Dalla rivoluzione francese, fino ai movimenti per i diritti degli 70, passando per la Comune di Parigi, la rivoluzione russa e la Resistenza. Questo volume edito da Left e a cura di Rita De Petra documenta l'impegno politico delle donne. Oggi alle 11 la presentazione a Passoscuro (Roma), sono presenti le autrici e gli autori

La lettura, tutta d’un fiato dei venticinque articoli del nuovo libro di Left: Partigiane dei Diritti, induce reazioni difficili da esprimere a parole . Mi ha soccorso, così, la memoria di un pensiero che facevo lavorando in scavi archeologici che al più restituivano povere suppellettili. Mi interrogavo allora su cosa si provasse a liberare da strati di tempo un mosaico: tessera dopo tessera, fino a comporre figure che daranno vita all’intera composizione. E davanti a me si svolge, ora, un’immagine intrigata e intrigante, quella del rapporto che le donne hanno intessuto con la «politica», sia nell’accezione di “potere”, dominio dell’uomo sull’uomo, a cui le donne hanno avuto accesso come regnanti (da Hatshepsut alla regina Vittoria ) o capi di governo in tempi vicini a noi (Margaret Thatcher ecc.), cosa che non costituisce garanzia per la causa delle donne, anzi… sia in quella di terreno in cui operare per il cambiamento. Le protagoniste di questo libro, rifiutando l’uso della forza, lottando per l’uguaglianza, la libertà e la realizzazione di un nuovo rapporto uomo-donna, hanno ridefinito la politica come luogo della cittadinanza e dello sviluppo dell’identità, propria e di quelli che subiscono esclusione e asservimento: possibilità concreta di intervento sulla realtà economica, sociale e umana e di modificarla.
Indovinando dunque la complessità del disegno generale, ho cercato un fil rouge che mi guidasse nell’intrigo di temi, ostacoli, delusioni e violenze che le donne subiscono, attivandosi nella politica, fin dall’affermarsi del capitalismo e del mondo moderno. Un filo trovato nelle parole di Lidia Menapace: «Il movimento delle donne è come l’acqua che scorre ovunque. Ogni tanto però si perde. Sembra che si imbuchi, ma poi riemerge. Ha un andamento, un modo sotterraneo che rappresenta una vitalità nascosta. A me piace dire che il femminismo assomiglia a questo. È un fenomeno tra ombre e luce, tra superficie e sottoterra, è sempre vissuto insieme all’umanità. Ogni tanto sprofonda e sono tempi di terribile dominio maschile e basta. Qualche volta emerge un pochino.
Non è ancora mai emerso definitivamente. Non è ancora quel grande fiume placido che occupa tante pianure quando va in piena. Però pensando che è una storia lunga millenni non possiamo neanche lamentarci, abbiamo fatto abbastanza baccano».
Gli articoli seguono dunque un andamento carsico, fin dalla prima emersione durante la Rivoluzione francese con due protagoniste della statura di Olympe de Gouges e Mary Wollstonecraft, entrambe a Parigi nel momento più aspro della lotta politica, due donne che con gli scritti e l’azione politica sono andate ben oltre la “querelle des fammmes” centrata sulla questione uguaglianza o differenza delle donne nella legislazione e nell’ambito familiare, e hanno individuato le rivendicazioni fondamentali per l’affermazione dei diritti delle donne. Entrambe ribelli a una rivoluzione che, predicando l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, escludeva dalla cittadinanza la metà del genere umano: le donne.
Dal testo emerge potentemente il rapporto drammaticissimo tra movimenti femministi e rivoluzioni; ma il colpo di stato del 18 Brumaio di Napoleone evidenzia che non si tratta tanto della sconfitta delle donne rivoluzionarie bensì delle idee rivoluzionarie repubblicane, poiché si dà vita ad un potente stato militare-tecnocratico che diffonderà in Europa ideali di libertà e uguaglianza, da cui le donne sono escluse. Napoleone puntualizza l’impossibilità della cittadinanza femminile: «dal momento che le donne non esercitano diritti politici, non è appropriato definirle cittadine». Dunque non sarà il diritto politico ma quello civile o privato ad esprimere i valori della nuova società civile.
I regimi reazionari e dittatoriali opprimono, ma non deludono dal momento che non creano aspettative, molte invece le speranze, le attese nutrite nei confronti di rivoluzioni che propongono la trasformazione radicale della società e maggiore risulta la delusione per i movimenti di donne che, nella seconda metà dell’800 avanzano all’insegna del socialismo e della rivoluzione sociale a partire dalla Comune di Parigi, di cui protagonista, insieme a tantissime altre è Louise Michel «Quelli, donna, davanti alla tua indomita maestà, meditavano, e malgrado la piega amara della tua bocca, malgrado il maldicente che accanendosi su di te, ti gettava addosso tutte le grida indignate della legge,
malgrado la tua voce fatale e alta che ti accusa, vedevano risplendere l’angelo attraverso la medusa». Scrive di lei Victor Hugo.
Rapporto conflittuale delle donne con la politica progressista, rivoluzionaria e marxista nell’800 caratterizzato dalla Restaurazione, ma con scoppi, in tutta Europa, di fuochi rivoluzionari che vedono la presenza costante delle donne. Intanto si sviluppa il suffragismo, sì che il 20 maggio del 1867 John Mill porta alla camera dei Comuni la proposta del voto alle donne, benché nel 1848 le rivoluzioni in Francia, Austria, e Germania si siano concluse con il divieto delle associazioni politiche femminili e nel 1860 Jenny d’Héricourt avesse scritto a Proudhon: “La donna è come il popolo, non ne vuol più sapere delle vostre rivoluzioni che ci distruggono a favore di pochi chiacchieroni ambiziosi. Vuole invece la libertà e l’uguaglianza per tutte le donne e per tutti gli uomini. ”
Conflittualità che non risparmia la Rivoluzione Russa e si esprime attraverso la voce di Aleksandra Kollontaj. La lotta delle donne è un Giano bifronte: contro i privilegi maschili nelle società reazionarie e contro la sordità dei grandi rivoluzionari che continuano a considerare le donne esseri inferiori e incapaci: non razionali. Una differenza nel modo di intendere la politica è che agli uomini piace l’astrazione e la costruzione di teorie politiche, mentre le donne prediligono la prassi sociale attuata con fantasia e l’intelligenza. Dovremo arrivare a Rosa Luxemburg, Emma Goldman e, nella seconda metà del 900, ad Hanna Arendt per trovare le teoriche della filosofia politica.
A fine ‘800 si sviluppano in Inghilterra e Stati Uniti movimenti di emancipazione che per
raggiungere la piena cittadinanza mirano alla conquista del voto. In Italia è Anna Maria Mozzoni, che, profondamente laica, guardando con acume al progetto del primo Codice Civile italiano, ne critica la mancata attuazione della cittadinanza femminile e si fa fautrice del voto alle donne in quanto gli uomini “ non sono i rappresentanti naturali degli interessi delle donne”.
È nel ‘900 che si raggiungono le conquiste più importanti, grazie a rivoluzionarie come Rosa Luxemburg, da sempre nel cuore di uomini e donne che hanno fatto della politica la speranza per una umanità più giusta. Rosa è sempre stata in bilico tra amore e oblio per le condanne staliniane di “spontaneismo”, “determinismo” ed “economicismo”, lei che aveva scelto di stare con le masse, come soggettività organizzata e contro ogni dogmatismo, lei che, avendo preso posizione per la pace, trascorse gli anni della prima Guerra Mondiale nelle patrie galere e, tradita poi dal governo socialdemocratico, fu barbaramente assassinata.
Le donne aderiscono al socialismo: Argentina Altobelli, al comunismo, Pia Carena, all’anarchia, Emma Goldmann, deluse da uomini che si dichiarano rivoluzionari ma non tollerano che i loro privilegi “maschili” vengano messi in discussione. Ad Emma toccherà confrontarsi con “mostri sacri” quali Proudhon o Fourier, lei che si batte per un’identità femminile che non escluda quella maschile ma che contribuisca a liberarla.
La Resistenza è il momento più alto della partecipazione delle donne alla politica, sia con azioni collettive a Paraloup, dove tutta la collettività resiste, e nelle manifestazioni di Forlì per liberare i renitenti alla leva rastrellati dai nazisti, sia come combattenti: Teresa Mattei, staffette Lidia Menapace, Joyce Lussu e Giulia Ingrao; un elenco infinito.
Nel dopoguerra assistiamo di nuovo, con la vittoria di un partito confessionale, la DC, a una battuta d’arresto nel percorso dei diritti delle donne e ci vorranno lunghi anni di militanza nei partiti, di lotte personali per affermarsi come scienziate: Laura Conti, in astrofisica: Margherita Hack e di impegno in tutti i campi per il progresso delle donne; ci vorrà il femminismo degli anni ’70 per ottenere il divorzio, l’aborto, la parità sul lavoro ecc.
Conquiste oggi sotto attacco ovunque e abbiamo l’obbligo di ricordare che diritti costati lacrime e sangue, vanno difesi giorno dopo giorno, perché coloro che da millenni vivono imponendo il proprio potere, hanno i mezzi, il tempo e gli strumenti per riappropriarsi di tutto. Ed è quello che queste donne coraggiose e intelligenti ci insegnano; ascoltiamole.

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