ha voluto le aziende al posto delle Usl imponendole a tutto il Paese e di Rosi Bindi che ha permesso l’assistenza sostitutiva e di Matteo Renzi che in nome del welfare on demand ha voluto il welfare aziendale (legge 502, legge 229 e Job act), che per il bilancio dello Stato il costo della sanità a causa della sua privatizzazione è cresciuto enormemente.
Oggi scoppia quindi come una bomba l’enorme questione della complessità della sanità, quella dei processi lunghi che da decenni ne stanno decomponendo la natura di bene pubblico e quindi l’enorme questione della sua irriducibilità, nel senso che a fronte di uno sfaldamento strutturale del sistema è vano farvi fronte come propone il centro sinistra e il governo di destra solo con interventi tampone e pannicelli caldi e qualche mancetta.
Ma con l’emergere della grande complessità si mostra il vero dramma della sanità di cui nessuno parla: il centro sinistra naturalmente è pronto generosamente a salvarla dal rischio di affogare andando in piazza, ma esso purtroppo nella grande complessità che nel tempo si è creata dimostra di non essere in grado di nuotare.
Esso, compreso il sindacato, in questi anni si è abituato alle acque basse, al piccolo cabotaggio ad accudire l’orticello dei propri interessi politici, a sistemare ogni cosa con piccoli compromessi.
Il centro sinistra oggi sopraffatto dalla complessità anche creata dai suoi errori alla fine si riduce a rivendicare dal governo solo una prestazione finanziaria cioè una % di spesa in rapporto al Pil.
Ma niente riforma. Nel centro sinistra e a destra oggi nessuno saprebbe come farla (problema dell’ignoranza) ma soprattutto nessuno la vuole (problema della scelta politica).
Per cui prima o poi, l’art 32 e la sanità pubblica, probabilmente affogheranno per davvero.
L’autore: Ivan Cavicchi, esperto di politiche sanitarie e saggista, è docente all’università Tor Vergata di Roma Di recente ha pubblicato Sanità pubblica addio (Castelvecchi editore)