In Italia esistono 42 aree fortemente contaminate con gravi danni per la salute dei cittadini. Sono luoghi dove le bonifiche stentano a partire. Il caso dell’area partenopea dimostra che la rete di residenti, associazioni, attivisti e scienziati può produrre un cambiamento
Qual è la situazione della giustizia ambientale in Italia? Il caso del Sin (Sito di interesse nazionale) di Napoli Est, una zona inclusa tra quelle che richiedono bonifiche urgenti già dal 1999, è emblematico. Il 24 maggio il ministero dell’Ambiente e il ministero della Cultura hanno espresso parere negativo alla proposta delle multinazionali Kuwait e Edison di realizzare un impianto di stoccaggio di gas naturale liquefatto (Gnl) nella darsena petroli del porto di Napoli, zona costiera di San Giovanni. Il progetto non ha, infatti, superato la valutazione di impatto ambientale poiché «incompatibile con l’obiettivo di delocalizzare i depositi petroliferi dall’area orientale e con l’obiettivo di riqualificare l’area» e in quanto in questa area «sono consentite trasformazioni orientate esclusivamente al miglioramento della sicurezza e dell’impatto ambientale». I ministeri hanno dunque recepito le osservazioni della Rete Stop Gnl, il coordinamento territoriale contro il deposito, che federa numerose realtà locali e che si è opposto al progetto riaffermando la necessità di bonifiche e rigenerazioni sostanziali e immediate.
Questo articolo è riservato agli abbonati
Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login