Dopo la precettazione del ministro Salvini si sono scatenate le fazioni contro lo sciopero di Cgil e Uil. Quando c’è da fare la guerra agli schiavi questo Paese eccelle sempre, senza sapere che a furia di gareggiare con gli schiavi si diventa schiavi

Come volevasi dimostrare: il fastidio nei giorni scorsi del ministro Salvini verso gli scioperaturi sindacati Cgil e Uil era solo l’assaggio per decidere di affondare il colpo. Ha tastato con mano che il suo elettorato è infastidito molto più dal ritardo di un treno regionale che dal fatto di vivere nell’unica nazione europea in cui i salari negli ultimi decenni si abbassano invece di alzarsi e ha potuto attaccare le facce di Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri sulla bacheca dei nemici (veri, presunti e immaginari) che tiene nella sua cameretta. 

Qualche buon amico deve avergli consigliato di convocarli al ministero prima di lanciarsi nella precettazione ma i due segretari di Cgil e Uil hanno notato del ministro il digrignar di denti e hanno deciso di starsene a casa. 

Le fazioni qui in basso sono già schierate. Ci sono quelli che “lo sciopero che atto inelegante signora mia!”, quelli che “va bene lo sciopero ma solo di mercoledì dalle 10 alle 10.25 che intanto sono in fila alla posta”, quelli che “per legge bisognerebbe concedere lo sciopero solo nei treni in cui non sale nessuno”, quelli che “Landini mi è antipatico per il taglio di capelli” e quelli che “io non ho mai scioperato” come se fosse una skill da aggiungere al curriculum. 

Quando c’è da fare la guerra agli schiavi questo Paese eccelle sempre senza sapere che a furia di gareggiare con gli schiavi si diventa schiavi. Così ci godiamo la guerra agli oppressi, sperando di diventare cari agli oppressori, ingaggiata da quelli che confidano di essere nella prossima giuria di Miss Italia. 

Buon mercoledì. 

Nella foto: frame del video sull’incontro al Mit, 14 novembre 2023