Arte negli spazi pubblici è un tema che sempre di più attraversa il dibattito pubblico. Può un segno di arte contemporanea aiutare la rigenerazione urbana? O addirittura essere un nuovo innesco di socialità? A questo tema abbiamo dedicato il numero di Left dello scorso agosto “La bellezza che spiazza”.
Il 18 novembre se ne discute ad Avetrana, in Puglia, in occasione di un incontro tra architetti e popolazione sul destino dell’opera ideata da Massimo Fagioli, demolita a fine giugno. Una iniziativa di dibattito e di confronto nata “dal basso”, grazie al lavoro del comitato cittadino che ha promosso l’iniziativa. La fontana di Avetrana ideata da Massimo Fagioli (e progettata dagli architetti Anna Guerzoni e Isa Giovanna Ciampelletti e dallo scultore Alessandro Carlevaro) è stata definita dalla Soprintendenza di Taranto come “elemento contemporaneo che si integra nell’architettura urbana storica e aggiunge valore di fruibilità alla piazza”. Un’opera d’arte che, come ha scritto la docente di architettura Giulia Ceriani Sebregondi su Left di agosto, aveva contribuito a creare un’armonia tra “antico e nuovo”. Abbiamo chiesto a Lorenzo Olivieri, presidente del comitato piazza Vittorio Veneto, un suo punto di vista.
“La piazza Vittorio Veneto riqualificata con il progetto che prevedeva anche la fontana è sempre stato un grande punto di ritrovo e socializzazione, utilizzato per ogni tipo di manifestazione – dice il presidente del comitato -. Per la sua peculiare posizione poi, la fontana è stata un simbolo sempre presente negli eventi popolari, che si distingueva per la sua particolarità e la sua imponenza. Il rapporto che personalmente avevo nei confronti dell’opera era ed è tutt’ora di rispetto e riconoscenza per quanto ha prodotto nel corso della sua esistenza, specie per aver portato il nome di Avetrana all’estero e in tutta Italia”.
Ci può raccontare come la fontana è stata accolta dai cittadini, fin dall’inizio?
Inizialmente la fontana fu apprezzata quale monumento innovativo che sposava il vecchio con il nuovo, nel tempo l’incuria amministrativa la squalificò e i cittadini non vennero più attratti dalla novità perché non venne più messa in funzione e la gente non la considerò più come monumento ma come un elemento di fastidio e degrado. Ciò nonostante, l’intera piazza, fontana inclusa, è sempre stata considerata una delle piazze più belle da parte degli innumerevoli visitatori che a partire dagli anni 2000 hanno trascorso qualche giornata in Avetrana. Sul vecchio sito del Comune, ad esempio, erano presenti molte centinaia di commenti sul guestbook da parte dei turisti e visitatori che esprimevano ottimi giudizi e apprezzamenti nei confronti di piazza Vittorio Veneto.
Quali sono state le reazioni della popolazione prima e dopo l’intervento di demolizione dell’opera? Sappiamo che una parte dei cittadini era nettamente contraria e ha protestato.
Dopo l’abbattimento della fontana ci furono e ci sono divisioni di pensiero tra contrari e favorevoli sull’abbattimento e il comitato che si è costituito ha come fine ultimo quello di informare i cittadini dell’importanza dell’opera, sconosciuta a molti. Molta parte della cittadinanza invece si è astenuta dal commentare, anche perché e come si legge dalle statistiche, è sempre più difficile portare il cittadino nel dibattito pubblico perché, semplicemente, se ne disinteressa. Poi c’è una parte silenziosa ma che magari in conversazioni private ti dice che non ha condiviso quanto accaduto con l’abbattimento del monumento.
Visto che la realizzazione della piazza, ed in particolare la scultura della fontana, hanno avuto nel tempo risonanza nazionale e internazionale, attraverso mostre, pubblicazioni e blog, voi cittadini di Avetrana avete avuto la percezione di poter disporre di un patrimonio che ha raccolto questi riconoscimenti?
Sì, ora a seguito della sensibilizzazione mediatica sulla demolizione, si è più consapevoli dell’importanza dell’opera e di ciò che rappresentava e certamente il dispiacere per quanto accaduto c’è ed è presente. Abbiamo perso l’ennesima occasione anche di promozione del territorio e di tutto ciò che poteva essere costruito attorno al monumento ideato da Massimo Fagioli. La risonanza nazionale e internazionale però negli anni trascorsi non ha sfiorato minimamente Avetrana e la cittadinanza. Probabilmente l’opera era più conosciuta fuori che dentro Avetrana. Per molta parte della cittadinanza rimarrà sempre un’opera incompresa che nessuna amministrazione ha voluto promuovere e far conoscere. Poi vi è anche una presa di posizione ideologica derivante dal fatto che magari si è a favore dell’abbattimento perché si appoggia per un motivo o per un altro l’amministrazione comunale.
Con l’incontro tra il Comitato e i cittadini di Avetrana del 18 novembre che si propone come un dialogo anche sull’importanza della riqualificazione delle piazze come spazio in cui arte, verde urbano e dialogo con la storia favoriscono la socializzazione dei cittadini, cosa vi proponete di conseguire?
Come comitato abbiamo proposto un primo incontro con la cittadinanza per sensibilizzare i cittadini sul tema dello spazio pubblico, del fondamentale problema riguardante la condivisione delle scelte amministrative su ciò che è spazio pubblico. Farci raccontare la storia da chi ha voluto e progettato l’opera, anche per comprendere fino in fondo gli accadimenti a partire dalla prima progettazione e fino ad arrivare all’abbattimento, capire infine ciò che l’ideatore Massimo Fagioli voleva trasmettere con le Vele. E’ ovvio che proponiamo una possibile ricostruzione; indicata come possibile anche dal sindaco in un recente comizio pubblico in piazza. Non sappiamo perché il sindaco abbia proposto la ricostruzione ma speriamo sia una presa di posizione seria.
E quindi quali prospettive ci sono di potere in futuro ripristinare la scultura-fontana?
Il ripristino per ora è molto lontano, però sensibilizzare i cittadini, far capire l’importanza dell’opera è un primo passo molto importante che potrà portare all’ approvazione ed alla ricostruzione.
Foto di apertura di Alessandro Righetti
L’incontro del 18 novembre è patrocinato dalla Fondazione Massimo Fagioli